NICARAGUA
Messaggio dei Vescovi
al
termine dell'Assemblea Plenaria svoltasi a León
[sintesi]
"Noi
Vescovi membri della Conferenza Episcopale del Nicaragua, nella
riunione ordinaria tenutasi a León il 23 maggio del presente anno,
dopo aver chiesto l'illuminazione dello Spirito Santo e della
Vergine Madre della Chiesa, abbiamo riflettuto sulla situazione del
nostro Paese e abbiamo constatato quanto segue.
1.-
In molti cattolici, alcuni dei quali occupano posti di responsabilità
nel Paese, non vi è coerenza fra fede e vita, in quanto le loro
opere si dimostrano contrarie ai comandamenti di Dio e della Chiesa.
2.-
La violenza che esiste sia in campagna sia in città è molto grave
e mette a rischio la sicurezza personale e la convivenza sociale fra
i nicaraguensi. Ad aggravare la situazione vi è il fatto che molto
spesso la violenza non viene evitata né controllata da quanti, pur
avendone la capacità, i mezzi e il dovere non lo fanno.
3.-
Vi è un'opinione molto diffusa che la giustizia non funzioni
correttamente nel Paese e che mentre le persone che commettono
piccole violazioni vengono severamente punite, altre che commettono
delitti gravi, e persino crimini come il narcotraffico, rimangono
impunite.
4.-
La credibilità di alcuni mezzi di comunicazione sociale è messa in
discussione in quanto spesso la politicizzazione estrema degli
stessi o gli interessi politici ed economici dei proprietari si
antepongono alla verità. La stessa voce della Chiesa, a causa di
tali interessi, viene spesso attaccata, messa a tacere e distorta.
5.-
Esiste una specie di cultura della corruzione generalizzata che
abbraccia quasi tutti i settori della nostra società e che,
nonostante le continue e costanti denuncie della Chiesa, ancora non
è stata superata.
6.-
Si sta pericolosamente diffondendo in vari settori della società
nicaraguense un sentimento di incertezza e di disorientamento
suscitato, fra le altre cose, dalla situazione di povertà e di
disoccupazione. Ciò potrebbe portare allo sconforto e far
commettere gli stessi errori del passato.
7.-
Esiste una corrente ideologica che, sebbene integrata da gruppi
minoritari, dispone di grandi risorse e sostegni economici e
pubblicitari per promuovere in modo aperto o velato il non rispetto
per la vita umana e persino l'aborto.
Di
fronte a questi fatti contestati, noi Vescovi ribadiamo che siamo in
presenza di una società moralmente malata che ha bisogno di essere
curata mediante la conversione, ossia il ritorno al Signore Gesù
Cristo.
Esortiamo
pertanto i nostri fedeli cattolici, le famiglie, le comunità e i
movimenti parrocchiali, così come le scuole e le università
cattoliche, a enfatizzare la coerenza fra fede e opere, fra scienza
e pietà, mediante l'evangelizzazione, la catechesi e la liturgia.
A
voi tutti cattolici, soprattutto a coloro che hanno uffici o
incarichi che influenzano il cammino del Paese, chiediamo di
impegnarvi
seriamente nella ricerca del bene comune.
A
tutte le persone di buona volontà, chiediamo ancora una volta di
ricercare, mettendo da parte criteri, atteggiamenti e azioni
egoiste, mediante il dialogo e i canali civili, la soluzione ai
gravi mali che affliggono il Paese.
Noi
Vescovi del Nicaragua, in questo Anno Santo e per intercessione
della Vergine Maria, preghiamo il Signore affinché noi nicaraguensi
possiamo superare i problemi e procedere con impegno verso
l'edificazione della civiltà dell'amore".
[...]
Particolarmente
significativo resta il richiamo al rispetto per la vita umana, una
preoccupazione quella dei Vescovi in questo senso, fortemente
sentita e già espressa qualche mese fa in un comunicato [...]
diffuso appena si ebbe conferma della decisione adottata nel Dettame
sul Codice Penale dalla Commissione di depenalizzare il cosiddetto
aborto terapeutico e "Noi Vescovi del Nicaragua - scrissero in
quella circostanza e crediamo opportuno ricordarlo - professiamo che
ogni uomo e ogni donna per quanto insignificanti appaiano, hanno in
sé una nobiltà inviolabile che essi stessi e gli altri devono
rispettare senza condizioni; che ogni vita umana deve di per sé, in
qualsiasi circostanza, essere resa degna; che ogni convivenza umana
deve fondarsi sul bene comune, che consiste nella realizzazione
sempre più fraterna della comune dignità, il che richiede di non
strumentalizzare gli altri e di essere disposti a sacrificare anche
i propri beni personali (Puebla, n. 317)".
"Condanniamo
- scrissero ancora i Presuli - qualsiasi forma di disprezzo,
limitazione e oltraggio della persona umana e dei suoi diritti
inalienabili; qualsiasi attentato contro la vita umana, da quella
occulta nel grembo materno a quella giudicata inutile o che si sta
consumando nell'anzianità; qualsiasi violazione o degradazione
della convivenza fra gli individui, i gruppi sociali e le
nazioni".
Ricordando
quanto ebbero a scrivere in un Messaggio del 10 novembre 1993 a
proposito del "dolore causato dalla crescente mancanza di
rispetto per la vita e l'impunità in cui restano tanti
crimini", nel comunicato dell'aprile scorso vollero ribadire
che "non solo la violenza aumenta per immorali ambizioni di
avidità e di potere, ma si pretende anche di accrescere tanto
orrore mediante l'approvazione di leggi che legalizzino l'aborto,
attentando così contro la vita e il
diritto
umano fondamentale, sterminando la persona ancora prima che nasca.
"Riguardo
a questo crimine, avvertiamo i nostri fedeli che chi procura
l'aborto incorre nella scomunica "ipso facto"".
"Commettono
inoltre peccato grave - scrissero ancora i Vescovi - tutte le
persone che fanno propaganda di metodi abortivi e in modo
particolare i legislatori che danno il proprio voto a qualsiasi
legge che tenda a legalizzare questo crimine, come pure il
governante che sanziona tali leggi".
"Noi
Vescovi,- spiegarono - come successori degli Apostoli, abbiamo
ricevuto dal Signore Gesù l'incarico di insegnare a serbare tutto
ciò che egli ci ha ordinato (cfr Mt 28, 20).
Per
questo abbiamo l'obbligo di regolare la condotta dei nostri fedeli
anche sul piano politico".
E
la nota si concludeva con forti espressioni di condanna:
"In virtù di ciò, a nome del Signore Gesù Cristo,
condanniamo il divorzio fra fede e condotta, come se la
morale non fosse parte integrante della fede. Nessuno può chiamarsi
cristiano e vivere come pagano". (Messaggio della Conferenza
Episcopale del Nicaragua, 10 novembre 1993).
"Noi
Vescovi del Nicaragua, - hanno scritto nel più recente documento -
in nome di Dio, condanniamo senza mezzi termini la pretesa di
legalizzare l'abominevole crimine dell'aborto, anche se mascherato
da attenuanti umanitarie che
lo fanno definire "terapeutico"".
E
Come Pastori di questa Chiesa, lanciarono un appello urgente:
"Ai nostri sacerdoti, religiosi, religiose, delegati della
Parola e popolo dei fedeli: fate
udire la vostra voce di ripudio di
fronte a questa infamia ed elevate ferventi preghiere a Dio,
Padre di Nostro Signore Gesù Cristo, per la mediazione materna
della Purissima, affinché illumini le menti e intenerisca i cuori
dei legislatori, cosicché venga allontanata dalla nostra Patria
la tentazione di approvare il sacrificio dei nascituri; ai
nostri fratelli che credono nel Signore Gesù Cristo ma che non sono
in comunione piena con noi: uniamo
le nostre voci in ripudio di questo attentato contro il quinto
comandamento del Decalogo; alle
persone di buona volontà, sebbene non accettino che Gesù è il
Signore: esprimete la
vostra condanna di fronte all'attentato contro il diritto che è
alla base di qualsiasi altro diritto umano:
il diritto alla vita fin dal suo concepimento nel grembo
materno. Ai militanti nei diversi partiti politici:
ricercando il bene supremo della patria,
non permettete che la nostra bandiera nazionale si macchi con
il sangue dei nascituri innocenti.
[...]
(©L'Osservatore
Romano)