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Giri di vite e giri di soldi

(diario della crisi: 2010 - Ventiquattresimo mese di SESSANTA minimo)

P.S. qualcuno vocifera di un ventennio critico

Il 2010 sarà un anno difficile e duro (speravo di no)

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Il punto sulla crisi europea

11/02/2010

Di F. Allegri

Avevo detto l’anno scorso che era possibile un fine gennaio difficile, invece non è stato così perché le speculazioni predatorie sono arrivate ad inizio febbraio. Sbagliavo di 10 giorni?

In pratica sì, ma ho indovinato il fatto che tutto sarebbe avvenuto di venerdì, come sempre! Questi sono film di terza visione e di questo fatto ho parlato nel 2008 e non fu per caso che indovinai il fallimento di Lehman con 2 mesi di anticipo!

Io penso che il posticipo dell’attacco alle economie in difficoltà sia dovuto anche alla tragedia di Haiti, ma questa è un’opinione personale difficile da dimostrare.

Preferisco interrogarmi sulle cause e gli sviluppi di questa crisi e parlerò delle difficoltà di appartenere all’UE per i paesi del PIGS: Portogallo, (Italia e/o Irlanda), Grecia e Spagna.

L’Unione Europea resta legata al NAFTA e lo fa con la forza e le scelte oculate della potenza economica tedesca. Con queste premesse si può capire la passività che la caratterizza, il suo non fare e il lasciare sole quelle nazioni in difficoltà. Io credo che un’Unione unità e coesa uscirebbe tutta e insieme dalla crisi, anche questa è una mia opinione. Secondo molti analisti questi problemi metteranno alla prova l’esistenza stessa di tale organizzazione, ma su questo, da spettatori, possiamo solo attendere per verificare!

Un vecchio proverbio ci dice che non tutto il male viene per nuocere e ad esempio io saluto con favore la svalutazione dell’Euro che dopo tanti mesi è tornato sotto quota 1,40 e questo serve alle nostre piccole imprese che esportano. E’ una bombola di ossigeno, non di più.

Non illudiamoci, sull’Europa e la sua moneta è in corso una leggera malattia, nulla di più! Sono tutti problemi superabili. Sono gli Stati Uniti il grande malato internazionale e il suo virus si chiama globalizzazione ovvero la fuga in Cina e ovunque dei suoi stabilimenti gestiti da milionari apolidi poi il loro bipolarismo apparente fa il resto.

L’Europa è in crisi perché è divisa, ha un parlamento europeo burocratico e preoccupato per falsi problemi come il riscaldamento del pianeta (ho appena saputo che questo inverno è il più freddo degli ultimi 20 anni) o, peggio, impegnato da questioni secondarie e spesso ideologiche. La priorità sarebbe certa: contrastare la Cina!

Questa dittatura aiuta le sue partecipate (51% a loro 49% agli apolidi internazionali) e contemporaneamente tiene basso il valore della sua moneta e controlla la circolazione della massa monetaria stessa. Anche Obama ha criticato di recente questo secondo aspetto del problema.

L’Europa poteva fare 2 scelte costituite entrambe di due aspetti connessi:

1) Svalutare l’euro e aiutare le imprese;

2) mettere dazi alle importazioni e valorizzare i nostri prodotti nazionali con la tracciabilità dei cicli produttivi.

Io non sono contrario alla prima opzione e nemmeno alla seconda che è la mia preferita.

Non molti sanno che il mondo politico europeo ha scelto un mix modesto delle due politiche ovvero i due aspetti secondari in quantità modesta.

Sugli aiuti alle imprese abbiamo visto il ritorno al principio dei figli e dei figliastri ovvero il te sì e il te no. Sulla tracciabilità ho già scritto tante volte, è stata adottata dal parlamento, ma diverrà operativa tra 3 anni: si poteva fare in 3 mesi.

L’UE non ha svalutato per aiutare gli USA e non ha messo dazi perché le lobby europee più importanti hanno in Cina molti stabilimenti. Le multinazionali non hanno più una nazionalità di riferimento, quando va bene è doppia, ma spesso esse sono apolidi di fatto.

Per queste stesse ragioni la UE non ha contrastato la precarietà del lavoro, anzi questa politica è favorevole sia agli USA che alla Cina. E qui che il gigante economico europeo diventa un nano politico prigioniero delle ideologie del secolo scorso. La crisi europea è meno grave solo perché il vecchio continente è più indietro (rispetto agli USA) nel suo percorso di auto – distruzione.

Come svoltare? Proteggere l’economia europea e torniamo a parlare di lavoro fisso e di salari minimi garantiti, anche alla faccia dell’Europa. Nulla di più e neanche di meno!

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