CRITICA  LOCALE

LA  LETTERA  DI  RALPH  NADER

( nostra esclusiva la versione italiana )

 [21 Dicembre 2009]

Distribuitela, grazie.

L'agente del cambiamento

Di Ralph Nader

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L’antico filosofo Greco, Eraclito (535-475 a.c.) disse che “il carattere è il destino”.

Egli avrebbe dovuto aggiungere che “la personalità è decisiva”.

Dove sta Barack Obama in questo contesto?

Lo storico venerato, James MacGregor Burns, nel suo libro “Transforming Leadership”, fece una distinzione importante tra “la Guida di trasformazione e quella di trattativa” e definì Franklin Delano Roosevelt come un esempio del primo genere.

Viste tutte le crisi che si sviluppano in USA e nel mondo; la sola super potenza militare globale ed economica (nonostante i guai dovuti al serio deficit) avrebbe bisogno di una guida di trasformazione quando, al massimo, ne ha una di trattativa alla Casa bianca.

Dico “al massimo”, perché il Presidente Obama rivela un’incapacità magica per le trattative. Egli non è nemmeno nelle vicinanze di Lyndon Baines Johnson da questo punto di vista.

Questa carenza è dovuta più alla sua personalità che al suo carattere.

La sua è una condotta concessiva, una contrarietà al conflitto e alla lotta con il potere tradizionale: è devoto all’ideologia dell’armonia non perché non creda alle riforme necessarie, ma perché non progetta la forza dei suoi propositi e convinzioni per indicare la linea – qui e non oltre – come fecero Reagan o FDR.

Nella vasca dello squalo nota come la Washington federale, D.C. la personalità di Obama proietta la debolezza di colui che non prende posizione e combatte; di uno incline a credere alla sua retorica per spiegare i suoi ritiri, i suoi disastri e i rovesci.

Seguono alcuni esempi.

Primo, il Presidente era apertamente a favore dell’assicurazione sanitaria del single payer (Medicare per tutti con libera scelta di medico e ospedale) fin da prima di divenire un politico.

Tra i suoi amici c’erano i capi del single payer come il prode dottor Quentin Young di Chicago.

Così, invece di iniziare con “il single payer”, si è abbassato a fare vaghe dichiarazioni politiche, e a domandare al Congresso di approvare una legge specifica mentre faceva affari con incontri alla Casa Bianca con l’industria sanitaria e i dirigenti dell’assicurazione sanitaria.

Ora dopo vari mesi, con i Democratici Blue Dog rinfrancati, con i progressisti furenti e vicini a ribellarsi, la legge capestro sull’assicurazione ha molti provvedimenti svuotati.

Non appena i Repubblicani fiutarono la sua incapacità di risolvere, la sua oscillazione su un emendamento dopo l’altro, essi divennero ingordi nelle loro richieste e ostruzioni.

Secondo, Barack Obama, prima di venire a Washington, era anche un sostenitore dei diritti dei Palestinesi.

Tra il voto e l’inaugurazione, categoricamente andò dietro al blocco illegale e all’invasione di Gaza fatta da Israele e non disapprovò la carneficina di 1400 Palestinesi, in maggioranza civili, giovani e vecchi.

Apparentemente, la gente di una Gaza mezza distrutta, impoverita e malmenata (con molti suoi membri del rieletto parlamento Palestinese rapiti e imprigionati dagli israeliani due anni prima), non aveva il diritto di difendere se stessa in modo debole contro gli attacchi costanti al confine e dai missili del quinto esercito più potente del mondo.

Terzo, il duro discorso di Mr. Obama su un Wall Street spericolato e avaro non è accompagnato dalle proposte di regolamento. Permise (contro la sua idea) alle banche e al Presidente della Banking Committee, B. Frank di fare una legge di regolazione debole che passò alla Camera dei Rappresentanti.

Per esempio, i provvedimenti regolamentari sulle agenzie di rating (come Standard and Poor’s e Moody’s) e sui derivati sono dei meri colpetti sulle mani, ridicolizzati dagli ex presidenti della Securities and Exchange Commission di entrambi i partiti.

Quarto, sul lavoro e il NAFTA, i discorsi della sua campagna erano sulla necessità di riforme.

Qui non ha iniziato e detto nulla su tale promessa di rivisitare la partecipazione USA al NAFTA.

Egli crede nella riforma del libretto di lavoro, ma non ha usato il suo capitale politico per far avanzare questa modesta riforma.

Quinto, sul cambiamento climatico, dove il mondo vorrebbe che lui fosse una guida della trasformazione, Mr. Obama ha scelto la palude del cap and trade invece di una più semplice e più applicabile carbon tax.

Qui le sue parole sono spesso ben dette, ma la sua retorica è vanificata dalla sua passività. I suoi avversari al Congresso e nel settore corporativo si rafforzano di conseguenza.

Mr Obama ha lasciato Copenhagen senza un accordo dopo aver descritto 3 progetti – mitigare i gas serra, apertura a ogni progresso o a ogni perdita nazionale e un modesto impegno finanziario del più grande inquinatore del mondo per aiutare le nazioni più assediate dal cambiamento climatico (paesi poveri che sono i recipienti delle emissioni dei paesi Occidentali.) Egli dette con forza un esempio per un governo che avendo la proprietà e il controllo di GM e Chrysler potrebbe trasformare la tecnologia del movimento.

Lui non può trasformare il suo slogan di speranza e cambiamento in politiche importanti se si dimostra incapace di fare riforme su un tema dopo l’altro e nemmeno dargli l’etichetta delle giuste relazioni pubbliche. Più importante, Il Presidente non può essere un capo di trasformazione se gira le spalle agli elettori liberali e progressisti che l’elessero perché crede che essi non sapranno dove andare. Lui deve dare visibilità alle attese che ha suscitato, incluso l’accesso agli uffici di ministri e dei capi delle agenzie di controllo che furono anche riluttanti ad incontrare i capi dei movimenti, diversamente dalle porte sempre aperte per i corporativi e i loro lobbisti.

Molto presto “la personalità” e il “carattere” diverranno indistinguibili e molto resistenti sia “alla speranza che al cambiamento”.

Tradotto da F. Allegri il 01/03/2010

[December 21 2009]

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Agent of change

By Ralph Nader

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The ancient Greek philosopher, Heraclitus (535-475 BC) said that “character is destiny”.

He might have added that “personality is decisive”.

Where is Barack Obama in this framework?

The venerable historian, James MacGregor Burns, in his book "Transforming Leadership", drew an important distinction between "transforming and transactional leadership", and calling Franklin Delano Roosevelt a reflection of the former genre.

Given all the burgeoning crises in the United States and the world, the only global military and economic superpower (albeit in serious deficit straits) needs a transforming leader, when, at best, it has a transactional leader in the White House.

I say "at best", because President Obama displays an uncanny inability to deal. He is not even anywhere near Lyndon Baines Johnson in that regard.

This lack is due more to his personality than to his character.

His is a concessionary demeanor, an aversion to conflict and to taking on entrenched power, a devotee of harmony ideology not because he doesn't believe in necessary re-directions, but because he does not project the strength of his beliefs and willingness to draw the line—here and no further - as did Ronald Reagan or FDR.

In the shark tank known as the federal Washington, D.C. Obama’s personality projects weakness as someone who does not take a stand and fight, as someone inclined to rely on his rhetoric to explain his withdrawals, retreats and reversals.

Some examples follow.

First, the President has been openly for single payer health insurance (full Medicare for all with free choice of physician and hospital) since before he became a politician.

His friends included single payer leaders such as the stalwart Dr. Quentin Young in Chicago.

So, instead of starting with “single payer”, he descends to vague policy declarations, asks Congress to come up with a specific bill, while cutting private deals in meetings in the White House with drug industry and health insurance executives.

Now months later, with Blue Dog Democrats emboldened, with his progressive wing angry and starting to rebel, a hooked up insurance bill is having many provisions eviscerated.

Once the Republicans smelled his lack of resolve, his wavering on one amendment after another, they became ravenous in their demands and obstructions.

Second, Barack Obama, before he came to Washington, was also a supporter of Palestinian rights.

Between election and inauguration, he proceeded to categorically back the illegal blockade and invasion of Gaza by Israel and did not object to the slaughter of 1400 Palestinians, mostly civilians, young and old.

Apparently, the impoverished, pummeled people of a half-destroyed Gaza, whose many newly elected members of the Palestinian parliament were kidnapped and jailed by the Israelis two years earlier, had no right to feebly defend themselves against constant border raids and missiles by the fifth most powerful army in the world.

Third, Mr. Obama's tough talk about a reckless and greedy Wall Street is not paralleled with tough regulatory proposals. He allowed, without working his will, the banks and Banking Committee Chairman, Barney Frank to produce a weakened regulatory bill that passed the House of Representatives.

For example, regulatory provisions on the rating agencies (such as Standard and Poor’s and Moody’s) and derivatives were mere taps on the wrists, ridiculed by former Chairs of the Securities and Exchange Commission from both parties.

Fourth, on labor and NAFTA, his campaign speeches were about the need for reform.

He has started nothing there and says nothing about this promise to revisit the U.S. participation in NAFTA.

He believes in the card check version of labor law reform but has not used his political capital to advance this modest reform at all.

Fifth, on climate change, where so much of the world looks for him to be a transforming leader, Mr. Obama has bought into the cap and trade morass instead of a simpler, more enforceable carbon tax.

His words on this subject are often well-spoken but his rhetoric is undermined by his inaction. His opponents in Congress and the corporate sector are strengthened as a consequence.

Mr. Obama leaves Copenhagen without a deal after outlining three steps - mitigation of greenhouse gases, openness of each country’s progress or lack thereof, and a very modest financial commitment from the world’s biggest polluter to help the more beleaguered countries with climate change (poor countries that are recipients of the Western countries emissions.) He hardly set an example for a government whose ownership and control of GM and Chrysler could transform automotive technology.

He cannot transform his hope and change slogan into meaningful policies if he signals that he can be had on one issue after another by being desperate to get any legislation so long as he can give it the right public relations label. Most importantly, The President cannot be a transforming leader if he turns his back on the liberal and progressive constituency that elected him because he thinks they have nowhere to go. He must give visibility to their expectations of him, including access to many cabinet secretaries and regulatory agency heads who have been reluctant even to meet with civic leaders, unlike the open doors regularly available to the corporatists and their lobbyists.

“Personality,” “character,” pretty soon they become indistinguishable and very resistant to both “hope and change.”

La nostra associazione ha ripreso a far parte della redazione allargata della trasmissione "Anno Zero" e fa parte dei 100 siti resistenti selezionati a suo tempo dal movimento contro il conformismo televisivo.

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