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Considerazioni su Pietro, Marina, Rocco ...e i suoi fratelli.

IN MARGINE AL GRANDE FRATELLO TV

Di Apollo Eburneo.

 

È possibile fare considerazioni sul "GRANDE FRATELLO", evento televisivo del 2000 (pensate, il 90% degli italiani lo ha visto – magari subìto- almeno per qualche minuto!) senza impelagarsi (...scusate il termine!...) in discorsi di moralità e immoralità? In queste poche righe, e solo per questa volta, io ci vorrei provare. Parto un po’ da lontano, seguitemi però.

In america i giornali e le riviste sono pieni di articoli, indagini, riflessioni sulla "TV generation", vale a dire la generazione televisiva, cioè i giovani tra i 18 e i 35 anni, che per quel grande Paese rappresentano un problema vitale e una questione ormai cruciale per il futuro. E infatti, questi giovani ricevono informazioni solo dalla TV, non leggono giornali, libri, sono dichiaratamente e orgogliosamente incolti e primitivi, e poi anche politicamente disimpegnati, disinteressati e indifferenti, e ancora sono psicologicamente sfiduciati e disorientati: insomma, si tratta solo di consumatori privi di identità personale e generazionale, e tra di loro dilaga il fenomeno dei "TECH-ABUTERS", cioè l’uso e l’abuso di tecnologie e di elettrodomestici per vivere o sopravvivere psichicamente(10-12 ore al giorno, o anche di più, di fruizione=abuso). E da noi in Italia come stanno le cose? La sensazione è che –in parte- stiamo allevando in casa nostra una generazione sprofondata nel pragmatismo e nella quotidianità, una generazione di analfabeti delle emozioni, dei sentimenti, una generazione senza pensiero creativo e incapace di comunicare e di relazioni interpersonali a meno che non si tratti di ruoli (familiari, scolastici, bancari, aziendali) e di funzioni (lavorative o burocratiche). Per questo ritengo che il problema dei problemi per il Nostro Paese e per il suo futuro sia quello dell’educazione dei giovani e poi quello di costruire «una cultura giovanile e del tempo libero e del divertimento». Ha scritto stupendamente Padre Bendetto Fulgione (della Cappella Universitaria di Napoli) :«La struttura psiocologica e morale dell’uomo di oggi è sottoposta a sollecitazioni culturali, sociali e di costume talmente formidabili da minacciare l’impianto stesso, non solo della sua visione del mondo, ma anche della sua stessa dimensione umana; mettendo a rischio la sua stessa capacità di percezione del reale e di partecipazione concreta al processo della storia ». Se questo è vero per tutti. Lo è ancor di più per i giovani, insomma per quelli della generazione televisiva italiana, che rischiano di diventare autentici"polli d’allevamento". Ma per fortuna ci si comincia ad interrogare anche tra i giovani stessi, ponendosi domande del tipo «Se uno ama una persona, come si fa a conservare ed alimentare i propri sentimenti e i propri pensieri verso di essa?». Questo oggi per i giovani è un problema: cioè il problema dei vuoti dell’anima, dell’aridità e della durezza del cuore, della ricerca di emozioni per sentire che sei vivo(...ESSE EST PERCEPI di George Berkley?...). Ed i giovani fanno tutto in funzione di questa «massimizzazione del sentimento dell via e dell’energia vitale», tutto serve a questo: la musica, i cibi, il bacio (che però non è più tanto di moda, rispetto a quanto accadeva per le precedenti "generazioni cinematografiche"), la sensualità (vissuta in maniera post-erotica e de-romanticizzata, cioè non più solo «sogno e sentimento e conquista ed evasione», ma sempre più anche la sessualità intesa in modo relazionale, come forma di comunicazione, di incontro, di gioco). Il problema comunque rimane:custodire un amore... come? Custodire un’amicizia... come? E allora bisogna proprio fornire ai giovani occasioni e strumenti perché possano coltivare la loro umanità e trovare ognuno la propria e personale dimensione profonda. Ma una cultura dei giovani oggi, io ritengo, non è proponibile solo in termini di puro atto intellettuale, di puro atto di elaborazione di pensiero o di insegnamento, e nemmeno solo in termini di «proposta di uno stile di vita», ma anche (e forse soprattutto) co la convivenza, con lo stare insieme maestri e giovani, con la condivisione di tempi, momenti, situazioni,azioni,esperienze perché si tratta proprio di «superare l’incapacità di vivere, la solitudine e il non-senso, di imparare a vivere e ad amare, di riuscire a vivere e a sentirsi vivi», partendo da una fragilità e vulnerabilità cardiaca e mentale probabilmente mai vista nella storia umana. E in questa situazione esistenziale, l’indignazione, il perbenismo, il moralismo, il bigottismo di tutte le età, le fedi e le culture non servono a nulla: molto meglio un po’ di maieutica... Socrate ed io la pensiamo così. Si, perché il "pensiero accusatorio" non serve, occorre esercitarsi invece nella "comprensione" e muoversi "all’opera":con energia, realismo e fantasia. Insomma , non p un questione di censurare il Grande Fratello, ma di parlarne in un certo modo, affrontando certi argomenti e suggerendo spunti di riflessione e di ricerca personale. E quindi non è neanche questione di mettere le braghette al Giudizio Universale oppure a Pietro, Rocco, Cristina o Marina. Tra l’altro Marina è una figura femminile sociologicamente molto significativa e interessante... e poi a me piace un sacco sia psicologicamente che esteticamente. Ma se non siete proprio d’accordo con me e ci siete moralmente infastiditi e indignati per questa mia ultima affermazione, non vi resta che organizzarvi per la mia pubblica lapidazione o per il mio autodafé. Sono disponibile e accetto. Ma solo se ci sarà anche marina insieme a me. Saluti irrispettosi, Apollo. Buon anno a tutti!

 

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