Non è la prima volta, e non sarà
prevedibilmente l'ultima, che il filosofo-editorialista Gianni
Vattimo presti la sua attenzione alla missione della Chiesa, oggi,
al suo magistero etico, al suo modo di affrontare i problemi della
vita quotidiana, e, in definitiva, al suo modo di essere e stare
nella società.
Già a suo tempo egli aveva suggerito la strada maestra della
carità, lasciando alla coscienza individuale di ciascuno,
credente e non credente, lo spazio della più assoluta autonomia,
come se la coscienza individuale non fosse il luogo della carità
verso se stessi e gli altri o la percezione di sé e del mondo in
cui essa, sia pur individualmente e in relazione, abita.
Su "La Stampa" di ieri Vattimo fa un passo avanti,
affermando una cosa ovvia e cioè l'urgenza di un impegno della
Chiesa ad annunciare il messaggio globale che offra a tutti
"il senso, un senso, della nostra vita e una speranza per il
futuro"; aggiungendo un particolare che sarebbe piaciuto ai
teologi dell'estetica, (penso a Endokimov e a Van Balthasar), nel
prospettare un modo estetico e cioè artistico di dire la verità,
con "leggerezza", "delicatezza" e "amichevolezza".
Come dargli torto, se per "leggerezza" intendiamo quel
giogo soave di cui parla Cristo stesso, o quello sforzo reciproco
che il Vangelo suggerisce a noi credenti invitandoci a portare gli
uni il peso degli altri? "Leggerezza" per dire sostanza
ed essenzialismo? D'accordo.
Purtroppo questo approccio di Vattimo parte da una premessa che a
noi sembra molto pesante, poco estetica e persino un po' volgare,
in cui pastori, i direttori di spirito, i teologi stenteranno a
riconoscersi. Volgare in senso di volgarizzazione di un'esperienza
e di un approccio formativo che non abbandona mai i fondamentali
che compongono un ideale cristiano e un'etica completa. Insomma,
Vattimo parte dall'idea che la Chiesa sia oggi, al vertice e alla
base, un'agenzia di moralismo casistico, cioè legata a quei tre o
quattro casi di coscienza che nel loro dettaglio occuperebbero
tutta la scena dell'annuncio o della testimonianza. Quando invece
sappiamo che non è la Chiesa che inventa questa casistica, ma è
la casistica che la società propone e su cui interpella la
visione d'insieme di un'etica e quel senso della vita a cui
Vattimo c'invita a provvedere.
Nell'analisi del filosofo torinese sembrerebbe che il Papa stesso
stia all'interno di un laboratorio di etica sessuale e familiare
perfino nell'apprestare la sua voce sul famoso preservativo eretto
a caso eccelso di comportamento individuale. Eppure non ricordiamo
da parte di di Giovanni Paolo II un cenno che fosse anche minimo a
una tecnica del genere. Né il magistero etico è sceso a
dibattere nei dettagli la tecnica genetica, ma piuttosto a
ricordare come sia giusto e vero concedere alla vita ciò che la
stessa vita reclama come finalità e procedura.
Un certo equivoco sta alla base di questa deformazione del
filosofo torinese: ciò che egli stesso chiama all'inizio del suo
intervento una specie di competizione tra Chiesa e Stato laico,
come se fosse Chiesa più esteticamente valida e leggera quella
che si indirizza solo alle coscienze individuali e non alle altre
agenzie a cui gli individui affidano liberamente e
responsabilmente la stabilità e la conduzione delle regole
comuni. Non si comprende come possa chiamarsi ingerenza un
annuncio che ha senso e valore universale. Ho l'impressione che la
leggerezza "estetica" a cui Vattimo alluda consista
essenzialmente nel dire che la vita è bella, vale la pena
viverla, i sentieri sono coperti di fiori, la libertà individuale
è ciò che uno desidera, non importa se il nostro desiderio
offende quello degli altri, i problemi si risolvono da soli, senza
approfondimento alcuno, ché anzi approfondire potrebbe diventare
troppo pesante e antiestetico.
Non credo che l'attuale magistero della Chiesa non abbia
conservato la freschezza delle parabole evangeliche e la bellezza
delle Beatitudini. Basterebbe documentarsi con più pazienza e non
costruire analisi pregiudiziali. La Chiesa ama la vita, è nella
vita, prima ancora che nella storia e per la storia.
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