Viaggio tra i più potenti veleni
naturali.
Tubocurarine.
Le sostanze con cui iniziò la cura medica.
Di Gabriella Rizzuti
La prima sostanza usata come farmaco per il blocco
della funzione neuromuscolare scheletrica fu la tubocurarina. Appartiene
al gruppo delle droghe curariformi, sostanze con proprietà
chimiche uguali a quelle del curaro. Le tubocurarine hanno la capacità
di agire come antagonisti, annullando l’azione di un altro agente, sui
recettori della placca del muscolo scheletrico. Vengono anche chiamate
"bloccanti neuromuscolari". Sono utilizzate in chirurgia,
nelle preparazioni farmaceutiche disponibili in commercio, per indurre
un rilassamento muscolare completo, evitando gli effetti depressori dell’anestesia
profonda sul sistema respiratorio e sul sistema vasomotore.
Un po’ di storia
Le tubocurarine venivano e vengono tuttora utilizzate
dagli indigeni dell’Amazzonia per paralizzare le prede durante le
battute di caccia mediante l’utilizzo di frecce avvelenate. Fu proprio
un italiano, il Prof. G.B. Marini Bettolo, chimico organico presso l’Università
"La Sapienza" di Roma, che intorno agli anni 40 riuscì ad
isolarle da alcune frecce provenienti dal Sud America, nonostante le
tecniche analitiche per la determinazione di queste sostanze fossero
agli albori della sperimentazione.
Dopo la scoperta, il farmaco venne purificato e
introdotto nella pratica clinica.
Naturalmente oggi queste sostanze sono state
sostituite da analoghi sintetici (con strutture piuttosto pesanti e
grandi), che hanno aumentato notevolmente la sicurezza dell’anestesia,
poiché ne è sufficiente una quantità inferiore per indurre
rilassamento muscolare.
Meccanismo d’azione.
Queste sostanze a basse dosi inibiscono la
contrazione del muscolo, poiché competono con l’acetilcolina a
livello dei recettori, impedendo così la trasmissione dell’impulso
nervoso; per questo vengono anche chiamati bloccanti competitivi.
Ad alte dosi provocano un grosso indebolimento della trasmissione
neuromuscolare. Ma non tutti i muscoli sono ugualmente sensibili all’effetto
della tubocurarina.
I muscoli ad essere paralizzati per primi sono quelli
piccoli: i facciali, gli oculari e quelli della dita, di seguito i
muscoli degli arti, del collo, del tronco, intercostali ed infine il
diaframma, tutti resistenti alle basse dosi. Tuttavia non bisogna
dimenticare che tutte le sostanze naturali sono velenose: "è la
dose che fa di una sostanza un veleno" (Paracelso), così
anche una dose elevata di tubocurarine può provocare il blocco della
respirazione (bloccando i muscoli del diaframma), soffocamento e morte.
Curiosità.
Il nome tubocurarine prende spunto dal metodo
di conservazione di queste sostanze, che sono presenti nella resina di
alcune piante dell’America del Sud. Dopo l’estrazione la resina,
raccolta dai fusti di alcune piante, viene conservata dentro
"tubi" ricavati anche questi da piante. Sono note anche le vasocurarine,
sostanze chimicamente diverse ma con azioni simili alle precedenti, le
quali diversamente dalle prime vengono conservate in vasi di argilla.