Date: Sat Sep 16, 2000 8:45am
Dominus Iesus, lo scandalo necessario
Lo scopo del dialogo cattolico con le altre religioni
non è un compromesso circa quello che si crede, ma la collaborazione
per la difesa della persona e della libertà da ogni potere, sia esso di
establishment religioso o di Stato laicista.
Un canonista cattolico, di origini ebraiche e
passaporto israeliano, confuta le critiche alla dichiarazione della
Santa Sede: la verità, dice, è che si vuole negare ai cattolici la
libertà di credo.
Colloquio di Rodolfo Casadei con David Jäger.
Con la Dominus Iesus, la Chiesa cattolica dice di
aver inteso ribadire i fondamenti della propria fede, la verità in cui
crede, il significato della propria missione nel mondo. Ma allora
perché tanto scandalo fra molti commentatori?
In realtà non esiste nessuna ragione per uno
scandalo. La Dominus Iesus non fa altro che ripetere la fede cristiana e
cattolica di sempre, e cioè che Gesu Cristo è la rivelazione vera,
completa, definitiva e salvifica di Dio. E che il modo in cui Dio vuole
che tutti gli uomini partecipino di questa salvezza è precisamente
l'incorporazione in Cristo mediante la Chiesa, suo corpo mistico, e ciò
attraverso la fede e il sacramento del battesimo. Negli Atti degli
apostoli parlando l'apostolo Pietro ammonisce che "non c'è altro
nome sotto il cielo dato agli uomini per mezzo del quale possano essere
salvi" se non quello di Dominus Iesus, unico mediatore tra Dio e
gli uomini.
Si è parlato di tradimento del Concilio Vaticano II...
L'insegnamento specifico del Concilio Vaticano II
sottolinea da una parte la necessità di un dialogo tra cristiani -
cioè tra i cattolici e i fratelli separati- come mezzo preferito per
ottenere il ritorno dei fratelli separati all'unità della Chiesa;
dall'altra auspica il dialogo interreligioso, riconoscendo che nelle
religioni dell'umanità ci sono elementi di verità e invitando i
cattolici a tessere rapporti con i seguaci delle altre religioni per
promuovere insieme valori comuni come la pace e l'amicizia tra popoli.
Il problema è che questa apertura al dialogo è stata interpretata come
se la Chiesa avesse abbandonato la propria certezza, fede e missione,
accettando un certo duplice relativismo religioso: un certo relativismo
corrente nel mondo cristiano - e coerente tra alcuni protestanti - il
quale ritiene che la Chiesa di Cristo non esiste più, che si è
frantumata nelle varie cosiddette denominazioni esistenti e che l'unità
della Chiesa è una cosa tutta da costruire ricongiungendo i frammenti o
le parti ivise; e poi un relativismo procedente da alcuni protagonisti
delle religioni non cristiane, i quali sarebbero stati indotti a pensare
che la Chiesa abbia accettato di ritenere che la verità definitiva su
Dio non si può conoscere e quindi di dialogare per mettere insieme le
nostre separate intuizioni. Ecco, tanta gente, cristiani e non, sono
caduti in questo errore, anche a motivo dell'irenismo dei dialoganti
cattolici che non andavano più ripetendo il presupposto del loro
dialogare, cioè la verità sull'unità e unicità di Cristo e della
Chiesa.
Dunque, in un certo qual modo si potrebbe parlare di
uno "scandalo salutare"... Sì, d'altra parte il cristianesimo
non è forse stato uno scandalo fin dal primo momento? In parte le
persecuzioni contro i cristiani nel mondo greco-romano si spiegano
così: che a diferenza di ogni altra religione, i cristiani non solo non
accettavano l'annessione del loro Dio fatto uomo al pantheon
politeistico, ma insistevano nello stesso modo in cui insiste oggi la
Dominus Iesus nel sostenere che l'unico salvatore è Gesù Cristo.Lei
dice che questo scandalo è scontato per un aspetto e ingiustificato per
un altro, perché la Chiesa ha sempre detto queste cose. Ma non c'entra
qualcosa il Concilio Vaticano II?Nei testi del Concilio Vaticano II non
c'è alcuna ambiguità. Che ognuno vada a rileggersi la Lumen Gentium,
il decreto sull'ecumenismo Unitatis Redintegratio, la dichiarazione
sulle religioni non cristiane Nostra Aetate: vi troverà precisamente
tutto quanto la Santa Sede ha sempre ribadito. Solo una crassa ignoranza
dei documenti conciliari può giustificare le attuali critiche alla
Dominus Iesus. Detto ciò, si deve pure ammettere che da parte di alcuni
cattolici ci sono stati atteggiamenti ambigui e forieri di malintesi. Io
stesso ne sono testimone: ho passato tre anni della mia vita nel
consiglio di direzione di un istituto ecumenico abbastanza celebre che
raccoglieva teologi cattolici e protestanti e ho constatato
personalmente sia le interpretazioni da parte di alcuni amici
protestanti, sia le ambiguità, gli errori e le incertezze da parte dei
colleghi cattolici. Per questo la Dominus Iesus è rivolta anzitutto ai
cattolici per insegnare loro che cosa la Chiesa crede e insegna e le
conseguenze pratiche che e derivano.
Alcuni commentatori osservano però che in un mondo
in via di globalizzazione, un mondo multiculturale e pluralista, un
certo relativismo è necessario per rendere possibile la convivenza tra
religioni e popoli diversi, mentre l'affermazione di una sola verità
sarebbe foriera di violenze e di conflitti...
Un'affermazione del genere è illogica. Che legame
c'è tra l'affermazione della verità su Dio e sull'uomo e l'istigazione
alle guerre e alla violenza? Pace, amicizia e libertà sono precisamente
le condizioni nelle quali ciascun partecipante al dialogo può
liberamente esprimere quello in cui crede: mentre si riconosce che in
materia di opinione circa la verità ultima la coscienza umana gode di
autonomia e di libertà e non può mai essere sottoposta ad alcuna
coercizione o pressione in nome della verità stessa, - che è il
contenuto della grande dichiarazione della Dignitatis Humanae del
Vaticano II - una società fraterna, libera e pacifica è proprio quella
in cui i cristiani possono liberamente spiegare le ragioni della loro
speranza e i contenuti della loro fede, così come lo possono fare
ebrei, musulmani, induisti, buddisti e membri di qualunque altra
religione, senza che ciò possa procurare pressioni da parte della
società, o dello stato, o alcuna interferenza da parte del potere
civile.
Alcuni esponenti del mondo protestante e del mondo
ebraico hanno detto che dopo la Dominus Iesus non è più possibile il
dialogo perché in questo documento si troverebbe un'idea di dialogo
inteso come preparatorio alla conversione altrui e comunque tra soggetti
che non sono in condizioni di parità, perché uno dice di possedere la
verità anche per l'altro. Come si commentano queste posizioni?
Quelli che sollevano queste strane obiezioni dicono
in altre parole che la condizione del dialogo è che essi possano
dettare alla Chiesa cattolica cosa deve credere per poter dialogare con
loro. Non le sembra il colmo dell'assurdità? Mi pare del tutto
ragionevole che la Chiesa cattolica si presenti al dialogo dicendo:
"io credo così, io credo in Dominus Iesus, unico mediatore tra Dio
e l'uomo, credo nella necessità del Battesimo e dell'incorporazione
alla Chiesa per la salvezza, credo che la Chiesa che Gesù Cristo ha
fondato sussiste pienamente nella Chiesa cattolica e solo in questa.
Questo è quello che io credo, naturalmente tu credi diversamente,
altrimenti saresti cattolico. Tu ebreo, ad esempio, non credi che Gesù
sia il verbo di Dio incarnato. Quindi neghi che in Gesù il primo
Testamento trovi compimento, questo è quello che tu credi. Tu credi che
la prima Alleanza non sia ancora compiuta, che il Messia non è ancora
venuto, quindi le nostre credenze sono diverse e in parte
contrapposte". Questa è la preessa del dialogo. Se non fosse così
non ci sarebbe bisogno di parlare: è proprio perché non siamo
d'accordo sulla verità che abbiamo deciso di entrare in dialogo. Il
dialogo ci chiede di identificare con precisione su cosa siamo in
disaccordo e su che cosa, invece, siamo d'accordo. Per esempio, nel
dialogo con gli ebrei ci troviamo d'accordo che l'uomo è stato creato
ad immagine e somiglianza di Dio ed è quindi dotato di una dignità
eminente, alla quale sono inerenti diritti ed esigenze che è giusto
soddisfare. Ora naturalmente io cattolico che dialogo con te ebreo non
posso nasconderti la mia speranza che, in qualche modo, io direi
"per grazia divina", l'esperienza del dialogo abbia un
influsso su di te e faciliti la tua conversione. Non è che io passo il
tempo del dialogo esortandoti alla conversione - il dialogo ha altri
contenuti che ho appena descritto - però è certo che la mia speranza
è che tu ti converta. Perché questa è la missione della Chiesa,
questo è il cristianesimo: un invito a tutti gli uomin a riconoscere
Gesù come il Salvatore nostro e a diventare membri del suo Corpo, la
Chiesa. Se questa speranza ti disturba al punto di non voler più
dialogare con me, è una tua decisione autonoma che io rispetterò. Ma
non potrai dire che io non voglio dialogare. Con il protestantesimo il
dialogo ecumenico è molto diverso, in quanto parte dalla constatazione
che i fratelli separati hanno credenze diverse da quelle della Chiesa
cattolica, però le cose che ci uniscono sono più importanti di quelle
che ci dividono. Il dialogo ecumenico dice così: "Cerchiamo di
risalire alle grandi fondamenta della fede che ci uniscono e a partire
da queste pensiamo gli argomenti che ci dividono". Naturalmente noi
ci presentiamo francamente al dialogo ecumenico dicendo: "Noi non
crediamo che la Chiesa sia ancora da fare, noi crediamo che la Chiesa
c'è e che siete voi che vi siete separati dalla Chiesa e noi speriamo
che al termine del cammino dialogale anche voi possiate essere d'accordo
con noi". Analogamente loro si presentano l dialogo ecumenico
dicendo : " Noi crediamo che la Chiesa non esiste, come realtà
organica, societaria in questo mondo, e vogliamo ripercorrere la via
della rivelazione con voi cattolici nella speranza che facendolo, voi vi
rendiate conto che noi abbiamo ragione". E' per questo che c'è
dialogo: perché noi diciamo di avere ragione e loro dicono di avere
ragione. La posizione è simmetrica. E' vero che una confessione
protestante che viene al dialogo non dice "io sono la Chiesa e solo
io lo sono" come diciamo noi. Ma ugualmente possiede una certezza
analoga alla nostra al contrario, la certezza che la Chiesa non c'è.In
conclusione, sommando tutte queste critiche infuriate alla Dominus Iesus
dovremmo, forse dedurre che i cattolici devono essere privati del
diritto di libertà di religione perché credono in quello in cui
credono? O che la Chiesa dovrebbe autonomamente privarsi della libertà
di esprimere pubblicamente la propria fede? Se ci si pensa un momento,
si vede che è proprio questo che -come ai tempi dell'antichità
greco-romana- alcuni vorrebbero dai cristiani: che accettassero una
volta per tutte di annettere il loro Dio al pantheon dei tanti déi. Ma
è proprio questo ciò che non è accaduto e non accadrà mai. Proprio
nelle prime pagine dell'ultimo libro di don mons. Luigi Giussani,
"L'autocoscienza del cosmo", si legge questa critica a un
certo tipo di dialogo interreligioso: "Tutto l'ecumenismo di
adesso, che poggia la sua argomentazione sul fatto che tutte le
religioni sono simili, che tutte le espressioni religiose si
equivalgono, che tutto l'affermarsi del cuore dell'uomo ha lo stesso
valore, dimentica semplicemente che Dio è nato bambino, è nato come un
uomo e che è seguendo questo uomo che si capisce cos'è il cuore, il
senso religioso, la ragione, il destino, cos'è tutto". Non è
proprio questo che dice la dichiarazione Dominus Jesus, che dice il
Nuovo Testamento, che dice il cristianesimo dal primo momento in cui è
entrato ne mondo? Dio, l'Eterno, è voluto nascere nel mondo come un
bambino, ed è proprio seguendo questo bambino - che cresce e diventa
uomo, insegna, soffre, ride e piange, muore e risorge- che si sa chi è
Dio; è seguendo Lui che si sa tutto su Dio e sull'uomo. E' proprio
questo che ha attirato al cristianesimo e alla Chiesa tutte le sfrenate
persecuzioni, -sanguinose in passato, incruente come queste critiche
oggi- perché osiamo credere che Dio s'è fatto uomo ed è entrato in
persona nella storia degli uomini.
(c) 2000 - Editoriale Tempi duri s.r.l.