Santa Lucia e il
Viceregno.
Di Clara Matteis
Don Pietro di Toledo fu certamente una figura
significativa per Napoli, soprattutto per l’opera di rinnovamento
edilizio alla quale si dedicò. Fissando una tassa sul vino, il viceré
reperì i fondi per poter procedere alla prima pavimentazione di Napoli;
fortificò le coste per difenderle dalle sempre più frequenti scorrerie
dei pirati barbareschi; mentre iniziavano i lavori per la strada che da
lui prese il nome che oggi si chiama via Roma, allargò, le mura della
città e diede inizio alle opere nella zona di Santa Lucia e del famoso
vicolo del pallonetto, proprio a monte del quartiere.
Nel 1536 fu,dunque, aperta la celebre strada,che
divenne una delle preferite dai popolani per le loro passeggiate;ai lati
di essa furono man mano innalzate abitazioni per lo più di pescatori.L’incremento
edilizio fu tale che la vecchia chiesa di S.Lucia non bastò più,
perciò, nel 1576, poco distante da questa né fu costruita un’altra
che prese il nome di S.Maria della Catena: la chiesa, deve il proprio
nome, alla vicenda che narra di tre innocenti siciliani che, nel 1390,
portati al supplizio, elevando una preghiera alla Vergine videro le
catene sciogliersi.
Alla fine del 1500, via Santa Lucia divenne una
strada talmente importante, tra l’altro vi era stata installata la
piazza d’armi dell’arsenale, che il viceré Enrico Guzman conte di
Olivares fece abbattere le vecchie casupole di pescatori e si adoperò
per congiungerla al centro: fu aperta così via Guzmana. L’intera zona
fu meglio valorizzata nel 1600, quando, approntato Palazzo Reale, fu
costruito accanto alla chiesa di Santa Lucia, dove oggi c’è il
comando marittimo, la "Panatica", in altre parole l’edificio
in cui si fabbricavano il pane e i biscotti per i marinai. Più tardi la
zona fu abbellita con la costruzione di fontane e giardini.
Il terzo vicerè che legò in modo significativo il
proprio nome a quello di S.Lucia fu il cardinale Gaspare Borgia il quale
nel 1620, acquistate a proprie spese le casupole ormai fatiscenti dei
pescatori, allargò notevolmente la strada e la separò dal mare con una
grossa muraglia.
Il risultato dei lavori fu così soddisfacente che
molti nobili, primi fra tutti i Carafa e i Macedonio, vollero innalzare
lì i propri palazzi gentilizi.
La strada negli anni seguenti fu ancora migliorata
con la costruzione di altre fontane e altri giardini, con un raccordo
verso quella che oggi è chiamata via Chiatamone e con un ponte in
muratura che la unì a Castel dell’Ovo.
Si cercò di farne il luogo di incontro della buona
società napoletana, ma, nonostante il fiorire dei più lussuosi
alberghi napoletani, Santa Lucia apparteneva al popolo di pescatori che
da quelle sponde aveva tratto le prorie radici.
Non c’è dubbio però, che l’opera dei vicerè
vide i suoi frutti; anche Napoli, infatti, da sempre decantata da
scrittori e poeti, divenne meta del famoso Grand Tour.