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IL SERVO E IL PADRONE

di Stefano Santasilia

 

"Francesco…Francesco…dimmi chi vuoi servire, il servo o il padrone?", così o pressappoco in questo modo Dio si rivolse a Francesco d’Assisi durante il sonno. Certamente nessuno di noi è testimone reale di questo episodio e le conseguenze delle decisioni che il figlio del mercante prese di conseguenza sono note a tutti. Certo nessuno storico può univocamente asserire che tale domanda, che Francesco d’Assisi dichiara essergli stata posta, sia l’unico reale motivo dei ripensamenti e della conversione di quello che poi sarebbe stato il fondatore di un così importante orine monastico quale quello francescano. In questa sede non ci interessa intraprendere una critica storica tanto meno ci soffermeremo sulla vita del santo di Assisi, quello che realmente serve allo scopo della nostra riflessione è la frase che inizia tale articolo, anzi sono le due categorie, quella del servo e quella del padrone. Cosa caratterizza il "servo" e cosa il "padrone"? Al di là di ogni analisi filosofica della dialettica e della contrapposizione che storicamente si è instaurata e potrebbe ancora instaurarsi tra queste due categorie, tentiamo di capire cosa le differenzia nell’ambito dell’esistenza umana.

Certo il servo e il padrone, perché sia possibile la loro esistenza, devono essere legati, appunto dal legame di servitù e padronanza. Infatti, non può esistere servo se non v’è un padrone, né un padrone se nessuno è al suo servizio. Ora però la domanda posta da Dio a Francesco, domanda che potrebbe essere posta da chiunque, senza per questo togliere a Dio la sua divinità con le caratteristiche che essa implica, mostra come la relazione di servitù si possa instaurare anche tra un servo ed un’altra persona, in tal caso chi prima era servo, diventa padrone. Il nuovo padrone però, potrebbe essere definito come un padrone di secondo grado, oltretutto, di cosa è realmente padrone? Il vero padrone, possiede tutto e le sue proprietà sono messe nelle mani del servo affinché ne usufruisca, ma il servo comunque non ne risulta il proprietario. Così chi si fa servo del servo, attribuendogli così il titolo di padrone, in realtà instaura una relazione falsata, perché si fa servo di chi non ha nulla. Certo farsi servo di un fratello, per umiltà, non è un errore, in realtà però quando ci si fa servi del fratello, quest’ultimo non diventa mai il nostro padrone, noi siamo sempre servi dell’unico padrone, che in questo caso ci invita a servire anche l’altro servo, cioè il fratello. Così Francesco comprende che nessun uomo è veramente padrone, cosa possiede realmente l’uomo? Domanda spinosa! Che forse non esiste la proprietà privata? Certo che esiste! Ma l’uomo, cosa possiede in realtà, al di fuori di tutti i vincoli giuridici e sociali, istituiti per mantenere la pacifica (?) convivenza?

Forse l’unico vero possesso dell’uomo è la sua stessa persona…eppure sembra che l’uomo non sia capace di dominare in maniera completa il suo corpo e la vitalità che lo anima…sembra, andando fino in fondo, che l’uomo, qualunque uomo, non possieda realmente nulla per sua propria virtù…

Ma tutto questo che significa? Certo può significare tante cose…delle quali una subito salta prepotentemente all’attenzione della mia cattiva coscienza…l’uomo domina la vita e la morte? O meglio, possiede la fonte della vita, può dare arbitrariamente la vita e la morte ogni volta che lo desidera? La risposta a tale domanda implica la risoluzione di tantissime questioni: la pena di morte, l’eutanasia, l’aborto ecc. ecc.

Ora, certo non è questa la sede, almeno in questo caso, per scendere in un caso particolare. Ogni caso ha le proprie specifiche connotazioni e, last but not least, motivazioni…eppure è necessario guardare al principio al quale si devono attenere tali motivazioni. Non voglio ostentare una rigidezza morale che non sarebbe buona in nessun caso, quello più mi preme è porre all’attenzione di tutti la "sacralità della vita". Sacralità che non è di per sé legata alla dimensione religiosa (anche se può certamente esserlo), ma che rappresenta il campo in cui non può estendersi il dominio dell’uomo. È l’impossibilità di questo dominio che dovrebbe far riconoscere all’uomo il suo stato di servitù, che non è sottomissione ma solo riconoscimento del suo non possesso della fonte dell’esistenza. Ora sicuramente ci sarà un padrone che potrebbe essere Dio, il caso, la vita stessa, la natura…ad ognuno il suo preferito…certo è che non è l’uomo, almeno a mio parere e in caso contrario spero che almeno me ne si dia la dimostrazione. Ecco che si mostra in tutta la sua evidenza l’attualità della domanda che apre l’articolo: chi voglio servire realmente, il servo o il padrone? Quando arbitrariamente agisco sulla vita chi sto servendo? Quali possono essere le motivazioni e in questo caso le giustificazioni per continuare a servire il servo? Può sembrare una riflessione cinica, astratta, poco legata al problema nella sua applicazione pratica…certo è che servire il padrone esige sacrificio e Francesco d’Assisi ce lo ha mostrato con estrema chiarezza.

 

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