La lotta contro le malarie infettive ha radici storiche
e i progressi raggiunti per debellarle sono stati lodevoli, tanto che i
ricordi del vaiolo e della poliomielite ormai sono stati consegnati alla
storia.
Tuttavia, da queste vittorie perseguite, nascono delle
gravi e ingiustificabili lacune, sia nella distribuzione dei vaccini
creati per distruggere le medesime malattie che nella prevenzione delle
stesse. Sto parlando del 20 per cento dei bambini ancora esclusi dalle sei
vaccinazioni – contro tetano, pertosse, rosolia, poliomielite,
difterite, tubercolosi- nonché dei milioni di persone che muoiono a causa
delle malattie infettive per le quali non esiste ancora un vaccino sicuro.
Agli inizi degli anni novanta si cominciava ad
affacciare la possibilità di introdurre sul mercato dei vaccini poco
costosi (essendo il prezzo alto uno dei problemi condizionanti la
diffusione), facilmente accettabili dalla gente perché somministrabili
per via orale. Era ancora una idea, ma questa cominciò a serpeggiare
nella testa dei ricercatori allo scopo di sfruttare una delle applicazioni
delle Biotecnologie. Cioè l’idea era quella di creare delle tecniche
per introdurre dei geni selezionati all’interno delle piante affinché
le stesse potessero facilmente produrre dei vaccini selezionati per
combattere una specifica malattia.
Dall’inizio di quella magnifica intuizione, sono
stati effettuati numerosi tests su animali e tests preliminari anche sull’uomo:
i risultati hanno portato alla conclusione che i "vaccini
commestibili" possano funzionare.
Uno degli obiettivi più importanti da raggiungere
però, sarebbe quello di creare vaccini commestibili che possano
sopprimere il processo dell’autoimmunità, cioè quel processo secondo
il quale le difese dell’organismo non riescono più a riconoscere i
tessuti non infetti, attaccandoli come se lo fossero. Questa a dire il
vero è una lacuna presentata anche dagli attuali vaccini oggi in uso e
sarebbe una delle conquiste più formidabili quella di riuscire, se non a
rendere nullo, almeno a mitigare l’effetto dell’autoimmunità dell’organismo.
Ma qual è lo scopo della somministrazione di un
vaccino?
Quella di rendere il sistema immunitario dell’organismo
pronto a riconoscere e distruggere eventuali agenti patogeni (virus) con
cui può venire a contatto nel mondo esterno.
Ciò è possibile perché il vaccino porta con sé un
organismo patogeno attenuato, che quando viene a contatto con il sistema
immunitario, rende quest’ultimo in grado di produrre delle sostanze
liberate da cellule specifiche del nostro organismo, in grado di
distruggere l’invasore. Molte di queste cellule conserveranno, nella
loro memoria, il ricordo dell’invasore presentato dal vaccino al sistema
immunitario, e quando verranno in contatto seriamente con l’invasore di
cui hanno conservato il ricordo, saranno in grado di debellarlo liberando
tutto l’esercito di sostanze offensive.
Alcuni dei vaccini che conosciamo devono essere
somministrati solo una volta nella vita, altri invece, come per esempio
quello del tetano e del colera, devono essere somministrati
periodicamente. Inoltre c’è da tenere presente che i vaccini classici
presentano il rischio che gli agenti patogeni di cui sono portatori
ritornino in vita perché il processo di attenuazione non è stato
efficace al cento per cento. Questo come prima dicevo potrebbe essere un
rischio per i tessuti sani dell’organismo e le reazioni ai vaccini
possono essere più o meno serie. Il problema tutt’ora non è stato
risolto.
Una delle domande più ricorrenti nel mondo della
scienza è quella della potenza dei vaccini commestibili. Una volta
infatti che una parte della pianta o frutto sia stato ingerito, chi
assicura che non sia completamente distrutto nel suo viaggio attraverso l’organismo
per arrivare al flusso sanguigno, dal momento che deve superare la
barriera digestiva? Questo è un quesito importante visto che la via di
somministrazione è quella orale e non quella endovenosa. I risultati di
alcune ricerche hanno dimostrato che la parete della cellula vegetale che
veicola il vaccino sarebbe in grado di resistere all’attacco dei succhi
gastrici, ma c’è da tenere presente che i trials clinici nel settore
sono appena cominciati e se i vaccini possano realmente proteggere da
alcune malattie resta ancora da dimostrare.
Inoltre resta ancora un punto a sfavore della tecnica:
quello della quantità di vaccino prodotto da una pianta e della forza
della pianta coltivata in tal senso. Infatti si è visto che una pianta
biotecnologia per il vaccino cresce con difficoltà, cioè cresce molto
lentamente. Si è pensato allora di somministrare alla pianta dei geni
regolatori che possano far produrre le proteine ingegnerizzate per il
vaccino in un momento preciso della loro vita. Gli esperimenti sono tutt’ora
in corso.
C’è da dire comunque che il vegetale più adatto
allo scopo è rappresentato dalla patata. Questo nasce dal fatto che
alcuni vegetali vengono mangiati dopo cottura, e l’elevata temperatura
può effettivamente denaturare il vaccino. Sembra però che in alcuni
paesi, come il Sud America, la patata venga mangiata e preferita cruda.
Perciò i riceratori pensano che il candidato più adatto agli esperimenti
possa essere rappresentato proprio da questo vegetale.
Meno opportuno sarebbe l’utilizzo dei pomodori o o
delle banane, visto che marciscono molto facilmente. Buoni candidati
invece sono le carore, la lattuga le arachidi, la soia .
Un punto finale che vale la pena tenere in
considerazione è la sfida di carattere meno scientifico che accompagna l’ingegnerizzazione
delle piante. Ricordiamo che infatti che i vaccini commestibili rientrano
nel settore delle piante modificate geneticamente. Una compagnia inglese,
la Axis Genetics, che stava finanziando la ricerca in tal senso è
recentemente fallita. Uno dei suoi direttori ha attribuito la vicenda ai
timori dei finanziatori.
Resta quindi un punto fondamentale da affrontare che
consiste nel giudizio dell’opinione pubblica, dell’eticità di alcune
scelte, che la scienza magari non affronta o affronta da un punto di vista
diverso da quello del consumatore o del malato.
E’ quasi fuori di dubbio che le piante produttrici di
vaccini potranno essere coltivate solo se sarà superata la barriera della
coltivazione delle piante ogm, per le quali è ancora in corso una strenua
lotta.