CRITICA  LOCALE

LA  LETTERA  DI  RALPH  NADER

( nostra esclusiva la versione italiana )

 [25 Novembre 2009]

Distribuitela, grazie.

B. Obama in Cina

Di Ralph Nader

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C’era qualcosa di triste e di strano nella debole presenza del Presidente Obama in Cina la scorsa settimana.

Triste perché lui arrivò senza obiettivi apparenti e se n’andò a mani vuote subito dopo aver visitato la vecchia Grande Muraglia che secondo lui gli dava una prospettiva del tempo.

Strano perché permise ai dominatori cinesi di tenere in quarantena le sue fermate con la gente cinese- sia di persona sia in televisione.

Il suo incontro pubblico principale fu con la Lega dei giovani studenti Comunisti i quali vennero con domande scritte.

Tutti i segni apparenti mostrarono che Obama non ebbe carte da giocare. Gli USA sono, di gran lunga, il più grande debitore del mondo.

Era duro sfidare i suoi padroni di casa cinesi che fecero una menzione rapida dei deficit e dei debiti profondi del nostro governo.

Essi non dovevano descrivere la nostra economia indebolita, il nostro dollaro in declino e l’alto indebitamento che gli USA hanno con i loro creditori cinesi.

Tutti sanno quanto è malferma la situazione finanziaria globale dell’America. Certamente non sappiamo cosa avvenne nelle discussioni private fra Mr. Obama e le sue controparti cinesi.

Basta dire che il Presidente non avrebbe potuto ottenere molto di più nella sottovalutazione dello Yuan, nella grande ingiustizia nelle regole commerciali e nelle convenzioni tra la Cina e i suoi clienti più grandi dell’altro lato del Pacifico.

Mr Obama ha discusso del commercio principale, investimento, i temi militari e di sicurezza del conflitto con la Cina descritti nel Rapporto 2009 diffuso al Congresso dalla Commissione U.S.- China Economic and Security Review: la fredda constatazione che ciò che i capi della Cina accordarono a lui in pubblico si sarebbe trasformato di fatto in gelo. (Per tutto il rapporto, visita www.uscc.gov.)

David Shambaugh, direttore del China Policy Program alla Gorge Washington University, lodò il rapporto congiunto tra USA e Cina come se “introducesse a molteplici aree di cooperazione tangibili”.

Tuttavia, l’accordo sono solo parole senza qualsiasi compito vincolante.

Sull’aspetto minore, Mr. Shambaugh fu generoso. Egli disse:

“I fallimenti mettono in luce come il presidente passò il suo tempo in Cina. Non interagendo con i cinesi, non facendo un discorso televisivo nazionale senza censura, non visitando organizzazioni civiche o di affari, non visitando imprese ad energia pulita o eolica, non vedendo i difensori e gli attivisti per i diritti umani, non incontrando gli affaristi americani o la comunità scolastica: tutto va considerato come un fallimento. Non mandò segnali positivi in queste aree – ma il governo cinese non lo permise e quello Americano non insistette su questo”.

Questo primo viaggio in Cina di Mr. Obama fu un’opportunità persa in tre modi che non possono essere scusati: non conta l’assenza di stato ed energia positiva.

Primo, gli USA sono il più grande consumatore della Cina e non sono stati trattati bene.

Pesce contaminato, ingredienti pericolosi nelle medicine, gomme difettose e prodotti contaminati da piombo sono alcuni dei problemi continui che sono costati delle vite di americani e anche la loro salute.

Mr. Obama avrebbe dovuto fare un trattato di protezione del consumatore con la Cina chiedendo l’accesso ai loro laboratori, imprese ed esportatori per ispezionare e certificare il prodotto. Tale trattato avrebbe dovuto includere garanzie contro l’importazione di merci contraffatte e assoggettare alle nostre leggi civili e ai nostri tribunali le imprese cinesi che vogliono fare affari nel nostro paese.

Secondo, occorreva un accordo bilaterale concentrato sull’enorme corrente di inquinamento dell’aria che viene sul Pacifico dalla Cina portata dai venti prevalenti.

La Cina sta aprendo due grandi impianti a carbone che generano elettricità ogni settimana e la Corea, il Giappone e il Nord America soffrono le conseguenze, anche di quelli delle emissioni delle grandi fabbriche. L’accordo avrebbe aperto (ora che la Conferenza di Copenhagen è stata consegnata alla retorica e all’esortazione) la via ad una cooperazione contro la pioggia acida, l’acidificazione dell’oceano, e il cambiamento climatico. La Cina è preoccupata per i nostri deficit. Noi potremmo preoccuparci delle loro emissioni.

Terzo, un patto scaduto da tempo riguardo alle malattie infettive è necessario. Nel corso dei decenni molti Americani hanno perso le loro vite a causa dell’influenza diffusa dalla Cina. Il virus è passato dai maiali agli allevatori (che vivono in prossimità) e al resto del mondo. La Cina imparò dall’epidemia di SARS del 2003 quanto la segretezza possa essere economicamente dannosa. Ma essa deve essere ancor più cooperativa con i sistemi di pronto allarme internazionale.

Il governo deve permettere a più specialisti Americani in malattie infettive di lavorare con le loro controparti cinesi a tempo pieno in Cina.

Una forte espansione dei servizi di cooperazione, investigazione, analisi dei dati, test e altre iniziative contro le epidemie (che insieme salveranno milioni di vite in futuro, sia in Cina che in USA) sono una priorità urgente. Forse Mr. Obama parlò in privato di questi argomenti.

Ma questo è un segno di debolezza. Egli è debitore con gli americani di una forza pubblica e di una leadership a Pechino per proteggerli – come consumatori – dai sotto prodotti della globalizzazione corporativa dato che non si muove per proteggerli come lavoratori.

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Tradotto da F. Allegri il 24/01/2010

[November 25 2009]

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B. Obama in China

By Ralph Nader

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There was something both sad and strange about President Obama's weak presence in China last week.

Sad because he arrived with no seeming goals and left empty handed just after visiting the ancient Great Wall, which he said gave him a perspective on time.

Strange because he allowed the Chinese rulers to quarantine his stops from the Chinese people - whether in person or on television.

His main public meeting was with young Communist League students who came with scripted questions.

All the outward signs were that Mr. Obama had no cards to play. The U.S. is by far the world's biggest debtor.

It was hard to challenge his Chinese hosts who made crisp mention of our government's deep deficits and deficit spending.

They did not have to describe our weakened economy, its declining dollar and the huge indebtedness that the U.S. has with its Chinese creditors.

Everybody knows how rickety America's global financial situation is. Of course we do not know what went on in the private discussions between Mr. Obama and his Chinese counterparts.

Suffice it to say that the President could not have gotten very far on the undervaluation of the Yuan, the gross inequities in the trading rules and practices between China and its biggest customer on the other side of the Pacific.

Had Mr. Obama raised the major trade, investment, military and security issues of conflict with China depicted in the just-released 2009 Report to Congress of the U.S.-China Economic and Security Review Commission, the chilly reception that China’s leaders accorded him in public would have turned decidedly frosty. (For the full report, visit www.uscc.gov.)

David Shambaugh, director of the China Policy Program at George Washington University, praised the U.S.-China joint statement as being “filled with multiple tangible areas of cooperation”.

The statement, however, is mere words without any binding details.

On the minus side, Mr. Shambaugh was unsparing. He said:

“The failures lay in how the president spent his time in China. Not interacting with Chinese people, not giving an uncensored nationally televised speech, not visiting any civic organizations or businesses, not visiting a wind farm or clean-energy firm, not meeting human rights lawyers or activists, and not meeting with the American business or scholarly community must all be counted as failures. He did not send positive signals in these areas - but the Chinese government did not permit it and the American side did not insist on it”.

This first trip to China by Mr. Obama was a lost opportunity in three ways that cannot be excused, no matter the absence of proactive status and power.

First, the U.S. is China’s biggest consumer and it has not been treated well.

Contaminated fish, dangerous ingredients in medicines, defective tires and lead-contaminated products are some of the continuing problems that have cost American lives and health.

Mr. Obama should have concluded a consumer protection treaty with China requiring access to their laboratories, factories and exporters for product inspection and certification. Such a treaty should include safeguards against importation of counterfeit goods and subject Chinese companies who want to do business in our country to our laws of tort and contract in our courts.

Second, there should be a bilateral agreement focused on the enormous rush of air pollution coming from China over the Pacific carried by the prevailing winds.

China is opening two large electricity-generating coal plants every week and Korea, Japan, and North America are suffering the effects, along with the effects of emissions from huge belching factories. This agreement would be helpful, now that the Copenhagen Conference has been consigned to rhetoric and exhortation, in paving the way for greater cooperation on acid rain, acidification of the ocean and, of course, climate change. China is worried about our deficits. We should be worrying about their emissions.

Third, a long-overdue pact regarding infectious diseases is needed. Many Americans over the decades have lost their lives from influenza sourced out of China. The virus is passed from pigs to farmers, who live in very close proximity, to the rest of the world. China learned from the SARS epidemic of 2003 how economically damaging secrecy can be. But it still needs to be more cooperative with international early alert systems.

The government needs to allow more American infectious disease specialists to work with their Chinese counterparts full time in China.

A major expansion of cooperative facilities, detection and data analysis, tests and other anti-epidemic initiatives, that together can save millions of lives in the future, both in China and the U.S., is an urgent priority. Maybe Mr. Obama spoke privately about these matters.

But that is a sign of weakness. He owed the American people some public energy and leadership in Beijing to protect them - as consumers - from these fallouts of corporate globalization, since he clearly did not move to protect them as workers.

La nostra associazione ha ripreso a far parte della redazione allargata della trasmissione "Anno Zero" e fa parte dei 100 siti resistenti selezionati dal movimento contro il conformismo televisivo.

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