Conferenza Episcopale
Italiana
CONSIGLIO PERMANENTE
Torino, 18-21 settembre 2000
Sulle politiche contro
la povertà e l'esclusione sociale
PROLUSIONE DEL CARDINALE
PRESIDENTE
[sintesi - parte prima]
[...]
4. Sul versante civile e sociale, è sempre assai
impegnativo orientarsi nella molteplicità e nell’intersecarsi dei
fattori in gioco, a livello sia interno sia internazionale. […] Devono
peraltro far riflettere le risultanze del "Rapporto sulle politiche
contro la povertà e l’esclusione sociale", presentato nel luglio
scorso dalla competente Commissione governativa: esse mostrano tra l’altro
come sia ancora leggermente aumentato il numero dei
"poverissimi", cioè di coloro che hanno elementari problemi
di sussistenza, che ormai è molto vicino al 5% del totale delle
famiglie italiane. Ciò conferma quanto sia necessario tenere insieme i
criteri della sussidiarietà e libertà di iniziativa con quelli della
solidarietà e dell’attenzione ai più deboli, nei processi di
rinnovamento della società italiana. Un altro dato, che - se trovasse
conferme più consistenti e indicative dell’inizio di un nuovo corso -
sarebbe invece quanto mai positivo, è quello assai recente relativo all’aumento
delle nascite in varie città italiane. Ad ogni modo è confortante
osservare come, nel mondo politico, economico e culturale e sui mezzi di
comunicazione, si stia facendo strada la consapevolezza che questo è il
nostro primo problema nazionale, che condiziona qualunque discorso
sensato sulle prospettive future. Occorre operare senza stancarsi, anche
come Chiesa, perché una tale consapevolezza si diffonda tra la
popolazione, mentre è un dovere essenziale dei responsabili della
politica e dell’economia assicurare le condizioni che favoriscano,
invece di penalizzare, come troppo spesso è finora accaduto, la
famiglia, le nascite e l’educazione familiare. Rimane viva l’esigenza
di un migliore approccio a quella questione di lungo periodo che è
rappresentata dall’immigrazione. In realtà la strada più giusta e
più produttiva sembra quella di coniugare positivamente l’istanza
della crescita di una cultura dell’accoglienza con quella della ferma
repressione degli abusi, particolarmente riguardo alle organizzazioni
criminali che prosperano sull’immigrazione clandestina, sullo spaccio
della droga e sullo sfruttamento della prostituzione. Anche il dibattito
di questi giorni, seguito alla presa di posizione del Cardinale Giacomo
Biffi, può trovare vie di composizione, o almeno di migliore
comprensione reciproca, alla luce della considerazione che, da una
parte, l’affermazione della libertà religiosa è essenziale per la
Chiesa oltre che per lo Stato e, dall’altra, la salvaguardia della
propria identità culturale è un bene non solo per i cattolici ma per l’intera
popolazione e quindi occorre trovare le forme possibili e opportune per
favorire una genuina integraione degli immigrati nel nostro tessuto
sociale e culturale, ciò che tornerà a vantaggio degli stessi
immigrati. Negli ultimi mesi vari fatti luttuosi e terribili hanno
riproposto gli interrogativi sulle forme di insensibilità morale, sulle
perversioni e sugli smarrimenti e disintegrazioni delle coscienze che si
insinuano in una parte della nostra popolazione, sia adulta sia
giovanile. Ricordiamo con commozione Suor Maria Laura Mainetti, uccisa a
Sondrio il 7 giugno a quanto sembra anche in odio alla sua testimonianza
di religiosa. Con lei affidiamo al Signore le altre vittime di violenze
insensate o abominevoli, in particolare i bambini e i ragazzi violati e
soppressi da pedofili. Occorre chiedersi, senza reticenze, quanto su
simili fatti e comportamenti incidano immagini e modelli di vita
proposti, con disinvolta e interessata insistenza, dalla televisione e
dagli altri mezzi di comunicazione. Né si può evitare di spingere più
a fondo la riflessione, riguardo alle concezioni morali e
antropologiche, o forse semplicemente al vuoto etico, che
contraddistinguono ampie zone dell’attuale cultura. In realtà,
accanto le esigenze di sicurezza che comprensibilmente assillano i
cittadini di fronte alle minacce della criminalità, deve farsi strada
una consapevolezza più larga e più profonda, che cioè il fondamento
primo di una convivenza serena e costruttiva sta nei valori e nelle
norme morali iscritti nel nostro essere e nelle nostre coscienze da
Colui che ci ha creati.
[segue]