Fig
1. Struttura atomica dello iodio
Infatti le acque marine sono ricche di iodio, circa 50-60 microgrammi
(mg) per litro, mentre le acque terrestri: estuari, fiumi, laghi, ne
contengono quantità da 10 a 200 volte inferiori ( 5 - 0.2 mg/L). Una
piccola parte di iodio evapora nell’aria (anche come iodo-metano gassoso)
e precipita nel suolo con le piogge, soprattutto in vicinanza delle zone
costiere. Il ciclo geo-biologico dello iodio, è in parte simile a quello
del selenio. Lo iodio viene captato dalle cellule come ioduro (I-)
soprattutto tramite il NIS (sodium iodide symporter), ma anche altri
trasportatori sono oggi stati identificati. Il NIS è il trasportatore
glicoproteico transmembrana dello ioduro, la cui molecola, nell’uomo, è
stata clonata e caratterizzata da Dai e coll.(1996) e Smanik e coll.(1996).
Essendo presumibilmente molto antico, il NIS è poco specifico e secondo
Wolff (1964) non è in grado di distinguere lo ioduro da altri atomi o
piccole molecole, come i nitrati, i nitriti, i fluoruri, i tiocianati, i
pertecnati ecc., aventi stessa carica elettrica e simili dimensioni
atomiche o molecolari, che sono “in competizione” con lo ioduro,
comportandosi come “pseudo-ioduri”.
La
caratteristica elettrochimica dello iodio è quella di attirare e cedere
facilmente un elettrone (con un potenziale redox di -0.54 Volt). Questa
proprietà lo rende un efficiente donatore-accettore di elettroni, che è
una delle caratteristiche fondamentali delle sostanze antiossidanti.
Infatti:
2
I- à I2 + 2 e- (elettroni) = - 0.54 Volt ;
2
I- + Perossidasi + H2O2 + 2 Tirosina à 2 Iodio-Tirosina + H2O
+ 2 e- (antiossidanti) ;
2
e- + H2O2 + 2 H+ (della soluzione acquosa intracellulare)
à 2 H2O
Tab. A
2
I- + Peroxidase + H2O2 + Tyrosine, Histidine, Lipids, Carbons
à
à Iodo-Compounds + H2O + 2 e- (antioxidants)
Iodo-Compounds: Iodo-Tyrosine, Iodo-Histidine, Iodo-Lipids,
Iodo-Carbons
Tab. B
Tab. A e Tab. B. Meccanismi biochimici antiossidanti degli ioduri,
probabilmente uno dei più antichi meccanismi di difesa dai radicali liberi
dell’ossigeno, già presenti nei Cianobatteri circa 3 miliardi e mezzo di
anni fa’ (Venturi, 1985)
Le
alghe marine sono in grado, tramite enzimi alo-perossidasici, di
catalizzare l’incorporazione dello ioduro in alcuni idrocarburi producendo
iodio-metano gassoso (CH3I) e altri alo-idrocarburi, nella atmosfera.
Secondo Petersén (1996), Colin et al (2003), Gall et al., (2003) Kuepper
e coll. (1998) questa produzione è il risultato della primitiva
fotosintesi, della produzione di ossigeno e della respirazione cellulare,
iniziate oltre tre miliardi di anni fa’; ed è dovuta allo scopo di ridurre
il danno dei radicali liberi dell’ossigeno (ROS), come il perossido di
idrogeno (H2O2), i superossidi ed i radicali ossidrilici. Recentemente una
altra via metabolica è stata descritta, tramite la quale lo ioduro viene
incorporato negli acidi grassi poli-insaturi (PUFA) delle membrane
cellulari, proteggendoli dalle perossidazioni (Cocchi, Venturi, 2000). Sia
le cellule tiroidee che quelle di altri tessuti I-captanti, come le
cellule della mucosa gastrica e delle ghiandole salivari ecc., sono in
grado di produrre "in vitro" mono-iodio-tirosina (MIT) e
di-iodio-tirosina (DIT) legate a proteine e anche alcuni poco conosciuti
iodio-lipidi, che sembrano avere una importante funzione strutturale e
metabolica come secondi messaggeri. In particolare il delta-iodiolattone
(acido 6-iodio-5-idrossi-eicosatrienoico) è un potente inibitore della
proliferazione delle cellule tiroidee e secondo Cann e coll. ( 2000) e
Venturi (2001) gioca anche un ruolo nel controllo antiproliferativo dei
tessuti extratiroidei I-concentranti.
Fig. 2. Iodio ed evoluzione. Più di tre miliardi di anni fa’ le alghe
verdi-azzurre furono le prime cellule procariote a produrre ossigeno
(allora tossico) e iodio-composti, tra cui iodo-metano (CH3I) gassoso,
nella atmosfera terrestre. Da circa 800-700 milioni di anni la tiroxina
(T4) è presente nell’esoscheletro degli invertebrati marini (spugne,
coralli, conchiglie ecc.) senza possedere alcuna conosciuta azione
ormonale. Circa 500-400 milioni di anni fa’, alcuni primitivi cordati
iniziarono a risalire dal mare (ricco di iodio) le acque I-carenti degli
estuari e poi dei fiumi. Circa 400-300 milioni di anni fa’ alcuni di
questi primitivi vertebrati cominciarono ad evolversi in anfibi e poi in
rettili, che poi popolarono
permanentemente l’ habitat terrestre I-carente. Allora questi vertebrati
terrestri ebbero bisogno di un nuovo efficiente organo dove poter
accumulare il poco iodio presente nell’ habitat terrestre: il follicolo
“tiroideo”. I vertebrati cominciarono poi ad utilizzare la T4 come
trasportatore nelle cellule periferiche dello ioduro antiossidante, ed in
seguito iniziarono a utilizzare la T3, grazie a i suoi nuovi recettori.
La T3 divenne così l’ormone attivo nella metamorfosi e nella termogenesi,
per un migliore adattamento al nuovo habitat terrestre (Venturi, 2004).
L’organismo umano contiene circa 25-50 milligrammi di iodio, di cui meno
di 10-15 mg sono presenti nei follicoli della tiroide e meno di 1 mg negli
ormoni tiroidei circolanti. La maggior parte, il 60-70 % di tutto lo iodio
del corpo umano, è presente in sede extratiroidea ed è captato da diversi
organi non-follicolari: stomaco, epidermide, mammella, ghiandole salivari,
arterie, timo ecc. in cui, sembra ormai accertato, svolge una azione
diretta antiossidante, non ormonale, ancora poco conosciuta. Tale azione,
era già presente, secondo Venturi (1985), Petersen e coll. e Kuepper e
coll. più di tre miliardi di anni fa nelle alghe verdi-azzurre (cianobatteri)
e probabilmente ha costituito uno dei più antichi meccanismi antiossidanti
di difesa dai ROS. Infatti queste alghe, ricche di iodio, furono le prime
a produrre ossigeno, fino ad allora assente nella atmosfera terrestre. Per
cui la cellula algale doveva possedere degli antiossidanti, efficaci e
facilmente reperibili, per difendersi dalla tossicità dell’ossigeno. Gli
ioduri, ed il selenio, diffusi e ben reperibili nelle acque marine, hanno
avuto in ciò un ruolo determinante. Infatti, il selenio è presente nelle
perossidasi e nelle deiodasi intracellulari, le quali sono capaci di
estrarre elettroni dagli ioduri, e queste ultime gli ioduri dalle iodio-tironine.
La vita nel nostro pianeta-Terra è iniziata nel mare circa 4 miliardi di
anni fa’, e per tre miliardi e mezzo di anni è stata esclusivamente
marina, solo negli ultimi 300-400 milioni di anni fa’, alcuni esseri
viventi, protetti dai raggi ultravioletti solari dallo scudo dell’ozono
(O3), iniziarono ad emergere dalle acque marine e ad abitare la terraferma
(carente di iodio): prima i vegetali poi gli animali.
Fig. 3. La vita nel nostro pianeta è iniziata nel mare circa 4 miliardi di
anni fa’ e per tre miliardi e mezzo di anni è stata esclusivamente marina,
solo negli ultimi 300-400 milioni di anni, alcuni esseri viventi
iniziarono ad emergere dalle acque marine e ad abitare la terraferma
carente di iodio e di altri antiossidanti marini.
Si
creò allora una grave crisi nutrizionale di iodio, ma anche di selenio e
di altri meno conosciuti antiossidanti “marini”. Infatti, mentre nel mare
tutti gli esseri viventi, potevano utilizzare lo iodio ed il selenio, con
il trasferimento sulla terraferma si è interrotta la catena alimentare
nutrizionale marina che li trasferiva (insieme agli acidi grassi omega-3),
dal fitoplancton fino ai pesci marini.
I vegetali “terrestri” hanno superato questa crisi nutrizionale di
antiossidanti marini, perfezionando ed utilizzando sostanze antiossidanti
alternative, alcune già elaborate negli estuari I-carenti, come i
polifenoli, i flavonoidi, l’acido ascorbico, i carotenoidi, i tocoferoli
ecc. di cui alcuni sono diventati fattori “vitaminici”, essenziali per
l’uomo, come le vitamine C, A, E ecc. Infatti lo iodio non divenne più
indispensabile per diverse specie vegetali terrestri. Alcuni antiossidanti
ebbero una evoluzione “filogenetica” continua fino alle più recenti
sostanze antiossidanti come il licopene e molti polifenoli, carotenoidi
ecc. che si sono sviluppati solo recentemente nei pigmenti colorati
antiossidanti presenti nei fiori e nella frutta delle piante angiosperme (
derivate dalle più antiche piante gimnosperme) che sono comparse sulla
terra solo da circa 200-100 milioni di anni e sono divenute oggi il tipo
di piante più numeroso.
Gli animali, invece, hanno superato questa crisi nutrizionale,
cercando anche di migliorare e di ottimizzare le scarse quantità di iodio
disponibili sulla terraferma, mediante 3 meccanismi adattativi:
1)
la creazione del follicolo tiroideo;
2)
l’utilizzazione della Tiroxina (T4) come trasportatore di ioduri;
3)
la formazione dei recettori della T3 e quindi della sua “nuova” funzione
ormonale.
La
somiglianza tra stomaco e tiroide è dovuta proprio alla comune filogenesi
ed embriogenesi, essendo le cellule “tiroidee” derivate proprio
dall’intestino primitivo, che era ed è capace di captare iodio e formare
composti iodati. Questo spiega le comuni caratteristiche tra cui: la
polarità e i microvilli apicali, la capacità di captare e di secernere
iodio, la secrezione di ormoni aminoacidici e di simili glicoproteine (tireoglobulina
e mucina) e inoltre la capacità di digerire tramite peptidasi e di
riassorbire (tireoglobulina e cibo) ed infine i comuni antigeni di
membrana e le malattie immunologiche associate.
Fig. 4. Metamorfosi dell’ammocete (larva di ciclostoma) in lampreda
adulta, con neoformazione del follicolo "tiroideo" derivato dalle cellule
gastroenteriche della larva. La formazione del follicolo-deposito di iodio
sembra sia originata negli estuari, in preparazione della migrazione
nelle acque dolci (iodo-carenti) dei fiumi terrestri. (da Magni M.A,
1985).
1) La formazione del follicolo tiroideo, che origina infatti
dall’intestino I-captante primitivo, come efficiente forma di deposito
dello iodio (iniziato nei primitivi cordati, sembra negli estuari, prima
di migrare nelle acque interne terrestri I-carenti). E’ proprio grazie al
deposito-riserva di iodio nei follicoli tiroidei, che noi uomini possiamo
vivere per molte settimane senza assumere iodio e senza avere sintomi
clinici di carenza.
2) La utilizzazione della T4, che non è , come gli ioduri, in
competizione (a livello del NIS) con gli anioni monovalenti vegetali, ma
ha un diverso, più moderno e specifico recettore. Infatti, la dieta
vegetale terrestre è ricca di antagonisti dello ioduro sul NIS come i
nitrati, nitriti, tiocianati, cianati, glicosidi ecc. sviluppatisi come
strategia di difesa antiparassitaria. Questo nuovo meccanismo della T4 si
è integrato, senza sostituirlo, a quello più antico del trasportatore
dello ioduro (NIS), che è sempre funzionante, come si può ben vedere
anche nelle I-scintigrafie total-body sotto riportate.
La
tiroxina, che prima veniva spesso secreta ed eliminata dalla cellula
“marina”, diventa così un trasportatore endocellulare dello ioduro, molto
più efficiente, come hanno dimostrato Evans e coll. Ricerche di Tseng e
Latham e di Oziol e coll. hanno documentato, inoltre, un potere
antiossidante ed inibitore della perossidazione lipidica della T4 e della
rT3 (ma non della T3) superiore alle vitamine C ed E ed al glutatione; e
Virgili e coll. hanno riportato che il trattamento con tiroxina protegge
dai danni perossidativi intestinali indotti dalla carenza di zinco nei
ratti. Inoltre gli ioduri difendono le cellule cerebrali dai danni
perossidativi nei ratti ( Katamine, 1985) e sono stati utilizzati nella
terapia di molte malattie umane degenerative su base perossidativa come
arteriosclerosi, vasculopatie, artrosi ecc. in numerosi studi clinici
degli anni ’50 in Europa, in cui a differenza degli USA, non era allora
praticata la iodioprofilassi. Recenti studi stanno oggi evidenziando le
basi biochimiche della azione antiossidante degli ioduri (Winkler e coll).
Secondo
Kahaly (2000) e Hak e coll.(2000) lo iodio e la funzionalità tiroidea sono
importanti nel metabolismo dei lipidi, del colesterolo e nel ridurre l’aterosclerosi
e l’ipertensione, mentre l’ipotiroidismo anche subclinico è oggi ritenuto
causa importante di morbilità cardiovascolare. Recentemente Cann (2006) ha
pubblicato una importante review su “iodio e malattie cardio-vascolari”
riportandone numerose esperienze di efficacia preventiva e terapeutica. La
I-concentrazione nella parete elastica della aorta presente ancora dopo 14
giorni dalla somministrazione di radio-ioduro-131 , visibile nella fig. 9
(in basso) ci fornisce anche, insieme alle proprietà antiossidanti dello
ioduro, un razionale di questa azione anti-aterosclerotica. Venturi ha in
corso di pubblicazione lavori su “ioduro come antiossidante e patologia
orale” e sul ruolo dello iodio nel contesto generale della evoluzione
degli antiossidanti sia nelle cellule vegetali che animali.
3) Infine la formazione dei recettori nucleari della T3 (TH-Rs = geni
e relative proteine), che hanno permesso un migliore adattamento dei
vertebrati all’ambiente terrestre. Infatti, negli anfibi, tramite la
metamorfosi, le branchie si sono lentamente trasformate in polmoni e le
pinne in arti. La maggiore gravità terrestre ha stimolato inoltre la
ossificazione degli arti e dello scheletro. Mentre le maggiori escursioni
termiche terrestri hanno sviluppando l’azione calorigena della T3, come
protezione degli animali terrestri più evoluti: uccelli e mammiferi. E’
importante qui ricordare che i TH-Rs geni sono anche c-erbA oncogeni, che
sono implicati come geni onco-soppressori in diversi tumori umani
non-tiroidei, in particolare gastrici e mammari (Wang et al., 2002; Li et
al. 2002). Nel 2001, Hays ha riportato sulla rivista statunitense
“Thyroid” che “ è sorprendente che il contenuto totale dello iodio nel
corpo umano sia ancora oggi incerto, e che dopo molti anni di ricerche, il
metabolismo cellulare dello iodio ed il pool dello iodio extra-tiroideo
siano ancora materia di speculazione e così pure la composizione chimica
dello iodio extratiroideo sia ancora sconosciuta”. Questa affermazione fa
risaltare le ricerche di Gribble (1996) e di Dembitsky e Tolstikov (2003)
che hanno recentemente descritto più di 110 composti iodati presenti in
organismi viventi animali e vegetali. Le due maggiori specie chimiche
dello iodio presenti nell’interno delle cellule hanno differenti proprietà
fisico-chimiche: lo iodio molecolare (I2) è idrofobo ed è capace di
iodinare i doppi legami degli acidi grassi poli-insaturi delle membrane
cellulari (PUFA), formando iodio-lipidi. Invece l’acido ipoiodico (HOI) è
idrofilo e solubile nell’acqua. Recentemente Aceves e coll. (2005) hanno
riportato, per la prima volta, che la percentuale di radio-iodio presente
negli omogenati di tessuto mammario è del 40 % nella frazione lipidica,
del 50 % nella frazione proteica e del 8 % nella frazione nucleare; e
che negli omogenati di tessuto mammario di ratte la somministrazione di
ioduri diminuisce significativamente la perossidazione lipidica. I pesci
marini (come i selaci) sono ricchi di iodio e hanno anche meno tumori dei
pesci di acqua dolce. Il 7 ottobre 1999 il Comitato del Senato USA ha
ufficialmente dichiarato: “ Il Comitato ha notato la inusuale bassa
incidenza di cancro in pesci marini (ricchi di iodio: NdT) come squali e
razze , per cui incoraggia ricerche sul sistema immunitario di questi
pesci per individuare sostanze anti-tumorali attive anche nell’ uomo”.
Fig. 5. Scintigrafie con I-123 total body sequenziali umane. La
I-captazione in tutti i tessuti captanti è mediata dal NIS delle membrane
cellulari. Nelle scintigrafie si notano oltre alla tiroide, altri tessuti
iodiocaptanti: alla ventesima ora circa il 70 % dello radioiodio iniettato
in vena è presente in sede extratiroidea: nella mucosa gastrica,
epidermide, plessi coroidei cerebrali, ghiandole salivari ed inoltre, qui
non visibili, nel timo fetale e nelle ghiandole mammarie (solo in
gravidanza ed allattamento) ( Cortesia del Dr. G. Boni dell’Università di
Pisa).
Nelle scintigrafie corporee con radio-iodio si notano oltre alla tiroide,
altri tessuti iodiocaptanti: alla ventesima ora circa il 70 % dello
radioiodio iniettato è presente in sede extratiroidea: nella mucosa
gastrica, epidermide, plessi coroidei cerebrali, ghiandole salivari ed
inoltre, qui non visibili, nel timo fetale e nelle ghiandole mammarie (
captanti solo in gravidanza ed allattamento). La tiroide capta in modo
progressivo, mentre gli altri organi hanno un rapido accumulo ed una
rapida dismissione del radio-iodio. La I-captazione è dovuta alla azione
dei rispettivi simporter dello ioduro (NIS), che pur essendo simili, nella
tiroide è filogeneticamente ed embriologicamente più evoluto, infatti è
più affine per lo ioduro e risponde allo stimolo del più “moderno” TSH.
Solo la tiroide, però, possiede il follicolo tiroideo che gli consente
l’accumulo e il deposito di iodio-composti (TG). La iodiocaptazione
tiroidea nel feto umano è infatti presente solo dalla 12° settimana di
vita fetale e la formazione filogenetica della tiroide è anch’essa
relativamente recente, risalendo a solo 400-500 milioni di anni fa’,
quando i primi vertebrati marini cominciarono a popolare le acque degli
estuari e poi dei fiumi terrestri carenti di iodio.
A
tale epoca della evoluzione i pesci di acqua dolce hanno cominciato ad
utilizzare la vitamina C (acido ascorbico), che i vegetali avevano
probabilmente allora iniziato ad produrre a scopo antiossidante. Infatti i
pesci d’acqua dolce soffrono di “scorbuto” e di anomalie vertebrali
causate da carenza di vitamina C, le quali regrediscono se tali pesci
vengono rimessi in acque marine. In ambiente marino tali pesci possono
utilizzare antiossidanti marini più primitivi, che sono in grado
compensare il deficit alimentare di vitamina C. Infatti molti biologi ora
ritengono che gran parte dei vertebrati si siano sviluppati
morfologicamente e metabolicamente proprio nelle acque degli estuari (Purves
e coll, 1998).
Fig. 6 . Salmoni coltivati in acqua dolce che mostrano sintomi di
“scorbuto” ed
anomalie della colonna vertebrale (scoliosi e lordosi) causate da carenza
di vitamina C.
A
B
C D
Fig. 7. Espressione del NIS, evidenziata da anticorpi colorati anti-NIS,
nelle membrane plasmatiche in sede baso- laterale di: A: Tiroide; B:
Mucosa gastrica; C: Mammella in allattamento; D: Ghiandola salivare (
Wapnir, 2003 ).
Storia evolutiva dello iodio negli esseri viventi:
Dai
più antichi: le alghe, gli invertebrati, i pesci, gli anfibi, i rettili,
ai più recenti: i mammiferi fino all’ Homo Sapiens moderno.
Le
alghe captano e trattengono gli ioduri in modo omogeneo e diffuso, le
Laminarie contengono circa 1-3 % del peso secco di iodio. Le alghe marine
(alghe verdi-azzurre) furono i primi esseri viventi a produrre ossigeno (
più di 3 miliardi di anni fa’), per cui hanno utilizzato efficaci e
reperibili sistemi antiossidanti tra cui gli ioduri e il selenio (Pedersén
e coll. e Kuepper e coll). Le alghe producono circa 80 % dell’ossigeno
atmosferico, e costituiscono il primo anello della catena alimentare
nutrizionale marina che trasferisce iodio, selenio e acidi grassi n-3 ai
pesci e agli animali. Le acque salso-bromo-iodiche delle sorgenti termali
del nostro entroterra (Salsomaggiore, Abano, Castrocaro ecc.) derivano da
enormi praterie di alghe che durante la formazione della penisola italiana
(circa 20-30 milioni di anni fa’) sono state ricoperte e sollevate da
altri strati geologici, mantenendone però gli elementi algali primitivi
mineralizzati come lo iodio, il bromo, il sale, il metano ecc. Risalendo
la scala evolutiva filogenetica, possiamo vedere, circa 800 milioni di
anni fa’, la comparsa di una notevole iodocaptazione nell’esoscheletro
della conchiglia, e anche delle spugne e dei coralli (Brown-Grant, 1961).
Roche (1951) aveva dimostrato negli invertebrati la presenza di MIT, DIT e
T4, che vengono secreti ed espulsi dalle cellule nell’esoscheletro, dopo
aver ceduto l’elettrone dello ioduro. Circa 500 milioni di anni fa’ nei
pesci marini è comparsa una iodiocaptazione generalizzata, con minimo
accumulo tiroideo, poco necessario per la facile reperibilità di ioduri
nel mare. I follicoli, qui non ancora “tiroidei”, sono privi di capsula e
si presentano scarsi e diffusi negli organi interni addominali. I pesci
marini contengono alte quantità di iodio in gran parte inorganico circa
500-800 microgrammi (mg) per kg. Alcuni pesci marini migratori (anadromi)
come le lamprede (Youson et al.,1997) , i salmonidi ecc. risalgono dal
mare i fiumi fino alle sorgenti, dove muoiono inspiegabilmente dopo
essersi riprodotti. In questo modo tali pesci marini riportano nei
territori I-carenti dell’interno notevoli quantità di iodio e di selenio (
e anche di omega-3), consentendo la vita ed il benessere di altre specie
animali tra cui gli uomini che, tramite loro, assimilano tali essenziali
oligoelementi. Circa 400 milioni di anni fa’ quando, per la ricerca di
cibo o per sfuggire ai predatori, alcune specie di pesci cominciano a
lasciare il mare per abitare le acque dolci e I-carenti dei fiumi
terrestri iniziano anche le malattie da carenza di iodio e di altre
sostanze di origine marina. Nei pesci d’acqua dolce (in cui lo iodio è
carente) i follicoli tiroidei sono più numerosi ed aggregati spesso tra le
branchie. I loro tessuti contengono molto meno iodio rispetto ai pesci
marini (circa 20 mg/ kg) ed è in gran parte iodio organico ( MIT, DIT , T4
). I pesci d’acqua dolce I-carenti presentano inoltre anche difetti della
immunità e maggiori malattie infettive, parassitarie, arteriosclerotiche
e tumorali dei pesci marini (selaci). Infatti i selaci e i pesci marini
in genere soffrono molto più raramente di neoplasie. L’alimentazione con
pesce di mare è inoltre utile nella prevenzione di alcune importanti
patologie tumorali, cardiache ed arteriosclerotiche nell’uomo.
Fig. 8. Metamorfosi della rana da animale acquatico (il girino) a rana
terrestre. La quantità ambientale di iodio, necessario a formare la
tiroxina endogena, innesca il meccanismo della metamorfosi. E’ evidente la
“spettacolare” apoptosi (morte programmata) della coda, delle pinne, delle
branchie che si trasformano negli arti ed anche dello stomaco, che da
stomaco primitivo erbivoro si trasforma in stomaco pepsino-acido
secernente proprio dei mammiferi carnivori. (Circa 300-400 milioni di anni
fa’) (Ishizuya-Oka et al., 2003)
Lo
studio della azione dello iodio nello sviluppo e metamorfosi degli anfibi
è importante e riassume la strategia evolutiva di adattamento degli
animali acquatici (pesci) in animali terrestri. Gli anfibi hanno una vita
larvale nell’acqua dolce ( non esistono anfibi marini !) ed una vita
adulta “terrestre” da circa 370 milioni di anni fa’. E’ esclusivamente la
quantità ambientale di iodio, che consente la formazione della tiroxina
endogena, ad innescare il meccanismo della metamorfosi, adattando così
gli anfibi adulti alla vita “terrestre”con la formazione di polmoni, di
epidermide lubrificata, arti deambulanti ossificati, di idonea
circolazione cardio-polmonare ed anche di mucosa gastrica
acido-pepsino-secernente, simile a quella dei mammiferi. Il girino carente
di iodio non riesce a metamorfosare e muore presto come girino. C’è stata
anche una evoluzione “morfologica” macroscopica dei follicoli della
ghiandola tiroidea, i quali durante l’evoluzione (dai pesci, anfibi,
rettili, uccelli e mammiferi) sono diventati sempre più definiti,
incapsulati ed organizzati nella tiroide in sede pre-tracheale.
Fig. 9. Distribuzione dello iodio-125 (in bianco) nella autoradiografia
di una topolina gravida dopo 1 ora dalla iniezione endovenosa dell0
I-125. E’ evidente la alta I-captazione nella mucosa orale e nelle
ghiandole salivari, nella placenta e nelle mucose gastriche dei feti. (Autoradiografie
di Ullberg ed Ewaldsson, 1964. Riprodotte per cortesia di Acta
Radiologica)
Lo
studio autoradiografico di Ullberg ed Ewaldsson (sopra riportato) è
importante in quanto studia il comportamento dello iodio e del NIS anche
durante la gravidanza, e nella mammella ed in particolare nei tessuti
fetali dei mammiferi, la cui origine risale a circa 200 milioni di anni
fa’. Dopo un solo minuto dall’iniezione endovenosa dello I-131, si
evidenzia la precocissima e rilevante captazione degli epiteli orale,
salivare e gastrico e successivamente anche della ghiandola mammaria,
della topolina gravida. La I-captazione della mucosa gastrica è molto
alta, e dalla mucosa gastrica lo iodio viene secreto nel succo gastrico
e riversato nell’intestino, dove viene riassorbito e ricaptato dallo
stomaco, oltre che dalla tiroide, creando così una circolazione (NIS
mediata) salivare e gastro-enterica-tiroidea dello iodio, che si perpetua
fino ad eliminazione completa per via reno-vescicale ( Hays et al, 1965;
Josefsson e coll., 2006).
Quindi lo stomaco, più della tiroide, sembra avere un primitivo ruolo
centrale nel metabolismo dello iodio su scala evolutiva. Dopo 5 giorni lo
radioiodio è ancora ben visibile nelle pareti della aorta, e dopo 14
giorni è visibile solamente nella tiroide, nell’aorta e nella pelliccia
dei ratti. In queste sedi lo iodio è presente sotto forma di
iodo-composti, probabilmente proteici e lipidici, tuttora chimicamente non
identificati.
FIG. 10. Autoradiografie con I-131 sequenziali nel ratto. La
autoradiografia con I-131 nel ratto mostra la cospicua I-captazione
della parete arteriosa della aorta, ben evidente anche dopo 5-14 giorni
dalla iniezione del radioiodio, che potrebbe chiarire la sede della
azione antiossidante ed anti-aterosclerotica dello ioduro. ( Da Pellerin,
1961; Riprodotte per cortesia di Path. Biol.)
Le
autoradiografie con radio-iodio evidenziano che della mucosa gastrica la
parte I-captante è costituita solo dalle cellule muco-secernenti della
superficie e dei colletti delle ghiandole gastriche, che costituiscono
proprio quelle foveole gastriche da cui si originano i carcinomi gastrici.
Evans e coll. hanno dimostrato in ratte tiroidectomizzate che la tiroxina
(T4) è molte volte piu’ efficace dello iodio inorganico (iniettato
sottocute) nel ripristinare la normalità in molteplici funzioni
fisiologiche, come la funzione ovarica e la crescita corporea, il
metabolismo, il ritmo cardiaco, e le funzioni riproduttive, surrenali,
timiche e ipofisarie. Inoltre Goethe e coll. hanno dimostrato che i
recettori ormonali nucleari della T3 non sono indispensabili per la vita
nelle cavie.
Secondo i fisiologi, al contrario dello iodio in sé, la ghiandola
tiroidea, anche se importante, non è indispensabile per la vita e gli
effetti della sua asportazione si manifestano tardivamente, solo dopo 2-3
settimane. Mentre lo iodio e la T3 sono capaci di trasformare il girino
acquatico in una rana terrestre strutturalmente “più evoluta”, la
tiroidectomia e l’ipotiroidismo nei mammiferi sembrano costituire (al
contrario della azione pro-evolutiva della metamorfosi) una sorta di “rettilizzazione”,
cioè quasi una regressione filogenetica allo stadio precedente di rettile,
di cui vengono riacquistate alcune caratteristiche fisiche e metaboliche
come: la pelle ispessita, secca, squamosa e con perdita di peli, e la
digestione, i riflessi, il battito cardiaco rallentati, con riduzione di
tutto il metabolismo, accumulo di lipidi, ipotermia ed infine iperuricemia
metabolica (Venturi, 2000). Nei primati e nei uomini la tiroide è ben
organizzata e a forma di farfalla, in sede pre-tracheale, dove, come un
rudimentale termostato, può meglio avvertire e rispondere alle variazioni
termiche ambientali. Negli uomini affetti da cretinismo endemico da
carenza iodica sono evidenti i danni fisici, neurologici, mentali,
immunitari (Marani e Venturi, 1985) e riproduttivi. Nel 1998 su
Geographical Review, Dobson ha ipotizzato che la scomparsa dell’uomo di
Neanderthal avvenuta circa 35.000 anni fa’, sia stata favorita dalle
maggiori capacità fisiche, intellettive e di adattamento dell’ homo
sapiens moderno, dovute al maggiore intake iodico. Ciò grazie anche al
miglioramento dietetico e genetico del NIS, divenuto più efficiente nel
captare lo iodio. Infatti, negli scheletri dell’uomo di Neanderthal,
Dobson ha rilevato le stigmate ossee del cretinismo endemico, con arti
corti e tozzi e microcefalia. A differenza del Neanderthal, l’homo sapiens
moderno aveva habitat più vicino ai mari e dieta ricca di pesce marino
ricco di iodio. Broadhurst (2002) e Cunnane (2005) hanno recentemente
riportato che lo iodio è stato l’elemento più importante insieme agli
acidi grassi poli-insaturi (omega-3) nel favorire il processo di
evoluzione del cervello umano e del conseguente sviluppo dell’intelligenza
umana, permettendone così un migliore adattamento ambientale.
FIG. 11 Mappa mondiale delle aree di endemia di gozzo da carenza iodica
(ombreggiate obliquamente) spesso circostanti a catene montuose (in blu),
prima della effettuazione della iodio-profilassi nel mondo (da Kelly e
Snedden, OMS, 1960).
Fig.
12. Mappa mondiale delle Nazioni riguardo alla attuale nutrizione iodica
( Da ICCIDD - OMS, 2003)
Ancora oggi secondo l’OMS, più di tre miliardi di persone sulla terra
vivono in aree distanti dal mare e con carenza ambientale di iodio e
soffrono di tireopatie, di danni neurologici e somatici ed inoltre di
diminuzione delle difese immunitarie e di ridotta fertilità con danni alla
prole; inoltre tali persone sembrano più soggette a patologie tumorali
della tiroide, dello stomaco, della mammella e alle patologie delle
ghiandole salivari e della bocca con anche una maggiore perdita dei denti
(Venturi e al. 2000, 2001; Aceves e al.,2006; Szybinski e al., 2004; Abnet
e al., 2005.a, 2005.b, 2006). La supplementazione iodica, con sale da
cucina iodato, con foraggio o con concime composto di alghe marine ricche
di iodio, è in grado di prevenire questi danni negli animali ed anche nei
vegetali per quanto riguarda la loro suscettibilità a infezioni microbiche
e parassitarie aumentandone i meccanismi di difesa antiossidante (Saker e
al. 2001; Fike e al., 2001; Cabello e al., 2003; Food and Nutrition Board
of USA, 2001). E’ ipotizzabile che nella vasta gamma degli antiossidanti
naturali vi sia una sorta di “gerarchia filogenetica”, in cui gli
antiossidanti primitivi marini come lo iodio, il selenio ecc. svolgano un
ruolo più importante nella vita riproduttiva e nello sviluppo fetale di
quelli che si sono evoluti più recentemente ( ad esempio il licopene, le
antocianine, il resveratrolo, molti polifenoli ecc.), come hanno riportato
a proposito dello iodio Dunn e Delange (2001).
Nei
territori I-carenti invece tali patologie coesistono sia negli uomini che
negli animali, in particolare negli erbivori. Tutto ciò fa’ supporre che
il processo di adattamento evolutivo dei vertebrati terrestri alla
carenza iodica ambientale non sia ancora terminato.
Pubblicato in: “Guida alla
Epidemiologia e Prevenzione del Gozzo Endemico”
di D. Meringolo, D. Bianchi e B. Bellanova.
8 Luglio 2006, Bologna. Pagg. 11-25
Atti del
Convegno Nazionale di Endocrinologa Clinica. 8 Luglio 2006 – Bentivoglio
(BO) |