PECUNIA POWER
(diario della crisi: 2009 - Ventesimo mese di SESSANTA minimo)
P.S. qualcuno vocifera di un ventennio critico
La recessione: dilagherà nel 2009 alla faccia delle ripresine
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Posto fisso: Precisazione su un diritto poco difeso
22/10/2009
Di F. Allegri
Io so di essere stato fra i primi a difendere il posto fisso e lo feci quando sentii parlare di aumenti di salario in tempi di crisi mondiale e di unione economica e politica europea.
Non ho capito se la sinistra rivendicava aumenti salariali per fare una propaganda elettorale di basso livello o se sarebbe andata sino in fondo scatenando l'inflazione e facendo perdere altro lavoro e altre imprese all'Italia! La storia ha segnato la sconfitta elettorale di questa proposta e io posso rinunciare al mio piccolo dubbio.
Ho scritto spesso dei critici della globalizzazione, ho tradotto un Nader che parlava dei dieci pensatori/attivisti politici che preannunciarono la crisi. Un articolo da leggere e da rileggere.
Oggi parlerò di un apostata della globalizzazione. Mi riferisco ad Alan Blinder (un potente banchiere americano) che all'improvviso nel maggio del 2007 pubblicò un editoriale sul Washington Post dal titolo: "Il libero commercio è bellissimo, ma le delocalizzazioni dei posti di lavoro mi spaventano".
Già allora il potente banchiere si rendeva conto della debolezza americana che aveva delocalizzato l'industria per puntare sui servizi. Forse si rendeva conto che con un buon computer si può tenere tutto il servizio contabilità. Lo può fare il titolare e spende 3 euro o 4 dollari e 50 e buonanotte all'economia dei servizi.
Quindi non basta dire posto fisso, bisogna dire posto fisso produttivo meglio se industriale!
Su questo presumo una concordia di Nader quando raccontò del ritorno in USA di una fabbrica che produce piccoli elettrodomestici e che assumerà 1000 operai.
Il precariato del lavoro è la più grave conseguenza della delocalizzazione del lavoro in zone dove il diritto al lavoro non esiste: in Cina più che altrove!
Nel suo articolo Blinder calcolò che l'America avrebbe perso 40 milioni di posti di lavoro e la crisi non era ancora arrivata. Ad oggi dobbiamo dire che è stato eccessivo, non siamo ancora a dieci (qualcuno dice 12), ma la crisi è ancora lunga.
Il suo articolo suscitò un dibattito, ma nessuno si preoccupò di confutare questa asserzione che poteva essere un punto di debolezza catastrofista.
Nulla di nulla e io vedo in questo un segno che indica come anche gli USA non tutelano il lavoro.
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