"Francesco…Francesco…dimmi chi vuoi servire,
il servo o il padrone?", così o pressappoco in questo modo Dio si
rivolse a Francesco d’Assisi durante il sonno. Certamente nessuno di
noi è testimone reale di questo episodio e le conseguenze delle
decisioni che il figlio del mercante prese di conseguenza sono note a
tutti. Certo nessuno storico può univocamente asserire che tale
domanda, che Francesco d’Assisi dichiara essergli stata posta, sia l’unico
reale motivo dei ripensamenti e della conversione di quello che poi
sarebbe stato il fondatore di un così importante orine monastico quale
quello francescano. In questa sede non ci interessa intraprendere una
critica storica tanto meno ci soffermeremo sulla vita del santo di
Assisi, quello che realmente serve allo scopo della nostra riflessione
è la frase che inizia tale articolo, anzi sono le due categorie, quella
del servo e quella del padrone. Cosa caratterizza il "servo" e
cosa il "padrone"? Al di là di ogni analisi filosofica della
dialettica e della contrapposizione che storicamente si è instaurata e
potrebbe ancora instaurarsi tra queste due categorie, tentiamo di capire
cosa le differenzia nell’ambito dell’esistenza umana.
Certo il servo e il padrone, perché sia possibile la
loro esistenza, devono essere legati, appunto dal legame di servitù e
padronanza. Infatti, non può esistere servo se non v’è un padrone,
né un padrone se nessuno è al suo servizio. Ora però la domanda posta
da Dio a Francesco, domanda che potrebbe essere posta da chiunque, senza
per questo togliere a Dio la sua divinità con le caratteristiche che
essa implica, mostra come la relazione di servitù si possa instaurare
anche tra un servo ed un’altra persona, in tal caso chi prima era
servo, diventa padrone. Il nuovo padrone però, potrebbe essere definito
come un padrone di secondo grado, oltretutto, di cosa è realmente
padrone? Il vero padrone, possiede tutto e le sue proprietà sono messe
nelle mani del servo affinché ne usufruisca, ma il servo comunque non
ne risulta il proprietario. Così chi si fa servo del servo,
attribuendogli così il titolo di padrone, in realtà instaura una
relazione falsata, perché si fa servo di chi non ha nulla. Certo farsi
servo di un fratello, per umiltà, non è un errore, in realtà però
quando ci si fa servi del fratello, quest’ultimo non diventa mai il
nostro padrone, noi siamo sempre servi dell’unico padrone, che in
questo caso ci invita a servire anche l’altro servo, cioè il
fratello. Così Francesco comprende che nessun uomo è veramente
padrone, cosa possiede realmente l’uomo? Domanda spinosa! Che forse
non esiste la proprietà privata? Certo che esiste! Ma l’uomo, cosa
possiede in realtà, al di fuori di tutti i vincoli giuridici e sociali,
istituiti per mantenere la pacifica (?) convivenza?
Forse l’unico vero possesso dell’uomo è la sua
stessa persona…eppure sembra che l’uomo non sia capace di dominare
in maniera completa il suo corpo e la vitalità che lo anima…sembra,
andando fino in fondo, che l’uomo, qualunque uomo, non possieda
realmente nulla per sua propria virtù…
Ma tutto questo che significa? Certo può significare
tante cose…delle quali una subito salta prepotentemente all’attenzione
della mia cattiva coscienza…l’uomo domina la vita e la morte? O
meglio, possiede la fonte della vita, può dare arbitrariamente la vita
e la morte ogni volta che lo desidera? La risposta a tale domanda
implica la risoluzione di tantissime questioni: la pena di morte, l’eutanasia,
l’aborto ecc. ecc.
Ora, certo non è questa la sede, almeno in questo
caso, per scendere in un caso particolare. Ogni caso ha le proprie
specifiche connotazioni e, last but not least, motivazioni…eppure è
necessario guardare al principio al quale si devono attenere tali
motivazioni. Non voglio ostentare una rigidezza morale che non sarebbe
buona in nessun caso, quello più mi preme è porre all’attenzione di
tutti la "sacralità della vita". Sacralità che non è di per
sé legata alla dimensione religiosa (anche se può certamente esserlo),
ma che rappresenta il campo in cui non può estendersi il dominio dell’uomo.
È l’impossibilità di questo dominio che dovrebbe far riconoscere all’uomo
il suo stato di servitù, che non è sottomissione ma solo
riconoscimento del suo non possesso della fonte dell’esistenza. Ora
sicuramente ci sarà un padrone che potrebbe essere Dio, il caso, la
vita stessa, la natura…ad ognuno il suo preferito…certo è che non
è l’uomo, almeno a mio parere e in caso contrario spero che almeno me
ne si dia la dimostrazione. Ecco che si mostra in tutta la sua evidenza
l’attualità della domanda che apre l’articolo: chi voglio servire
realmente, il servo o il padrone? Quando arbitrariamente agisco sulla
vita chi sto servendo? Quali possono essere le motivazioni e in questo
caso le giustificazioni per continuare a servire il servo? Può sembrare
una riflessione cinica, astratta, poco legata al problema nella sua
applicazione pratica…certo è che servire il padrone esige sacrificio
e Francesco d’Assisi ce lo ha mostrato con estrema chiarezza.
Filosteve