È
scioccante, ma vero. Scioccante per due ragioni: la prima,
l'avvenimento in se stesso; la seconda, la
sostanziale indifferenza con cui vengono accolte
notizie enormi come queste. Dal 1935 al 1996, a
230mila persone, al 90% donne, "la Svezia negò il diritto
di riprodursi, "nel quadro di un programma basato su
teorie eugenetiche" e per ragioni "di
igiene sociale e razziale"": così scrive Stefania
Di Lellis su la Repubblica del 30 marzo scorso. "La
denuncia -
prosegue la giornalista dell'importante quotidiano
italiano - arriva dal rapporto della commissione di
inchiesta guidata dal professor Carl-Gustaf Andren
che ha comunicato proprio in questi giorni i risultati di
quattro anni di indagini al ministro degli Affari
sociali di Stoccolma Lars Engqvist.
Le leggi del 1934 e del 1941 furono votate grazie al
consenso generale di tutti i partiti politici - si
legge nella relazione - ma la passività e il silenzio
del Parlamento e del governo alle critiche fatte dal 1947 a
questa politica hanno indubbiamente permesso che
negli anni '60 e '70 individui fossero sterilizzati a
loro insaputa o senza il loro assenso" [Cfr.STEFANIA DI
LELLIS, Sterili per ragion di Stato 230mila vittime in
Svezia,in la Repubblica, del 30-3-2000, p. 20].
È la seconda volta che questa notizia fa breccia sulla
stampa. La prima fu alla fine dell'agosto del 1997,
quando di alcune prime rivelazioni parlò Francesco
S. Alonzo sul Corriere della Sera riprendendole dal quotidiano
liberale svedese Dagens Nyheter [Cfr. FRANCESCO S.ALONZO,Svezia,sterilizzazioni
per la razza, in Corriere della Sera, del 25-8-1997, p. 7. In
quei giorni, anche la RAI riprese la questione mandando in
onda un breve e piuttosto insulso servizio in uno dei
suoi notiziari serali. Pure Stefania Di Lellis
rimanda a queste prime rivelazioni che stanno alla base dell'istituzione
della Commissione d'inchiesta presieduta da Carl-Gustaf Andren].
Tre anni fa, veniva ipotizzato che nel Paese nordico
fossero state
sterilizzate "solo" 60mila persone "perché
- annotava Alonzo - ritenute ritardate mentali,
patologicamente apatiche o semplicemente appartenenti a famiglie
numerose o povere" e "solo" fra il 1935 e il
1976. Invece, il professor Andren rivela oggi che l'eugenismo
razziale-razzista della Svezia
- attuato con tanto di istituti a tale scopo
specificamente preposti - è proseguito ben oltre
quel 1976 in cui - scrive Di Lellis su la Repubblica - "entrò
in vigore una legge che rendeva obbligatorio il sì degli
interessati. Ora però viene chiarito che gli interventi
sono continuati a
pieno ritmo anche successivamente: ben 166mila furono
praticati tra il '76e il '96".
Scioccante è che la notizia rimbalzi ad anni di distanza
mentre nessuno sembra minimamente darsene pensiero.
Scioccante è che tranquillamente la Svezia continui
la sua "allegra" campagna contro l'uomo e che
nessuno si stracci le vesti sui media, nelle piazze e
nei parlamenti nazionali e internazionali per gridare
allo scandalo come invece si fa su altre questioni più
consone allo spirito liberal dell'Occidente nell'era del
"politicamente corretto". Scioccante e schifoso.
Per di più, fra Corriere della Sera dell'agosto 1997 e la
Repubblica del marzo 2000, si apprende che, accanto
ai decenni di eugenismo socialdemocratico perpetrati
dalle "autorità svedesi", va annoverato l'identico
in Danimarca, Norvegia, Finlandia, Austria, Svizzera, Canada e
Stati Uniti d'America: "si ha notizia - annota la
collega di la Repubblica - di 40mila casi in Norvegia
(dal 1934), 6mila in Danimarca (dal 1919), 15mila nei
manicomi francesi. E campagne simili furono condotte anche in
Canada, Austria, Stati Uniti".
Da la Repubblica trascrivo: ""Piccole le
differenze rispetto alle regole imposte dai nazisti
tedeschi", sottolineava il Dagens Nyheter. Hitler e i
suoi volevano migliorare la razza, mentre a muovere gli
scandinavi sarebbero state soprattutto motivazioni di
carattere economico: si mirava a ridurre il rischio
di produrre cittadini non sani che potessero in futuro
gravare sulla società.
Gli Anni Cinquanta rappresentarono il momento della
svolta: si passò -precisa il rapporto della Commissione
Andren - "da una maggioranza di sterilizzazioni
forzate a una maggioranza di sterilizzazioni con
consenso,dall'applicazione delle teorie eugenetiche e di
preservazione della razza a un programma di
pianificazione familiare e di coesione sociale, dall'interesse
collettivo all'interesse individuale".
Il numero dei consensi però non deve trarre in inganno.
Pesanti pressioni sono state esercitate per
convincere le "malate" a firmare le autorizzazioni.
A chi faceva resistenza potevano essere negati i sussidi statali
o sottratti i figli avuti in precedenza.
Le minoranze etniche vittime di discriminazioni sociali
non furono
risparmiate. Tra i 600 e i 700 zingari furono sterilizzati
- ha appurato la commissione di inchiesta - e 22 di
questi "per motivi puramente razziali".
"Quello che accaduto è una barbarie", commentò
nel '97 l'allora ministro degli Affari sociali Margot
Wallstroem annunciando indennizzi per quanti fossero
stati in grado di provare di essere stati operati senza
consenso.
Il pool di Andren nel gennaio del '99 ha quantificato in
circa 40 milioni di lire a testa la somma da mettere
a disposizione delle vittime. Ma finora appena poche
centinaia di persone sono andate a reclamare il prezzo delle
menomazioni di Stato".
[segue]
Marco Respinti
(c) Percorsi