CRITICA  LOCALE

LA  LETTERA  DI  RALPH  NADER

( nostra esclusiva la versione italiana )

 [22 gennaio 2010]

Distribuitela, grazie

La Corte Suprema e i costi della politica*

Di Ralph Nader

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Una decisione 5-4 di ieri della Corte Suprema USA in Citizens United contro Election Commission ha stracciato la struttura della nostra democrazia già debole permettendo alle corporations di dominare in modo più completo il nostro processo elettorale corrotto.

E’ oltraggioso che le corporations già tentino di influenzare o di corrompere i nostri candidati politici con i loro comitati d’azione politica (PACs), i quali sollecitano i dipendenti egli azionisti a fare donazioni.

Con tale decisione, le corporations possono versare ora direttamente grandi somme di denaro aziendale, con spese indipendenti, nella palude elettorale già inondata dai dollari di sostegno della campagna del PAC aziendale. Senza l’approvazione dei loro azionisti, le corporations possono premiare o intimidire la gente che si candida a livello locale, statale e nazionale.

Molte delle 183 pagine della sentenza chiedono ai lettori di entrare in un mondo di fantasia e di seguire la logica contorta del Giudice Kennedy, che scrisse la sentenza della Corte con il giudice capo Roberts e i giudici Scalia, Alito e Thomas.

Immaginate la maggioranza che dice “il Governo non può reprimere un discorso politico sulla base dell’identità aziendale dell’oratore.”

Forse il Giudice Kennedy non ha sentito che il settore finanziario investì oltre $5 miliardi per acquisire influenza politica a Washington nel decennio scorso, con 3.000 lobbisti che ottennero la deregulation e altre decisioni politiche che condussero direttamente all’attuale collasso finanziario, secondo le 231-pagine del rapporto titolato: “Sold Out: How Wall Street and Washington Betrayed America” (vedi: WallStreetWatch.org). Il Center for Responsive Politics riferisce che lo scorso anno la Chamber of Commerce USA spese $144 milioni per influenzare il Congresso e i parlamenti statali.

Il Center ha riferito anche le grandi spese lobbiste del Pharmaceutical Research and Manfacturers of America (PhRMA) che spesero $26 milioni nel 2009.

Anche imprese farmaceutiche come Pfizer, Amgen ed Eli Lilly versarono decine di milioni di dollari nel lobbismo federale nel 2009.

Pure il gruppo d’affari della tutela sanitaria, l’America’s Health Insurance Plans (AHIP) spese vari milioni in lobbismo al Congresso.

Non stupisce che il sistema del Single Payer health – sostenuto dalla maggioranza del paese, dottori e sanitari – non si muova al Congresso.

Anche imprese energetiche come ExxonMobil e Chevron sono forti spendaccione. Non stupisce che abbiamo una politica energetica nazionale che è per il fossile e fa poco per sostenere il rinnovabile (Vedi OpenSecrets.Org). Non stupisce che abbiamo il miglior Congresso che il denaro possa comprare. Penso che il Giudice Kennedy ritenga che le corporations che sommergono i membri del Congresso con i contributi elettorali vogliano avere maggiore influenza nell’arena elettorale.

Lo spendere milioni per influenzare il Congresso e il dare aiuti PAC ingenti forse non basta alla maggioranza della Corte Suprema.

Il precetto dei cinque giudici attivisti è stato troppo perfino per il Senatore Repubblicano John McCain, il quale ha commentato che era turbato dalla loro “estrema ingenuità”.

C’è una luce di speranza e un tocco di realismo nella decisione di ieri della Corte Suprema.

Sfortunatamente essi sono nelle 90 pagine di potente dissenso sul caso del Giudice Stevens unito ai Giudici Ginsburg, Breyer e Sotomayor.

Il Giudice Stevens conosce il potere delle corporations nella nostra economia politica.

Il Giudice Stevens trova “assurdo pensare che il Primo Emendamento proibisca ai parlamenti di registrare l’identità aziendale di uno sponsor di appoggio elettorale:”

Egli dice chiaro che: “l’ordine della Corte minaccia di minare l’integrità delle istituzioni elette di tutta la Nazione”.

Lui nota che le Basi della nostra Costituzione “hanno confuso un po’ la distinzione tra corporations ed esseri umani; e quando approvarono la libertà di parola nel Primo Emendamento, era il libero discorso degli Americani che avevano in mente”.

Ha ragione, le parole “corporation” o “company” non sono nella nostra Costituzione.

Il giudice Stevens conclude il suo dissenso così:

“In fondo, l’opinione della Corte è un rifiuto del senso comune degli americani che riconobbero una necessità di prevenire le corporations se minassero l’auto governo sin dalla fondazione e che lottarono contro il potenziale corruttivo caratteristico della propaganda elettorale aziendale fin dai tempi di T. Roosevelt. E’ uno strano momento per ripudiare tal senso comune. Dato che la democrazia USA è imperfetta, pochi fuori dalla maggioranza di questa Corte avrebbero pensato alle sue crepe includendo una penuria di denaro aziendale nelle politiche.”

In realtà, tale decisione a maggioranza, aziendale e contro l’elettore è così estrema da galvanizzare uno sforzo di base per emendare la costituzione con semplicità e per sempre terminando il personalismo aziendale e ridurre l’impatto corrosivo del denaro sulle politiche.

E’ il momento di prevenire la contribuzione elettorale aziendale per non commercializzare le nostre elezioni e non affogare le voci e i valori dei cittadini e degli elettori.

Non perdiamo l’occasione di rovesciare “Re Corporation” e ristabilire la sovranità di “Noi la gente!”

Ricordate quelle corporations, salvate dallo stato, sono i nostri servi, non i nostri padroni.

La legge sostenuta dal Senatore Richard Durbin (D-IL) e dal Rappresentante John Larson (D-CT) incoraggerebbe piccole donazioni di dollari senza limiti per gli individui e aiuterebbe i candidati con fondi pubblici in cambio del rifiuto dei contributi aziendali o di quelli privati superiori ai 100 dollari.

E’ anche l’ora delle risoluzioni dell’azionista, impresa per impresa, per dirigere i consigli di amministrazione aziendali per controllare e non usare il denaro dell’impresa direttamente a favore o contro i candidati alle elezioni. Se voi volete unirvi agli sforzi per bloccare le concessioni aziendali che la Corte Suprema fece ieri, visitate Citizen.Org e freespechforpeople.org.

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*Il titolo è una nostra scelta, l'originale ne era privo

Tradotto da F. Allegri il 28/04/2010

[January 22 2010]

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(Senza Titolo)

By Ralph Nader

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Yesterday's 5-4 decision by the U.S. Supreme Court in Citizens United v. Federal Election Commission shreds the fabric of our already weakened democracy by allowing corporations to more completely dominate our corrupted electoral process.

It is outrageous that corporations already attempt to influence or bribe our political candidates through their political action committees (PACs), which solicit employees and shareholders for donations.

With this decision, corporations can now directly pour vast amounts of corporate money, through independent expenditures, into the electoral swamp already flooded with corporate campaign PAC contribution dollars. Without approval from their shareholders, corporations can reward or intimidate people running for office at the local, state, and national levels.

Much of this 183 page opinion requires readers to enter into a fantasy world and accept the twisted logic of Justice Kennedy, who delivered the opinion of the Court, joined by Chief Justice Roberts, and Justices Scalia, Alito, and Thomas.

Imagine the majority saying the “Government may not suppress political speech based on the speaker's corporate identity.”

Perhaps Justice Kennedy didn't hear that the financial sector invested more than $5 billion in political influence purchasing in Washington over the past decade, with as many as 3,000 lobbyists winning deregulation and other policy decisions that led directly to the current financial collapse, according to a 231-page report titled: “Sold Out: How Wall Street and Washington Betrayed America” (See: WallStreetWatch.org). The Center for Responsive Politics reported that last year the U.S. Chamber of Commerce spent $144 million to influence Congress and state legislatures.

The Center also reported big lobbying expenditures by the Pharmaceutical Research and Manufacturers of America (PhRMA) which spent $26 million in 2009.

Drug companies like Pfizer, Amgen and Eli Lilly also poured tens of millions of dollars into federal lobbying in 2009.

The health insurance industry trade group America's Health Insurance Plans (AHIP) also spent several million lobbying Congress.

No wonder Single Payer Health insurance - supported by the majority of people, doctors, and nurses - isn't moving in Congress.

Energy companies like ExxonMobil and Chevron are also big spenders. No wonder we have a national energy policy that is pro-fossil fuel and that does little to advance renewable energy (See: OpenSecrets.Org). No wonder we have the best Congress money can buy. I suppose Justice Kennedy thinks corporations that overwhelm members of Congress with campaign contributions need to have still more influence in the electoral arena.

Spending millions to lobby Congress and making substantial PAC contributions just isn't enough for a majority of the Supreme Court.

The dictate by the five activist Justices was too much for even Republican Senator John McCain, who commented that he was troubled by their “extreme naivete”:

There is a glimmer of hope and a touch of reality in yesterday's Supreme Court decision.

Unfortunately it is the powerful 90 page dissent in this case by Justice Stevens joined by Justices Ginsburg, Breyer, and Sotomayor.

Justice Stevens recognizes the power corporations wield in our political economy.

Justice Stevens finds it “absurd to think that the First Amendment prohibits legislatures from taking into account the corporate identity of a sponsor of electoral advocacy”.

He flatly declares that, “The Court's ruling threatens to undermine the integrity of elected institutions across the Nation”.

He notes that the, Framers of our Constitution “had little trouble distinguishing corporations from human beings, and when they constitutionalized the right to free speech in the First Amendment, it was the free speech of individual Americans that they had in mind”.

Right he is, for the words “corporation” or “company” do not exist in our Constitution.

Justice Stevens concludes his dissent as follows:

“At bottom, the Court's opinion is thus a rejection of the common sense of the American people, who have recognized a need to prevent corporations from undermining self government since the founding, and who have fought against the distinctive corrupting potential of corporate electioneering since the days of Theodore Roosevelt. It is a strange time to repudiate that common sense. While American democracy is imperfect, few outside the majority of this Court would have thought its flaws included a dearth of corporate money in politics.”

Indeed, this corporatist, anti-voter majority decision is so extreme that it should galvanize a grassroots effort to enact a simple Constitutional amendment to once and for all end corporate personhood and curtail the corrosive impact of big money on politics.

It is time to prevent corporate campaign contributions from commercializing our elections and drowning out the voices and values of citizens and voters.

It is way overdue to overthrow “King Corporation” and restore the sovereignty of "We the People!”

Remember that corporations, chartered by the state, are our servants, not our masters.

Legislation sponsored by Senator Richard Durbin (D-IL) and Representative John Larson (D-CT) would encourage unlimited small-dollar donations from individuals and provide candidates with public funding in exchange for refusing corporate contributions or private contributions of more than $100.

It is also time for shareholder resolutions, company by company, directing the corporate boards of directors to pledge not to use company money to directly favor or oppose candidates for public office. If you want to join the efforts to rollback the corporate concessions the Supreme Court made yesterday, visit Citizen.Org and freespeechforpeople.org.

La nostra associazione ha ripreso a far parte della redazione allargata della trasmissione "Anno Zero" e fa parte dei 100 siti resistenti selezionati a suo tempo dal movimento contro il conformismo televisivo.

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