L'ORRORE DELL'OLOCAUSTO HA MOLTI RESPONSABILI
Condannare lo sterminio degli ebrei non è solo doveroso: è ovvio e
sacrosanto; non lo si farà mai abbastanza. Il punto è che l'iterazione con
cui si celebra la condanna nelle nostre scuole rischia di apparir una sorta
di cerimoniale monotono, privo di arricchimento e di approfondimento.
Compiti in classe, proiezioni a catena della solita Schildler's List (come
se fosse - e non è - un documentario storico attendibile), fervorini
retorici e accademici. Sappiamo tutti, in realtà, come a tutto ciò stanno
reagendo molti ragazzi: anche se non osiamo dirlo ed essi stessi,
interrogati al riguardo dai giornalisti e dai telegiornalisti, negano e
fanno la faccia seria, quella delle interrogazioni.
Già il basso numero degli studenti che hanno scelto di svolgere il tema
dovrebb'essere una spia allarmante, un segnale di saturazione. E un segnale
ulteriore dovrebb'essere il carattere debole, superficiale, conformistico
di troppi svolgimenti. E allora, che fare? Rinunziar a parlare dello
sterminio degli ebrei e passare ad altro? No, certo: anche se personalmente
auspico una più approfondita visione storica del XX secolo, che includa
anche altri massacri: e che ai massacri non si fermi.
Il punto è che bisogna andar oltre la presentazione della materia com'è
stata proposta fin qui. Da una parte gli orrori dei nazisti, dall'altra,
semmai, il silenzio del papa e della Chiesa cattolica. Altroché. Se la
tragedia consumatasi negli anni della guerra - ma avviata ben prima - si
fosse fondata su questi due ingredienti, il secondo dei quali è a mio
avviso molto contestabile, forse l'Olocausto non sarebbe stato la tragedia
che invece, purtroppo, è stata. C'è stata anche la complicità dei
collaborazionisti, certo (ferocissimi gli ungheresi).
Ma c'è stato ben altro. E una notiziola apparsa sui giornali alla fine di
giugno e rapidamente abbuiata lo ricorda. Esiste orma la prova certa -
400.000 pagine di documenti riservati nei soli archivi pubblici
statunitensi - che i governi britannico e americano (chiamiamoli anche per
nome: Churchill e Roosevelt) sapevano perfettamente, almeno dal '43, che
cosa stava accadendo in Germania e nei territori occupati dai nazisti.
L'Intelligence Service inglese e l'Office for Strategic Services americani
avevano scrupolosamente raccolto intercettazioni di documenti,
testimonianze d'internati e di scampati. Forse, chi doveva saperne proprio
pochino era il povero Mussolini confinato sul Lago di Garda e guardato a
vista: ma sospettava. Relativamente poco sapevano i cittadini tedeschi
qualunque, gravati dalle privazioni della guerra, impauriti e disinformati.
Sapeva molte cose Francisco Franco, che con migliaia di passaporti spagnoli
salvò migliaia di vite di ebrei. Ma i governi inglese e statunitense non
mossero un dito. Eppure, la sola informazione anche a scopi propagandistici
di quell'orrore sarebbe stata una bomba in faccia ai nazisti. Macché. Radio
Londra tacque.
Fin dal 1939, novecento profughi ebreo-tedeschi imbarcati sulla nave "Saint
Louis" erano dovuti tornare in Germania perché nessun porto europeo li
aveva accolti. Nel 1941, gli Usa diminuirono la quota degli immigrati
ammessi e il Congresso rifiutò di accettare ventimila bambini ebrei fuori
quota; un progetto svedese per salvare altrettanti bambini ebrei fu
respinto nel '43 dal Dipartimento di Stato di Washington. Il governo
britannico ignorò perfino l'appello dell'arcivescovo di Canterbury affinché
si abbandonasse il sistema delle "quote d'immigrazione", vista l'emergenza.
Una tristissima storia di complicità, se non di correità. Che sarebbe da
approfondire. O c'è ancor oggi qualche padrone del vapore internazionale
che preferisce abbuiare tutto e limitare le colpe al solo mostro hitleriano?
di Franco Cardini
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