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"Dopo due anni di alterne vicende, di
speranze e di delusioni, di
scontri più o meno sanguinosi, la guerra che oppone l'Eritrea e
l'Etiopia è entrata, negli ultimi pochi giorni, nella sua fase
più tragica.
Svanito l'ultimo barlume di speranza legato ai tentativi di
mediazione, le armi hanno preso l'ultima parola.
La guerra si è rivelata ancora quell'inutile strage che il Santo
Padre Giovanni Paolo II ha ripetutamente denunciato e condannato.
Ancora una volta sulla pelle di popolazioni povere ed innocenti si
è tragicamente confermata la saggezza dell'assioma: "se
l'umanità non porrà fine alla guerra, la guerra porrà fine
all'umanità".
Regioni intere trasformate in unico campo di battaglia, incessanti
bombardamenti su città e villaggi, popolazioni in movimento verso
mete ignote, migliaia e migliaia di feriti e di morti... ecco in
breve la terrificante scena che il territorio offre all'osservatore.
Il bilancio dei danni umani e materiali di questa guerra è ancora
tutto da fare, ma un rapido giro d'orizzonte rivela già che ormai
ci si avvicina alle proporzioni delle macerie accumulate nei
precedenti trent'anni di guerra.
Che cosa non ha funzionato nei tentativi di fermare questa folle
corsa alle armi?
È l'angoscioso interrogativo che tormenta la coscienza di tutti
noi.
Ma non è più né il momento né il caso di attardarsi su
analisi di responsabilità e recriminazioni.
È dovere grave di chiunque poteva fare qualcosa chiedersi, con una
mano sulla coscienza, perché non lo abbia fatto e quali interessi
siano prevalsi nelle modalità con cui è stata affrontata questa
crisi.
Pastori di una popolazione che si trova a subire le conseguenze di
una guerra che non ha mai voluto, noi ci limitiamo a una sola
constatazione: un solo giorno di ritardo potrebbe significare lo
sterminio di una popolazione intera e la devastazione del territorio.
Non possiamo comprendere, e tanto meno giustificare, il fatto che,
una volta riprese le ostilità, si ritenga esaurita ogni
possibilità di intervento o ci si ripari dietro misure di limitata
efficacia.
Di qui il nostro angoscioso appello: si blocchi immediatamente la
via alla possibilità di ulteriori stragi, si facciano tacere le
armi senza indugio, non si permetta che la violenza continui a
prevalere sulla razionalità.
Domani sarà già troppo tardi.
Il nostro appello si indirizza a chi, a livello internazionale, ha
responsabilità istituzionali e possibilità di intervento,
così come a istituzioni, gruppi e individui che hanno a cuore le
sorti di uomini, donne e bambini condannati all'estinzione per
violenza, fame e stenti.
Basterà, se non altro, lo sguardo triste ed innocente di migliaia
di bambini senza padre e madre per non dormire con la coscienza
tranquilla.
In quest'ora, una delle più buie della nostra recente storia,
mentre ci si attende che la comunità internazionale si muova ed
agisca, è più che mai viva nel cuore della nostra gente la
fiducia nel Signore che regge le sorti dei popoli. Insieme con il
nostro popolo, a Lui gridiamo: donaci la tua pace, quella pace che
il mondo non può dare, ma che è l'unica vera pace!
La Vergine Madre Kidane Mehret, patrona del nostro Paese, sostenga e
corrobori la nostra implorazione.
ABUNE ZECCARIAS YOHANNES
Eparca di Asmara latore della presente missiva
ABUNE LUCA MILESI
Eparca di Barentu
ABUNE TESFAMARIAM BEDHO
Eparca di Keren
(©L'Osservatore Romano)
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Politica e
cattolici
World-gay-pride
a cura di David Botti
appello
dei Vescovi cattolici dell'Eritrea di D.
Botti 27/5/00
Fatima e la
"illuminata tolleranza" laicistica dal
Mattino a cura di David Botti
G.P.II:
Messaggio all'Assemblea Generale della C.E.I.
Comastri:annullate
il world gay pride
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