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F O R U M      Napoli 15 marzo 2001

C’è patria e Patria.

Il Presidente Ciampi si sta sforzando di risuscitare negli italiani il senso della patria. E non si vede perché non si possa essere d’accordo con lui. Sì, viva la patria! Il problema sta però nell’intendere cosa sia la patria. Hanno tentato di rispondere al quesito, in questi giorni, sui giornali a tiratura nazionale, alcuni scrittori o uomini di un certo peso culturale ma non è che, almeno così sembra a noi, siano riusciti a dire cose veramente convincenti. Segno che il tema o è lontano dai pensieri comuni di oggi o è soggetto a varie, e a volte, discordanti interpretazioni.

Noi ci chiediamo e vi chiediamo: cos’è la patria? Meglio ancora : cos’è per te la patria? Vale la pena risuscitare un’idea e una realtà ormai morta? Naturalmente la domanda la poniamo principalmente ai giovani e ci piacerebbe se potessimo suscitare un confronto civile e appassionato. Sono i giovani, che forse più di tutti, ignorano il problema o ne hanno un’idea troppo vaga e approssimata. Tuttavia se gli adulti vogliono illuminarci sul tema li ascoltiamo ben volentieri. Soprattutto se ci parlano della loro esperienza della patria.

Noi tentiamo di dare, qui, adesso, una nostra libera lettura senza nessuna pretesa di assoluta verità in attesa che voi diciate la vostra.

Sembra ovvio che il discorso presupponga una distinzione essenziale: cosa si debba intendere in astratto con il concetto di patria; e cosa debbano intendere oggi gli italiani con questo concetto. Sì, perché noi dobbiamo chiederci come mai questa idea di patria è così lontana o estranea o addirittura avversata in Italia? Appare evidente che se gli italiani hanno questa sorta di idiosincrasia verso la patria è perché vi sono state troppe patrie a cui sono stati sollecitati a credere negli ultimi due secoli almeno, e nessuna era veramente tale. Ci dispiace per i fanatici del Risorgimento, che pure vanta nobili ideali e uomini eminenti, ma la patria del Risorgimento si riduce poi all’unità geografica e statuale della nazione. Ma la Patria è un’altra cosa. Non basta l’unità, per di più forzata e imposta da una parte sull’altra, per dire che c’è la Patria. Diversamente come si spiega questa convinzione diffusa a distanza di un secolo e mezzo tra il popolo del Sud di avere subita una grossa ingiustizia con l’unità d’Italia? Si ha un bel da dire, ma al Sud la gente le pensa ancora così, oggi. E poi perché esiste ancora la questione meridionale se l’unità fosse stata compiuta nella giustizia? E ancora, che razza di patria era quella che veniva fuori dalle guerre risorgimentali se poi mandava via i poveri cafoni del Sud (per la verità non solo loro) a guadagnarsi pane e lavoro in terre lontane e straniere? Era la patria dei ricchi e dei borghesi non degli italiani. Di conseguenza, alla fine del diciannovesimo secolo, vennero i socialisti, fino all’avvento del fascismo e diffusero l’idea che la patria è lì dove uno si guadagna il pane. Italia o Francia o America fa lo stesso. Il fascismo si sforzò di evidenziare che la patria è fatta anche del sangue che scorre nelle vene, della storia del proprio passato, della lingua che si parla, dell’orgoglio nazionale che oppone patria a patria e non importa se opprime i popoli deboli delle colonie. Ma questo non bastava. Soprattutto perché era fatto con l’imposizione forzata delle proprie idee, con la privazione della libertà di pensiero, incitando all’odio degli altri popoli e, perché no, ancora una volta, malgrado le parole, a vantaggio della borghesia. Tuttavia molti credettero al fascismo e si riconobbero in quella patria imperiale e fascista. La sconfitta della seconda guerra mondiale fece aprire loro gli occhi sulle proprie illusioni e li allontanò salutarmente dall’idea di patria fondata sul potere della forza. Purtroppo non tutti capirono la lezione e bisogna dire che ancora oggi vi è un certo numero di cultori di tale idea. Infine la guerra partigiana oppose italiani ad italiani e di nuovo la violenza, la cattiveria, la crudeltà da una parte e dall’altra ebbero il sopravvento. I comunisti vincitori, da allora in poi, per quasi quarant’anni, hanno preteso di imporre o con la violenza o con la paura o con la minaccia della rivoluzione le loro idee su una maggioranza che si è difesa ostinatamente come ha potuto, ma il risultato è stato che non si è più parlato di patria. Una patria dove si vive nel terrore di essere ucciso, giustiziato, privato dei propri beni da un momento all’altro, da parte di coloro che dovrebbero essere tuoi concittadini e tuoi compatrioti è una vera patria? E siamo così arrivati all’ ottantanove. Siamo ai nostri giorni. Lasciamo da parte Bossi e compagni, chi ci sa dire cos’è la patria? O come dovrebbe essere la patria se veramente la vogliamo costituire? Anzi direi meglio: se la vogliamo fondare? Ma si fonda una patria? La patria non appartiene al cuore e non alla ragione? E poi il proverbiale, millenario internazionalismo degli italiani, frutto dell’idea imperiale e cattolica di Roma Mater gentium è compatibile con l’idea di patria?

***Nando Dolce.

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