Igiene degli alimenti: la legge 155 e le sue
applicazioni
L’HACCP: analisi dei rischi e punti critici di
controllo
di Elisabetta Maccaroni
Forse ancora tutti non sanno che in Italia è in vigore dal 26 Maggio
1997 il decreto legislativo n°155 riguardante l’igiene degli
alimenti. In particolare tale decreto è il frutto del recepimento di
due direttive CEE la 93/43 e la 96/3 con cui l’Italia ha
adeguato la propria legislazione sull'igiene alimentare a quella
applicata, già da diversi anni, nel resto degli stati membri.
Tale decreto, però, ancora non si può considerare attuato perché la
maggior parte degli esercizi in cui si manipolano alimenti è ancora
"fuori legge". Questo è dovuto sia ad una mancanza di
informazione sia al nostro modo di vedere le cose: siamo ancora lontani
dall’adeguarci a tali norme perché non siamo educati ad una cultura
di questo tipo.
L'operatore del settore alimentare, con l’entrata in vigore di
questa legge, deve affrontare problemi molto impegnativi e molto vari
tra di loro. In questo campo ci sono stati allarmismi eccessivi perché
la legge suddetta non è una legge con intenti repressivi, ma educativi
e migliorativi sia per i consumatori, che per gli operatori. Uno dei
problemi più gravoso e complesso, apparso negli ultimi tempi, è quello
del sistema dell'autocontrollo (HACCP che sta per Hazard
Analysis Critical Control Point cioè Analisi dei rischi e punti
critici di controllo). La pubblicazione della legge 155 che lo
istituisce ha creato paure, reazioni negative e tanta confusione, per la
mancanza di conoscenza dell'oggetto in causa e per cattivi consigli.
L'innovazione fondamentale introdotta dal sistema dell’autocontrollo
consiste nella responsabilizzazione del titolare dell'azienda alimentare
che deve svolgere quel controllo esercitato finora dagli organi di
vigilanza. Il responsabile dell'azienda alimentare, effettua in ogni
stadio della lavorazione, un monitoraggio pianificato dall'ingresso
delle materie prime all'uscita del prodotto finale. Effettuando un
controllo sistematico sulle fasi del suo processo, egli ha la
possibilità di rilevare eventuali anomalie o non-conformità, e può
quindi intervenire tempestivamente eliminando il prodotto sospetto prima
che giunga al consumatore. Per raggiungere questo risultato occorre
formare e coinvolgere tutti i membri dell'azienda, dal vertice alla base
affinché collaborino al controllo del processo produttivo.
Si tratta in breve di predisporre uno schema di autocontrollo basato
su uno studio del prodotto, sulla sua pericolosità reale o potenziale,
allestendo un monitoraggio della filiera produttiva attraverso schede di
controllo. Il considerevole vantaggio di questo sistema, è quello di
individuare con grande rapidità la fuoriuscita dei parametri di
sicurezza di un prodotto in fase di lavorazione e, pertanto, di
consentire la tempestiva adozione di adeguate misure correttive, il che
comporta anche un notevole contenimento dei costi; infatti, prima che il
metodo si diffondesse, l’eventuale dannosità di un prodotto veniva
rivelata a ciclo produttivo completato (campioni ed analisi effettuati
dall’azienda o dall’autorità sanitaria) e, talvolta, quando già
erano avvenute la distribuzione e la vendita (a seguito di denunce di
tossinfezioni); ciò determinava un consistente rischio di malattie per
i consumatori e, per l’azienda produttrice, la perdita dell’intera
partita nonché rilevanti danni di immagine. Laddove sia in funzione un
valido piano HACCP, invece, la regolarità del prodotto viene colta al
suo insorgere e vengono rapidamente messe in atto tutte le misure più
opportune per l’eliminazione del problema.
L’adeguamento a tali norme comporta però dei costi notevoli,
perché è necessario adeguare tutti i locali (compresi gli spogliatoi e
i bagni degli operatori) e i macchinari alle norme di igiene contemplate
nella legge. Per una grande industria i costi si riescono facilmente ad
ammortizzare, ma già per un piccolo produttore i costi sono troppo
grandi da sostenere. Molto spesso accade quindi che i piccoli produttori
preferiscono pagare multe più che adeguarsi a tali normative.
Non bisogna poi dimenticare che la legge 155 è la tanto contestata
legge che, se fosse attuata alla lettera, porterebbe all’estinzione di
tutti quei prodotti tipici regionali, che la maggior parte delle volte
sono prodotti senza le norme igieniche previste dalla legge e che
rendono così ricco il panorama culinario del nostro Paese.
Per la salvaguardia di tali prodotti, il Regolamento recante norme
per l’individuazione dei prodotti tradizionali, uscito con decreto del
Ministero per le Politiche Agricole e Forestali n. 350 dell’8
settembre 1999, istituisce l’elenco nazionale dei prodotti
agroalimentari tradizionali e permette alle aziende produttrici dei
prodotti tipici di ottenere delle deroghe sull’igiene alimentare.
Con tale provvedimento si ha uno strumento in più oltre le
denominazioni d’origine per poter valorizzare e tutelare i prodotti
tipici delle nostre regioni: si stima che sia stato stilato un elenco di
2000 prodotti tipici: probabilmente non tutti riusciranno a far parte
dell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali ma pur
con i tagli sarà sempre un bel numero, ben superiore al centinaio di
prodotti DOP (denominazione di origine protetta) e IGP (indicazione
geografica protetta) riconosciuti per il nostro paese.
La legge comunitaria del 1999 però, non ne consente l'esportazione,
né la commercializzazione, al di là del luogo di produzione. Quindi,
è ammessa la commercializzazione di tali prodotti soltanto se venduti
direttamente al consumatore finale, nell'ambito della provincia della
zona tipica di produzione, da parte del produttore, di un consorzio di
produttori o di organismi o associazioni di promozione degli alimenti
tipici. Al divieto fanno eccezione i prodotti tradizionali individuati
con il Regolamento recante norme per l’individuazione dei prodotti
tradizionali.
L’articolo 59 della Finanziaria del 2000 prevede per garantire la
promozione della produzione agricola biologica e di qualità, che le
istituzioni pubbliche, mense scolastiche e ospedali, utilizzino nelle
diete giornaliere i prodotti biologici, tipici e tradizionali nonché
quelli a denominazione protetta. Ma, in questo caso tutti i pubblici
esercizi, le collettività e le mense dovranno conservare tali prodotti
in modo tale da non contaminare quelli ordinariamente soggetti a
controllo secondo il sistema HACCP; inoltre, dovranno avvertire la
clientela che il prodotto non è stato sottoposto alle suddette
verifiche.
Breve nota storica.
Il metodo HACCP nasce e viene messo a punto negli Stati Uniti,
durante gli anni ‘60, come insieme di procedure volte a garantire l’assoluta
sicurezza dei cibi utilizzati dagli astronauti durante le missioni
spaziali ed, in particolare, durante il progetto Apollo che portò l’uomo
sulla luna.
Da quel momento il sistema HACCP si è diffuso dapprima nelle grandi
industrie alimentari americane, e successivamente in quelle di tutto il
mondo, in virtù della sua capacità di essere applicato in qualunque
ciclo produttivo conservando sempre una notevole efficacia.