PECUNIA POWER

(diario della crisi: 2009 - Quindicesimo mese di SESSANTA)

P.S. qualcuno vocifera di un ventennio critico

La recessione: dilagherà nel 2009

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13/05/2009 IL FURTO SCIENTIFICO DEL LAVORO

di F. Allegri

Spero che ricordiate ancora Tangentopoli e Mani pulite, lo spero per tutti noi! Ricordate almeno che si trattò di uno scambio fra favori politici e finanziamento illecito alla politica. C'era dell'altro.... Molto altro. Tra queste anche cattive leggi, molte delle quali restano in vigore a far compagnia a molti pessimi provvedimenti approvati dai superstiti e dagli emulatori.

Tra i frutti avvizziti di Tangentopoli io colloco anche la diffusione di un'idea che non potrebbe essere più sballata e parlo del mito che non c'è più lavoro in Italia.

Questa falsità è nata negli ambienti riformisti, sia cattolici che socialisti. Del resto essi sono gli agenti della globalizzazione che ha portato gli stabilimenti italiani in Asia o nell'est Europa.

Si ignora questa seconda verità e si dice che nei paesi occidentali non c'è più lavoro.

I pensatori appena citati hanno fatto della delocalizzazione una virtù: parlavano del terziario avanzato, dei servizi, di "gestione della complessità".

Nel frattempo nel mondo in via di sviluppo sono nati dei complessi industriali enormi dove si riproducono le condizioni di lavoro inumane che caratterizzarono gli inizi del capitalismo.

A noi, gli italiani - brava gente, certi ideologi spacciano l'innovazione e nel terzo mondo le multinazionali ricreano le condizioni di partenza che qualcuno chiamò sfruttamento, ma oggi si tratta di prevaricazioni e talvolta di schiavitù.

L'idea che "in Italia e in occidente non c'è più lavoro" è un foto montaggio che nasconde molte verità sia italiche che internazionali.

A livello internazionale si è assecondato USA e Regno Unito e il loro imperialismo monetario.

Questo è stato il commercio mondiale fatto con una moneta che perde valore da almeno dieci anni e che si basa da tempo solo su illusioni e potenze militari.

Del resto tutto questo percorso è stato fatto volontariamente dai paesi occidentali anche se tanti paesi non si rendevano conto di essersi trasformati nei topini del pifferaio magico.

Per fortuna l'Italia era rimasta indietro, direi attardata, nella corsa al baratro.

Siamo stati gli ultimi a delocalizzare, abbiamo i nostri luoghi privilegiati, vedi Albania e Romania e nonostante tutto vediamo qualcuno che torna indietro. Difatti da noi i danni sono minori, ma manca la coscienza delle cause di un disastro generalizzato.

Le aree da industrializzare stanno finendo e soprattutto si assottigliano i mercati delle cianfrusaglie e del superfluo. Laddove hanno fatto le fabbriche del nulla prima o poi tornerà la savana, ma non sarà come prima.

Il danno è fatto, solo la Cina avrà la forza di uscire da questo primo periodo critico con un sistema industriale forte e solo in parte ridimensionato, commisurato a quei milioni di cinesi che si sono arricchiti negli ultimi anni!

Anche la Cina dovrà faticare perché un sistema industriale non si improvvisa e solo nel breve periodo si programma! Io alla "Cina - fabbrica del mondo" non credo e soprattutto non mi converto.

USA e Cina sono due giganti zoppi, possono sostenersi l'un l 'altro, ma non camminare insieme e nemmeno dare sviluppo vero al mondo, hanno tonnellate di dollari da smaltire.

La delocalizzazione è una perdita netta per l'Europa, per i suoi ceti medi e per i suoi operai. Il contributo alla crescita della Cina l'abbiamo dato è arrivato il momento di difendere i nostri livelli di occupazione o meglio di rialzarli anche proteggendo con dazi alcune produzioni!

Il lavoro non è scomparso è stato spostato laddove un tempo c'era la savana e i lavori restano semplici mentre la complessità del quarto settore si rivela per quella che è: burocrazia e voluttuario!

Salviamo la piccola industria e riscopriamo la virtù del lavoro duraturo alla faccia delle agenzie interinali, soprattutto quelle posseduti dai sindacati e dai cattolici conservatori.

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