IL VALORE CORPO
É bello ciò che è
bello… o ciò che appare?
di Ferdinando Dolce .
«Cogito, ergo sum!»: non vi sembra suonino male queste parole?
Oggi, infatti, si parla molto, moltissimo del corpo e della sua
somaticità, del sesso, della bellezza fisica e delle capacità
atletiche. E pensare che fino a qualche secolo fa, c’era chi, come
Cartesio, era arrivato a percepire la dignità e l’essenza dell’uomo
nell’unicità e nella profondità del suo saper pensare.
Chi saprebbe concepire oggi una tale interpretazione della dimensione
umana?
Alla luce di tale modo di pensare sembrerebbe che attualmente l’uomo
moderno stia decisamente puntando sul cavallo perdente. In effetti,
sarebbe paradossale che una qualunque entità trascuri proprio quella
che è la sua essenza, ovvero, non è pensabile che un essere umano non
curi la propria persona: una tale situazione condurrebbe ad un antitesi
assurda, ad un cammino di annientamento autonomo!
In realtà, non credete anche voi, come me, che le cose, in qualche
modo, stiano andando proprio così?
Mi spiego.
La personale impressione è che, pur prescindendo dal valore
ontologico del corpo, la cultura contemporanea stia letteralmente
limitando la potenzialità umana ad uno spettro d’azione decisamente
troppo stretto. Anche se andava apportato un deciso correttivo alla
visuale platonico-cartesiana dell’uomo che, vertendo tutto sull’anima,
sul pensiero e sulla ragione, finiva col mortificare totalmente la
realtà corporea, bisogna ammettere che l’attuale visione sensistica e
materialistica commette l’errore assai più grave di identificare l’uomo
col corpo.
Paradossalmente, curando il corpo, l’uomo sta finendo col
trascurare la sua persona!
Le conseguenze di tale identificazione dell’uomo sul corpo sono
spaventose, tanto più che penetrano nella prassi della vita quotidiana.
Per essa il corpo è diventato la norma principale, il criterio che
distingue l’umano da ciò che non lo è: è buono ciò che giova e
piace al corpo, è cattivo ciò che è contrario ai suoi istinti. Sempre
più il corpo diviene strumento di comunicazione per un linguaggio
decisamente catalogato; è l’immagine, oramai, l’imminente delle
preoccupazioni ed, ancor più gravemente, tra i parametri più
importanti di giudizio e valutazione; la "moda", intesa in
senso lato, è troppo spesso il fine delle nostre scelte ed il motore
delle nostre azioni.
Dalla stessa quantificazione somatica della realtà umana deriva la
giustificazione di crimini come l’aborto e l’eutanasia: si tratta di
una soppressione legittima di un corpo che o è troppo piccolo (nel caso
dell’aborto) o troppo malandato (nel caso dell’eutanasia).
Qual è il valore che effettivamente il corpo ha nell’uomo?
Il corpo, certamente, non è qualcosa di accidentale, ma una
componente sostanziale, essenziale ed insostituibile. In quanto elemento
sostanziale della realtà, il corpo partecipa del valore assoluto dell’uomo.
Però il corpo è inferiore all’anima sia sul piano assiologico che
ontologico: è il corpo che riceve dall’anima l’atto dell’essere!
Gesù dice: «Molto meglio che un uomo si privi di un occhio o di una
mano ed ottenga la salvezza dell’anima, anziché li conservi col
rischio di andare a finire nella Geena eterna!».
Che sia chiaro: anche il corpo fa parte della progettualità umana,
ragion per cui anch’esso va coltivato adeguatamente, in vista di una
piena e completa realizzazione personale. Appare evidente, infatti, che
il progetto uomo rivelato da Cristo con la sua risurrezione dalla morte,
il progetto vero a cui siamo chiamati e destinati, implica la
consacrazione della dimensione corporea a valore perenne: come tale va
intesa e non certamente considerata quale valore prioritario!