LO STRESS…CHE MALE CHE FA!
di Simona Baldanza
Sono lontane le dispute filosofiche sull'unità o la
divisione del sistema corpo/mente.
Oggi più che mai i fenomeni psichici e corporei sono
interpretati secondo un approccio multifattoriale, in cui le varie
componenti interagiscono, s'influenzano e si determinano a vicenda. Non
ha più senso parlare di un livello psicologico e di uno biologico
distintamente. La persona va considerata nella sua interezza, che
comprende il proprio vissuto, la sua storia, la sua personalità e
l'ambiente in cui essa nasce, cresce, vive.
In questo complesso panorama, il sistema immunitario
diventa il nodo cruciale di scambio tra gli eventi socio-ambientali e
quelli somatici.
Qui vogliamo occuparci degli specifici effetti che
produce lo stress sulla psiche e sul corpo.
Abbiamo già visto, a proposito dell'ansia da esame,
come lo stress rappresenti una reazione adattativa dell'organismo a
specifici stimoli ambientali. Fin dagli anni trenta H. Selye aveva
definito lo stress come una "risposta biologico-comportamentale non
specifica dell'organismo ad ogni richiesta effettuata su di esso".
Agli inizi degli anni 70 J. Mason ipotizzò che la reazione biologica di
stress fosse sempre mediata da un'attivazione dell'organismo di tipo
emozionale, elaborata a livello anatomo-fisiologico. Secondo R. Lazarus,
invece, più che la valutazione emozionale dello stimolo, quel che
determina la risposta da stress è la sua valutazione cognitiva
effettuata da quella specifica persona, in quel momento e in quella
situazione. Come si vede, la reazione di stress è tutt'altro che
aspecifica.
Lo stress coinvolge diversi meccanismi
nell'organismo, in particolare i tre sistemi biologici adattivi: il
sistema nervoso neurovegetativo, il sistema nervoso endocrino ed il
sistema immunitario. E' soprattutto quest'ultimo a rappresentare il
crocevia di fenomeni emotivi e cognitivi e la loro influenza sulle
reazioni tipicamente fisiologiche del nostro organismo. Recenti ricerche
hanno dimostrato la sua sensibilità agli stimoli emozionali e
psicosociali, mettendo in evidenza la concomitanza tra il verificarsi di
eventi stressanti acuti o cronici, le disfunzioni immunitarie e
l'insorgenza di malattie quali asma, dermatiti allergiche, artrite
reumatoide, colite ulcerosa. Il sistema immunitario, infatti, attraverso
una depressione o un'iperattività delle sue funzioni, può condizionare
l'insorgenza di patologie tra loro eterogenee. L'azione di eventi
stressanti sulle difese immunitarie è resa possibile dall'attività del
sistema nervoso autonomo che svolge la funzione di un ponte tra la
componente immunitaria e quella psichica. E' stata scoperta la presenza
di recettori per la noradrenalina e l'acetilcolina, due importanti
neuromediatori, sulle membrane dei linfociti B e T. Questi
neurotrasmettitori sono particolarmente sensibili agli stimoli
psicosociali, è quindi possibile ipotizzare che in situazioni
emotivamente rilevanti il sistema nervoso autonomo possa influenzare la
reattività delle cellule immunitarie.
L'effetto dello stress sul sistema immunitario,
però, si verifica anche ad un secondo livello che vede coinvolto il
sistema endocrino. Quando si verifica uno stress, si ha la liberazione
di particolari ormoni prodotti sia dal sistema nervoso centrale sia
dalle ghiandole surrenali, detti appunto "ormoni dello stress"
(cortisolo e catecolamine). Questi ormoni, però, oltre a preparare
l'organismo ad essere efficiente per un'eventuale fuga in caso di reale
pericolo, se presenti in modo continuativo nell'organismo, provocano un
abbassamento delle difese immunitarie.
Quindi, un prolungato stress ci rende più
vulnerabili alle malattie. Una dimostrazione di ciò è data da vari
studi, tra cui uno condotto su soggetti che avevano da poco perso il
partner, i quali hanno mostrato una significativa diminuzione della
risposta dei linfociti T. In un'altra ricerca è stata riscontrata una
maggior probabilità di contrarre malattie di vario tipo in studenti
universitari proprio nella settimana che precedeva il sostenimento di un
esame.
In realtà, la situazione è ancor più complessa.
Non tutti i tipi di stress, infatti, sono nocivi, e, soprattutto, non lo
sono per tutti allo stesso modo. Per quanto riguarda le varie tipologie
di stress, Holmes e Rahe negli anni 60 hanno messo a punto una scala
gerarchica dei vari eventi stressanti che vanno dal più grave, la morte
del coniuge, al meno grave, lievi violazioni della legge. Recentemente,
hanno assunto importanza eventi apparentemente trascurabili, i
cosiddetti "hassles", cioè le seccature quotidiane, che a
quanto pare, se troppo frequenti e numerosi, possono avere un peso
equivalente ad un importante evento di vita. Tra l'altro, se pensiamo ad
una giornata-tipo di un uomo del terzo millennio, non sarà difficile
accorgersi di come essi siano comuni: dal traffico delle ore di punta
alle interminabili code agli sportelli.
A questo punto, però, occorre considerare la
reazione specifica di ogni persona ai vari stress in relazione alle
diverse personalità. Possiamo avere da un lato reazioni di riluttanza
ai cambiamenti, intolleranza alle frustrazioni, scarso impegno, scarso
controllo, che possiamo riassumere in un'unica modalità, quella della
bassa resistenza allo stress. Dall'altro lato troviamo entusiasmo per le
novità, partecipazione attiva agli impegni, coinvolgimento nella
propria vita emozionale, fiducia nelle proprie capacità di cambiare le
situazioni, che indichiamo come elevata resistenza allo stress. Da vari
studi sperimentali, è stato notato che le persone con bassa resistenza
allo stress si ammalano più spesso di quelle con alta resistenza.
Inoltre, il livello di resistenza interagisce con gli eventi stressanti
che una persona può sperimentare nel corso della propria vita, così
che in presenza di un elevato numero di eventi la probabilità di
contrarre malattie di vario genere raddoppia nelle persone con bassa
resistenza rispetto a quelle con elevata resistenza. Intervengono anche
altre variabili nella regolazione del rapporto malattia-resistenza allo
stress, come il sostegno sociale, che tende a far diminuire la
probabilità di contrarre malattie. Da quanto detto è chiaro che più
delle reali condizioni di stress è la modalità di affrontarlo che
riveste la maggiore importanza. A questo proposito ricordiamo che ognuno
presenta una tendenza più o meno spiccata nell'affrontare le
difficoltà, che chiamiamo stile di coping. Da uno studio condotto sugli
studenti universitari, è emerso che quelli con buona capacità di
coping presentano una migliore situazione immunologica dopo aver
affrontato numerosi eventi stressanti. Alcune caratteristiche di
personalità dispongono meglio l'organismo anche di fronte ad una
malattia già esistente. In un gruppo di pazienti affette da cancro alla
mammella, hanno avuto maggiori probabilità di guarigione quelle che si
mostravano più ottimiste e coraggiose nei confronti della malattia.
La correlazione riscontrata tra alcuni tratti di
personalità e il rischio di contrarre malattie potrebbe infondere
eccessivi entusiasmi, sfociando nell'illusione di poter identificare un
giorno la "personalità del canceroso o dell'iperteso",
ammesso che questo sia un reale vantaggio per tutti noi. E' innegabile,
però, l'influenza che il nostro modo di essere possa avere sulla
gestione dello stress e in un tenore di vita dove i ritmi e le richieste
diventano sempre più pressanti e ci spingono ad accelerare sempre di
più i tempi delle nostre attività, può essere utile fermarsi a
riflettere su come ci poniamo di fronte alle difficoltà e agli stress
di cui è costellata la nostra vita.