«Amato: all'Europa non serve un sovrano», a
cura di Barbara Spinelli, 13 luglio 2000
[...] in questa conversazione, il Presidente fa capire che i
progetti possono essere arditi, ma che per superare gli ostacoli
in politica occorre nasconderli, dissimularli. Bisogna agire
«come se», in Europa: come se si volessero poche cose, per
ottenerne molte. Come se gli Stati restassero sovrani, per
convincerli a non esserlo più. La Commissione di Bruxelles,
ad esempio, deve agire come se fosse un organo tecnico, per
poter operare alla stregua di un governo. E così via,
dissimulando e sottacendo.
[...]
«la sovranità che si perde sul piano nazionale non passa ad
alcun nuovo soggetto. È affidata a entità senza volto: la
Nato, l'Onu, infine l'Unione. L'Unione è
all'avanguardia nel mondo mutante: indica un futuro di
Prìncipi senza sovranità.
[...] Il nuovo è senza testa, e chi ha i comandi non è
afferrabile né eleggibile».
[...]
«Di fatto la metamorfosi è già fra noi: basteranno alcuni
ritocchi, e molta, molta furbizia. Perché i più non sanno,
che il Mondo Nuovo già esiste».
[...]
«È vero, l'Unione così com'è oggi non somiglia
all'istituzione pensata dal federalismo. Sono troppo esigue
le sovranazionalità, è ancora predominante il diritto di
veto esercitato dagli Stati, e il Consiglio dei ministri
rimane preponderante
[...]
La verità è che il potere sovrano, spostandosi, evapora.
Scompare.
[...] In esso non esistono più singoli, identificabili sovrani.
Al loro posto esiste una moltitudine di autorità a diversi
livelli di aggregazione, a ciascuna delle quali fanno capo
diversi interessi degli esseri umani: livelli che posseggono
competenze ambigue, condivise con altre autorità.
[...] spostandosi, il potere sovrano cui eravamo avvezzi
scompare. Così peraltro si è fatta l'Europa: creando
organismi comunitari senza che gli organi dove sono presenti
gli Stati avessero l'impressione che si imponesse loro un
potere superiore. La Corte di giustizia come organo
sovranazionale nacque per questa via: fu una sorta di
atomica non vista, che Schuman e Monnet infilarono nei
negoziati sulla Comunità del carbone e dell'acciaio.
La stessa Ceca fu questo: una casuale miscela di egoismi
nazionali diventati comunitari.
Non mi sembra opportuno sostituire questo metodo lento ed
efficace — che dà agli Stati una tranquillità non ansiogena
nel momento in cui li spoglia di poteri — con i grandi salti
istituzionali
[...] Quanto alla Commissione, vorrei essere chiaro. Per me
il ruolo politico dell'esecutivo è indiscutibile. Sono solo
convinto che lo eserciti al meglio usando i poteri tecnici
che il Trattato le attribuisce in quanto organo esecutivo.
[...]
Quindi preferisco andar piano, sbriciolare a poco a poco
pezzi di sovranità, evitare bruschi passaggi da poteri
nazionali a poteri federali.
[...]
«Così penso che si dovrà fare le politiche comuni
dell'Europa».
Quali? «La locomotiva o il cuore dell'Europa dovrà
occuparsi del governo comune dell'economia come di comuni
regole sull'immigrazione. Dovrà definire diritti comuni per
gli immigrati regolari: diritto di mandare i figli a scuola,
diritto all'assistenza sanitaria, diritto della seconda
generazione a essere integrata. Poi bisogna dar vita a
comuni discipline del lavoro, e creare forze che presidino
i comuni confini esterni. Come vede, i cantieri sono immensi».
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