In
molte nazioni proclamarsi cristiano equivale spesso a rischiare la
vita: edifici sacri dati alle fiamme in Indonesia, villaggi e
scuole demoliti e bruciati in Nigeria e nel Sudan, fedeli
assassinati in Pakistan e in Egitto, conventi profanati in India,
missionari sequestrati e uccisi nelle Filippine o nel Continente
nero...
Quando
la fede finisce sotto tiro
In
Asia e in Africa le persecuzioni più gravi da Stati e fazioni
Presuli messi sotto accusa in Cina e nel Ruanda, qualsiasi
materiale religioso vietato in Arabia Saudita
Camille
Eid
Chiese
incendiate in Indonesia, villaggi e scuole cristiani demoliti e
bruciati in Nigeria e nel Sudan, fedeli assassinati in Pakistan e
in Egitto, conventi e chiese profanati in India, missionari
sequestrati e uccisi nelle Filippine o nell'Africa nera, vescovi
messi sotto accusa in Cina e nel Ruanda, materiale religioso
tassativamente bandito in Arabia Saudita, divieto di usare la
lingua nazionale nelle funzioni religiose cristiane in Malaysia.
Questo il tragico panorama della Chiesa in parecchie nazioni dove
proclamarsi cristiano equivale spesso a rischiare la vita. Le
notizie allarmanti arrivano ormai da ogni parte del mondo e vanno,
come in molti Paesi del Medio Oriente, dalle discriminazioni
sociali che provocano una forte emigrazione dei cristiani
all'estero alle ripetute e brutali aggressioni. Ma vediamo in
dettaglio alcune situazioni.
Nigeria
A
trent'anni dalla fine della guerra del Biafra, durante la quale la
Chiesa cattolica era stata associata al regime separatista, la
convivenza tra le due religioni continua a rappresentare un
problema. Ne sono testimonianza le migliaia di vittime negli
scontri scoppiati la scorsa primavera in seguito alla
proclamazione della Sharia, la legge coranica, in alcuni Stati del
Nord, aggirando in tal modo le disposizioni della Costituzione
federale le quali stabiliscono che «il governo non può adottare
nessun credo come religione di Stato». Già in precedenza nel
Nord si assisteva a una strisciante islamizzazione che spazia
dall'intolleranza verso i cristiani, accusati di allevare i
maiali, alla stretta osservanza della preghiera e del ramadan. Non
mancavano nemmeno le intimidazioni, come nel giugno '95, quando
furono distribuiti a Kano dei volantini che invitavano i non
musulmani ad abbandonare la città «prima dell'arrivo delle
truppe islamiche».
Sudan
Nel
Sud del Paese è in atto un vero genocidio. La persecuzione ha
inizio con lo scoppio della prima guerra civile, veicolata con un
duplice processo di arabizzazione e di islamizzazione: confisca di
350 scuole cristiane nel '57; promulgazione delle «legge sulle
società religiose» nel '62, che vieta a sacerdoti e religiose
l'esercizio delle loro attività senza un'autorizzazione
ministeriale; espulsione di centinaia di missionari nel '64 per «connivenza
con i ribelli». Ancora oggi il governo sudanese chiama jihad,
guerra santa, il conflitto civile e favorisce le conversioni
forzate all'islam nei campi profughi.
Pakistan
Si
assiste da anni a un tentativo progressivo di adeguare alla legge
islamica le istituzioni del Paese. I cristiani denunciano in
particolare alcuni provvedimenti del Codice penale, come la legge
sulla blasfemia che punisce con la morte coloro che oltraggiano
Maometto e prevede l'ergastolo per chi offende il Corano.
Nonostante le garanzie circa la tutela dei diritti delle
minoranze, sono frequenti gli abusi da parte di individui e gruppi
religiosi con lo scopo di sistemare dispute personali. Non
servono, infatti, prove per condannare qualcuno per blasfemia: è
sufficiente che un musulmano dichiari che una certa persona abbia
bestemmiato. Numerosi sono stati i casi controversi per i quali c'è
stata anche una forte mobilitazione internazionale.
Cina
popolare
Fortissimi
i tentativi governativi di eliminare la Chiesa clandestina, anche
con la carcerazione dei vescovi legati a Roma. Nelle località in
cui i fedeli si sono rifiutati di entrare nell'Associazione
patriottica, le chiese vengono chiuse e i singoli perseguitati.
Nella scorsa Settimana Santa, violenti scontri si sono verificati
nella contea Cangnan. Domenica delle Palme 30 poliziotti hanno
disperso i fedeli che pregavano in una casa vicino alla chiesa di
Lupu. Il Giovedì santo le autorità hanno vietato l'accesso alla
chiesa inchiodando le porte e, quando la gente si è riunita
all'esterno, è stata subito dispersa con la forza. In serata,
raggruppatisi nelle strade per recitare il rosario, i fedeli sono
stati di nuovo dispersi e picchiati da un centinaio di agenti.
Arabia
Saudita
Considerandosi
un'estensione dello haram, la terra santa, ogni pratica di un
culto che non sia quello musulmano, anche in forma privata, è
vietata. Per riunirsi in sicurezza, i più fortunati tra i 600mila
cristiani immigrati nel regno devono ricorrere ai più vari
stratagemmi oppure si trovano costretti a costituire gruppi
clandestini di preghiera o di studio della Bibbia che si
riuniscono in case private. La partecipazione a queste riunioni
non è, ovviamente, senza rischio con i mutawa'in (la polizia
religiosa) sempre in agguato. La scoperta di materiale
non-islamico come rosari, croci, immagini sacre e Bibbie porta
all'arresto. Si calcola che nel solo periodo 1990-1993, ben
trecentoventinove cristiani siano stati arrestati, puniti ed
estradati per questo «reato».
Nepal
Il
governo non registra ufficialmente le Chiese e non garantisce il
rispetto del loro diritto di proprietà. Non solo. Secondo un
recente dispaccio dell'agenzia Asia News, i cristiani nepalesi
denunciano continui attacchi nelle zone rurali del Paese. Un
leader cristiano ha parlato di un irruzione nel villaggio di
Gorkha, durante la quale alcune famiglie cristiane sono state
molestate e sfrattate. Secondo i media, l'episodio di Gorkha
testimonia la crescente ostilità degli indù verso il
cristianesimo. Sul Kantipur Weekly, un giornalista ha accusato i
cristiani di indebolire la cultura indù del Paese con i loro «complotti
per la conversione» e «pratiche di adescamento» preannunciando,
nel caso non dovesse cambiare la situazione, la nascita di
organizzazioni fondamentaliste indù sul modello indiano.