Per risolvere il primo quesito ci viene incontro la
scienza della nutrizione che, studiando le varie componenti strutturali e
funzionali dell'organismo, è in grado di determinarne i bisogni. Per
quanto riguarda il secondo aspetto del problema, ci soccorre la scienza
dell'alimentazione che, studiando gli aspetti relativi alla composizione
degli alimenti e alla loro validità nutritiva, è in grado di indicare le
scelte alimentari più adeguate ai bisogni.
Una prima indicazione del tipo e livello dei bisogni nutritivi
dell'organismo ci viene dalla conoscenza della composizione chimica del
corpo umano e delle modificazioni che si realizzano nelle varie situazioni
fisiologiche e patologiche. Così, ad es empio, il fatto che nel corpo
umano siano presenti proteine, grassi, carboidrati, minerali e vitamine
(oltre all'acqua che rappresenta il componente quantitativamente più
importante: circa il 60% del peso dell'adulto) ci indica che sono questi i
nutrienti fondamentali per l'organismo . Meno immediato è il
riconoscimento del bisogno di energia. Se però si considera che il
mantenimento delle funzioni vitali dell'organismo è legato allo
svolgimento continuo di reazioni biochimico-metaboliche che richiedano
energia, si comprende come quest'ultima rappresenti in definitiva
l'esigenza primaria della vita.
L'organismo può ricavare energia dall'utilizzazione di composti già
presenti nelle cellule dell'organismo stesso (fonte endogena) e da
composti presenti negli alimenti (fonte esogena). Questi ultimi, una volta
digeriti, entrano nel sistema circolatorio e si mescolano con composti
analoghi derivanti dai tessuti dell'organismo, costituendo un unico pool
metabolico dal quale l'organismo ricava l'energia e le sostanze nutritive
necessarie allo svolgimento dei suoi processi vitali. E' ovvio che se
mancassero le fonti esogene alimentari, le fonti endogene andrebbero
incontro al depauperamento ed infine ad esaurimento: la funzione
fondamentale degli alimenti è quindi quella
di rifornire continuamente il pool metabolico. Proteine, lipidi,
carboidrati, minerali, vitamine, acqua e l'energia che da essi si può
ottenere sono dunque le componenti fondamentali delle esigenze nutritive
dell'organismo umano. Esaminiamole ora singolarmente più da vicino.
Energia
L'energia è necessaria per ogni tipo di attività del nostro organismo, il
quale infatti consuma energia in ogni momento, sia quando è a riposo che
quando è impegnato in un lavoro che comporti uno sforzo muscolare, di
qualunque intensità esso sia. L'unica forma di energia che le cellule
dell'organismo umano possono utilizzare è quella chimica, ed in
particolare quella contenuta nei legami Carbonio-Carbonio-ldrogeno
presenti in alcune sostanze alimentari (proteine, carboidrati, lipidi e
alcool, che infatti vengono definiti "principi alimentari energetici").
Generalmente si considera pari a 4 kcalorie* il valore energetico di 1g di
proteine e carboidrati, pari a 9 kcalorie il valore energetico di 1g di
lipidi e pari a 7 kcalorie il valore energetico di 1g di alcool
(corrispondente a 5,6 kcalorie/ml). Di tutta l'energia chimica introdotta
nell'organismo con gli alimenti, solo una parte può venire utilizzata e
trasformata in lavoro (meccanico, osmotico, chimico -cioè di sintesi-
elettrico); il resto viene degradato in calore, che però le cellule non
sono in grado di utilizzare. Si calcola che l'organismo umano possa
convertire in lavoro meccanico solo il 25% dell'energia potenziale degli
alimenti. Il bisogno in energia di un individuo è stato recentemente
definito come "quella quantità di energia ricavata dagli alimenti che
controbilancia il dispendio energetico totale, quando l'individuo ha una
dimensione e una composizione corporea e un livello di attività fisica
corrispondenti ad uno stato di buona salute a lungo termine. Nel caso di
bambini o di donne in gravidanza e allattamento, il bisogno di energia
comprende anche le necessità energetiche associate con la deposizione di
tessuti o la secrezione di latte. Quanta energia ci serve ogni giorno? La
quantità varia a seconda del sesso, dell'età, della taglia corporea e
dell'attività fisica svolta. Per conoscerla si fa generalmente ricorso
alla misura del dispendio energetico totale (DET), considerato come la
somma di tre fattori: a) la spesa di energia per il mantenimento, in
condizioni di neutralità termica e di digiuno: corrisponde alla spesa
determinata dal metabolismo di base, sostanzialmente identificabile con la
spesa necessaria a mantenere le funzioni insopprimibili dell'organismo,
quali la respirazione, la circolazione, la funzione dei reni delle
ghiandole endocrine, il tono muscolare. Il metabolismo di base rappresenta
la quota maggioritaria del dispendio energetico totale, e poiché può
essere misurato con buona precisione e in, condizioni accuratamente
standardizzate, facilmente calcolato in base a precise formule che
prevedono la sola misura del peso corporeo (tab. 1), è stato preso come
punto di riferimento per calcolare i dispendi energetici di varie attività
espresse sotto forma di
multipli del metabolismo di base (tab. 2). ' L'unità di misura
dell'energia è la kilocaloria (kcal o Caloria), definita come la quantità
di calore necessario ad innalzare la temperatura di 1 kg di acqua da 15¡ C
a 16¡ C L 'unita di energia internazionalmente accettata è il joule. Per
convertire l 'energia da kilocaloria a kilojoule si usa un fattore di 4,2
(1kcal è uguale esattamente a 4,184kj) b) la spesa di energia per il
lavoro esterno (o attività fisica). Rappresenta generalmente il secondo
maggiore componente del dispendio energetico totale, anche se sta
attualmente riducendosi sensibilmente per le mutate e più sedentarie
condizioni di lavoro e di svago. c) la spesa di energia derivante dalla
introduzione di alimenti (la così detta termogenesi alimentare). E' legata
al fatto che la velocità metabolica aumenta dopo aver mangiato e l'aumento
raggiunge il massimo dopo circa un'ora dal pasto e si annulla dopo circa 4
ore. L'effetto termogenetico dei pasti è relativamente piccolo (d'ordine
del 5 - 10% delle calorie ingerite) ma, data l'attuale riduzione del
livello di attività fisica, sta oggi acquistando importanza, specialmente
nel controllo e nel mantenimento del peso corporeo a lungo termine. Un
esempio potrà chiarire meglio come procedere per calcolare il fabbisogno
energetico di un individuo. Se si considera un individuo di 25 anni, di
sesso maschile e del peso di 66 kg, si può facilmente calcolare (sulla
base dell'equazione riportata in tabella 1) che il suo metabolismo basale
sarà: MB = (15,3 x 66) + 679 = 1689 kcal/giorno = 70,4 kcal/ora.
Suddividendo la giornata di 24 ore in periodi di attività ed attribuendo
ad ognuno di essi un appropriato fattore di moltiplicazione del MB, si
arriva a calcolare il dispendio energetico totale delle 24 ore, come di
seguito illustrato: Se la quantità di energia introdotta con gli alimenti
è in eccesso rispetto ai bisogni, tale eccesso verrà indirizzato verso la
sintesi di grassi e accumulato nell'organismo sotto forma di tessuto
adiposo (che è poi l'unico consistente tipo di riserva di energia presente
nel corpo umano). Se la quantità di energia introdotta è invece inferiore
ai bisogni, sarà il tessuto adiposo corporeo a fornire la quota energetica
mancante (dimagrimento). Il controllo dell'andamento e delle variazioni
del peso corporeo nel tempo rappresenta un semplice e sicuro metodo per
valutare l'adeguatezza energetica della dieta.
Per verificare rapidamente se si è, oppure no, nei limiti normali di peso,
si è cercato di mettere a punto vari indici. Tra questi, quello che può
meglio essere utilizzato per classificare la condizione di sovrappeso,
sottopeso o normopeso, secondo criteri largamente accettati, è l'indice di
massa corporea (IMC), che si ottiene dividendo il peso (in kg) per il
quadrato della statura (in metri). Il numero che si ottiene da questa
divisione indica normalità se è compreso fra 18.5 e 25; indica sovrappeso
se compreso fra 25 e 30; indica una obesità di medio grado se compreso fra
30 e 40; indica una obesità di alto grado se supera i 40. Come già
accennato, però l'essere umano non mangia soltanto per introdurre energia;
al contrario, mangia anche per introdurre i principi nutritivi contenuti
negli alimenti. Naturalmente, anche se il bisogno in energia è prioritario
in nutrizione, resta estremamente importante la qualità delle fonti
alimentari energetiche, al fine di stabilire una corretta ripartizione fra
i principi alimentari energetici già menzionati ed in particolare fra
carboidrati, lipidi e proteine, che, oltre a fornire energia, svolgono
nell'organismo altre importanti funzioni metaboliche.
Carboidrati (o Glucidi) e fibra alimentare
Sotto questi nomi è compresa una categoria di sostanze costituite da
molecole più o meno semplici contenenti carbonio, idrogeno e ossigeno. Una
prima distinzione importante sul piano nutrizionale è quella fondata sulla
semplicità della loro molecola. I carboidrati semplici (detti anche
zuccheri per il loro sapore dolce che molti di essi hanno) sono costituiti
da 1 o 2 molecole a 6 atomi di carbonio
(monosaccaridi e disaccaridi); i carboidrati complessi da molte molecole
di monosaccaridi (polisaccaridi).
Nel primo gruppo rientrano i monosaccaridi glucosio, fruttosio e
galattosio e i disaccaridi saccarosio e lattosio. Nel secondo gruppo
rientrano i polisaccaridi amido e glicogeno, formati dall'unione di
migliaia di molecole di glucosio e presenti rispettivamente nel mondo
vegetale (cereali e tuberi) e animale (muscolo e fegato). La funzione
principale dei carboidrati alimentari è quella di fornire energia (circa 4
kcal/g): essi infatti rappresentano i componenti quantitativamente più
rilevanti della nostra alimentazione, corrispondenti ad oltre il 50% delle
entrate energetiche complessive. Tutti i diversi carboidrati alimentari
vengono trasformati nell'organismo - in seguito ai processi di digestione
e conversione metabolica - in glucosio, che rappresenta perciò il
carboidrato utilizzabile direttamente dall'organismo.
Poiché il glucosio può essere sintetizzato nel nostro organismo a partire
da altre molecole (amminoacidi, glicerolo e acido lattico), i carboidrati
non possono essere considerati nutrienti "essenziali", ossia nutrienti che
debbono obbligatoriamente essere introdotti nell'organismo preformati con
gli alimenti, (come, ad esempio, gli amminoacidi essenziali o le
vitamine). Tuttavial'organismo ha bisogno di una certa quantità di
glucosio, sia per far fronte alle necessità di strutture che possono
utilizzare solo glucosio a scopo energetico (tessuto nervoso centrale e
globuli rossi), sia per evitare di utilizzare proteine a scopo energetico
o di entrare in stato di acidosi. Per questi motivi si calcola che la
quantità minima di carboidrati da introdurre sia di 100g al giorno. Sul
piano pratico, però, considerando l'opportunità di ridurre al minimo I'introito
di lipidi (come vedremo in seguito), conviene aumentare la quota di
carboidrati fino ad un livello pari al 55-60% dell'energia totale della
dieta. E' da tener presente che i diversi carboidrati, pur avendo l'uno
rispetto all'altro lo stesso valore energetico, si comportano
differentemente sul piano fisiologicometabolico.
Così, mentre gli zuccheri semplici vengono assorbiti velocemente inducendo
un rapido aumento della glicemia e della risposta insulinica, l'amido
viene digerito e assorbito più lentamente, determinando aumenti della
glicemia e della insulinemia più contenuti e più omogeneamente distribuiti
nel tempo. Pertanto si raccomanda di ingerire zuccheri semplici in
quantità non superiore al 10-15% dell'introito calorico complessivo. Una
particolare categoria di carboidrati complessi che l'uomo non può
digerire, o digerisce solo in
minima parte, è rappresentata da una serie di sostanze presenti
soprattutto nelle pareti delle cellule vegetali (cellulosa, emicellulosa e
linguina) e in una varietà di gomme, mucillagini e alghe. Tali sostanze
indigeribili costituiscono nel loro insieme la cosiddetta fibra
alimentare, di cui fa parte anche la lignina, che in realtà non è di
natura carboidratica: è infatti un polimero del fenil propano. La fibra
alimentare, pur non apportando alcun principio alimentare né alcuna quota
di energia all'organismo, svolge però importanti azioni fisiologiche. Le
principali sono quelle legate alle sue capacità di trattenere grosse
quantità di acqua (fibra di tipo insolubile: cellulosa, emicellulosa,
lignina) o di formare soluzioni viscose nel tratto gastrointestinale
(fibra del tipo solubile o "formante gel" pectine, mannani mucillagini).
Nel primo caso la fibra alimentare agisce soprattutto a livello
gastrointestinale, facendo aumentare la velocità di transito e il volume e
la massa delle feci; nel secondo caso agisce soprattutto a livello
metabolico, controllando e regolando i livelli ematici di glucosio e di
colesterolo. con meccanismi che passano attraverso la sua capacità di
rallentare l'assorbimento dei carboidrati e del colesterolo alimentare e
di facilitare l'eliminazione degli acidi biliari.
Pertanto un sufficiente e costante consumo di fibra può giovare a chi
soffre di diabete, o a chi è predisposto all'aterosclerosi, ad altre
malattie cardiovascolari, a certi disturbi o malattie intestinali, ad
affezioni venose degli arti inferiori ecc. Anche se non esiste un bisogno
in fibra alimentare ben preciso e definito, è auspicabile un aumento
dell'assunzione di fibra alimentare dagli attuali 15-18 g/giorno nelle
società industrializzate ai 25-35 g, così come viene raccomandato da vari
gruppi di esperti internazionali. Questo aumento va realizzato attraverso
un più elevato consumo di cibi che ne sono naturalmente ricchi, quali
cereali integrali, legumi, verdure e frutta.
Lipidi (o grassi)
Costituiscono un gruppo di sostanze organiche contenenti carbonio,
idrogeno e ossigeno, insolubili in acqua e formate dall'unione di diverse
molecole semplici. Tra queste quelle generalmente presenti sono quelle
degli acidi grassi, di cui si conoscono circa 40 tipi diversi. I grassi
alimentari sono per la maggior parte formati dall'unione della glicerina
con tre molecole di acidi grassi (uguali o differenti) a formare i
trigliceridi. Questi costituiscono la forma di deposito nel tessuto
adiposo dell'animale o nei semi e frutti dei vegetali. I lipidi presenti
nelle cellule e nelle strutture dell'organismo, a costituire membrane o
aggregati circolanti nel plasma, sono più complessi, in quanto contengono
anche sostanze fosforate e proteiche (fosfolipidi, lipoproteine). Le
funzioni nutritive dei grassi alimentari (siano essi "visibili", cioè
aggiunti come condimento ai cibi, siano essi "'invisibili", cioè presenti
in quantità più o meno grandi negli alimenti di origine animale e
vegetale) sono quelle di fornire energia e acidi grassi essenziali e di
trasportare vitamine
liposolubili. Oltre a ciò va ricordato che i grassi servono a conferire
appetibilità ai cibi, a favorire il senso di sazietà e l'assorbimento di
vitamine e altri nutrienti liposolubili. Le principali differenze fra un
grasso e l'altro consistono proprio nel tipo di acidi grassi presenti.
Questi possono essere a catena corta, o lunga; saturi, monoinsaturi, o
poliinsaturi; in forma "cis" o in forma "trans".
Da un punto di vista nutrizionale assume particolare importanza la natura
"satura" (che non può prevedere addizione di idrogeno nella molecola) o
"insatura" degli acidi grassi, in quanto, oltre a determinare un diverso
grado di consistenza (i grassi prevalentemente saturi sono solidi a
temperatura ambiente, quelli prevalentemente insaturi sono liquidi), ha
importanti riflessi ed effetti metabolici sull'organismo. Infatti il
consumo di grassi alimentari con una forte presenza di acidi grassi saturi
(così come si riscontra prevalentemente nei lipidi di origine animale
anche se con significative eccezioni) determina elevazione del tasso di
colesterolo circolante nell'organismo umano.
Pertanto nella prevenzione dietetica delle malattie cardiovascolari (di
cui la colesterolemia è un riconosciuto indicatore di rischio) si è posta
particolare attenzione al consumo di tali grassi a favore di quelli
vegetali: questi ultimi normalmente contengono una quota elevata di acidi
grassi insaturi ed in particolare di quelli poliinsaturi, i quali tendono
a normalizzare la colesterolemia stessa. E' in ogni caso da tener presente
che tutti i grassi forniscono la stessa quantità di energia per unità di
peso (9 kcal/g) indipendentemente dall'origine vegetale o animale. Così
pure è da ricordare che nell'organismo i grassi vengono sintetizzati a
partire da molecole semplici derivanti dal catabolismo di altri principi
nutritivi energetici, quali i carboidrati e le proteine. La possibilità di
conversione di carboidrati e proteine in grassi rende perciò non
essenziali questi componenti, se si fa eccezione per due acidi grassi
(acido linoleico e acido linolenico) che l'organismo non è in grado di
sintetizzare e che debbono essere pertanto necessariamente introdotti
con gli alimenti che li contengono (acidi grassi essenziali). Questi due
acidi grassi sono i capostipiti metabolici di due serie (o famiglie) di
acidi grassi, quella cosiddetta degli n-6 o omega-6 (ad indicare che il
primo doppio legame si trova nell'atomo di carbonio numero 6 dopo il
terminale metilico della molecola), presenti soprattutto negli olii di
semi vegetali, e quella degli n-3 o omega-3, presenti soprattutto negli
olii di pesce. All'acido linolenico e all'acido linoleico si dà oggi molta
importanza non solo nutrizionale ma anche sanitaria, in quanto sono
riconosciuti come precursori di svariate sostanze complessivamente
indicate con il nome di "eicosanoidi", sostanze capaci di esercitare una
azione di controllo su di un vasto numero di funzioni fisiologiche, tra
cui l'aggregazione piastrinica e il livello della pressione arteriosa.
Per quanto riguarda i fabbisogni in lipidi, questi sono limitati a quelli
degli acidi grassi essenziali. Di questi ultimi sono sufficienti quantità
equivalenti all'1-3% delle calorie totali, espresse in acido linoleico
(ossia 4-10 grammial giorno per un adulto), per evitare la comparsa di
segni di carenza. In ogni caso, in considerazione dell'esposizione al
rischio di malattie di tipo cronico-degenerativo e soprattutto di malattie
cardiovascolari nell'attuale situazione di sovraconsumo alimentare si
raccomanda di non superare con i grassi il 30% dell'energia globalmente
introdotta con gli alimenti e di far sì che non più di 1/3 di tale quota
sia rappresentato da acidi grassi saturi. Sono delle molecole, in genere
di grosse dimensioni, formate dall'unione - in varie combinazioni - di un
numero variabile di unità semplici, gli aminoacidi (ne conosciamo una
ventina). Tale unione può ripetersi per centinaia o migliaia di volte,
fino a formare delle catene proteiche più o meno lunghe e complicate. La
successione degli aminoacidi lungo la catena segue un ordine ed una
frequenza fissati geneticamente, ed è intuibile che la varietà di
combinazioni (e quindi di proteine diverse) che possono essere ottenute a
partire da un numero di unità elementari così elevato è enorme. La
caratteristica peculiare delle proteine è quella di contenere, oltre a
carbonio, idrogeno ed ossigeno (come lipidi e carboidrati), anche azoto,
che invece i lipidi e i carboidrati non contengono. E' per questo che
quando ci si riferisce alle proteine si parla di "introito di azoto" o di
"bilancio di azoto".
Le proteine, oltre a costituire il materiale strutturale di tutte le
cellule e i tessuti dell'organismo, entrano nella costituzione di vari
composti che regolano il metabolismo; il trasporto e le difese immunitarie
dell'organismo (enzimi, anticorpi, ormoni ecc.). Sia tali composti che le
proteine dei tessuti sono soggetti a perdite e distruzioni: I'organismo è
quindi impegnato in una continua operazione di costruzione delle "sue"
proteine ("sintesi proteica"), non soltanto nell'età dell'accrescimento
(nella quale deve fabbricare anche nuovi tessuti) ma anche nell'età
adulta.
Tale continua sintesi proteica richiede, come è intuibile, anche un
costante rifornimento di materiale proteico dall'esterno: il nostro
organismo è capace di suddividere le proteine alimentari nei singoli
aminoacidi che le costituiscono, e poi di utilizzare queste unità semplici
(o così come sono, o, secondo le necessità, convertendo un aminoacido in
un altro) per fabbricare le proteine che gli necessitano. Ebbene la
funzione fondamentale delle proteine alimentari è proprio quella di
rifornire continuamente il "pool" di aminoacidi (formato dalla mescolanza
degli aminoacidi provenienti dalla digestione degli alimenti e dalla
demolizione dei tessuti corporei), dal quale l'organismo preleva quelli
necessari a costruire le proteine corporee.
Dei circa 20 aminoacidi da cui sono normalmente costituite le proteine,
soltanto una decina sono indispensabili nel senso che debbono
obbligatoriamente essere introdotti con gli alimenti, in quanto
l'organismo non è capace di sintetizzarli. Sono questi i cosiddetti
"aminoacidi essenziali" (AAE): istidina (finora ritenuta essenziale solo
per il bambino ma probabilmente essenziale anche per l'adulto), isoleucina,
fenilalanina (insieme alla tirosina, che deriva dalla fenilalanina ed è
considerata semiessenziale), leucina, lisina, metionina (insieme alla
cisteina, che deriva dalla metionina, ed è considerata semiessenziale),
treonina, triptofano e valina. In definitiva si può dire che sono il tipo
e la quantità di amminoacidi essenziali presenti quelli che determinano la
qualità biologica di una proteina alimentare. Infatti, più elevata è la
percentuale di questi AAE, migliore (ossia più rispondente alle necessità
fisiologiche dell'organismo) sarà la qualità (o valore biologico) della
proteina.
Generalmente le proteine di origine animale sono di qualità migliore
rispetto a quelle di origine vegetale. Pertanto è bene consumare almeno
una metà di proteine di tale origine, anche se alcune miscele vegetali,
grazie alla complementarietà dei singoli amminoacidi contenuti, possono
fornire miscele proteiche di elevata qualità nutrizionale: l'esempio
classico è quello delle miscele di cereali e legumi, realizzate anche in
molti prodotti tradizionali della nostra cucina. Il bisogno di proteine si
riconduce perciò in definitiva a quello in amminoacidi essenziali, e varia
naturalmente a seconda che ci si trovi in fase di accrescimento o di
mantenimento. Nel primo caso il bilancio dell'azoto deve essere infatti
positivo per permettere la costruzione dei nuovi tessuti. Di conseguenza
il fabbisogno giornaliero di proteine è, in proporzione al peso, più alto
nel bambino e nel ragazzo, (oltre che nella donna durante la gravidanza e
l'allattamento).
Per una alimentazione equilibrata, la quantità di proteine consumate deve
essere tale da coprire il 12% circa dell'apporto globale in energia della
dieta. Questo in altri termini significa che, considerano pari a 4 kcal/g
il valore energetico delle proteine, la quantità di proteine da assumere
giornalmente con una razione alimentare compresa fra 2000-3000 kcalorie
deve essere fra i 60 e i 90 grammi.
Vitamine
Le vitamine costituiscono un gruppo eterogeneo di composti organici; la
loro appartenenza ad un unico gruppo dipende perciò non dalle loro
caratteristiche chimiche ma dalle loro funzioni. Vitamina è infatti
essenzialmente un termine nutrizionale e sta ad indicare una sostanza
necessaria alla vita e al benessere dell'organismo in piccola quantità (da
pochi microgrammi a 100 milligrammi).
Le vitamine non svolgono cioè né funzioni strutturali né energetiche, ma
solo funzioni di regolazione metabolica, facilitando lo svolgimento di una
o più specifiche reazioni biochimiche che avvengono nelle cellule, agendo
per lo più da catalizzatori.
L'unico modo di classificare le vitamine è quello di dividerle, in base
alla loro solubilità, in idrosolubili e liposolubili. La solubilità di una
vitamina influenza la sua modalità di assorbimento, il meccanismo di
azione e la possibilità di essere accumulata nei tessuti dell'organismo.
Infatti, mentre le vitamine idrosolubili vengono assorbite facilmente, si
distribuiscono liberamente nei liquidi intra ed extracellulari e, superata
una certa soglia, vengono eliminate con le urine, quelle liposolubili si
possono accumulare e non vengono eliminate facilmente dall'organismo:
questo può dare luogo alla comparsa di effetti tossici da iperdosaggio. I
composti riconosciuti come vitamina per l'uomo sono 13, di cui 4
liposolubili (A,D,E,K) e 9 idrosolubili: le 8 vitamine del complesso B (tiamina
o B1, riboflavina o B2, niacina o PP, acido pantotenico, folacina,
piridossina o B6, biotina e cobalamina o B12) e l'acido ascorbico o
vitamina C.
La necessità ed essenzialità delle vitamine è stata riconosciuta
originariamente in seguito alla constatazione di manifestazioni cliniche
endemiche di stati di deficienza. In tali situazioni la somministrazione
delle rispettive vitamine fa generalmente regredire le manifestazioni
cliniche di carenza.
Sulla base di questo tipo di studi e su quella degli studi sperimentali su
animali da laboratorio è stato possibile stabilire il bisogno minimo,
medio ed ottimale per le singole vitamine sopra elencate. Non va però
dimenticato che tali bisogni sono influenzati, oltre che dallo stato
fisiologico dell'individuo, anche dalla composizione della razione
alimentare e da altri fattori, quali il fumo, l'alcool, l'uso prolungato
di farmaci e la presenza di contaminanti ambientali. Attualmente, in
conseguenza del migliorato stato di nutrizione della popolazione generale,
non si riscontrano normalmente sintomatologie di carenze vitaminiche
clinicamente evidenti: tuttavia, in
considerazione delle possibilità di perdite, anche rilevanti, durante la
preparazione dei cibi che le contengono, di errate abitudini alimentari o
di regole dietetiche aberranti, si possono ritrovare vari gruppi di
individui che presentano situazioni di carenza marginale o anche segni
classici di carenza.
Minerali
Si tratta di composti inorganici, che non forniscono energia ma che sono
necessari all'organismo per lo svolgimento della sue funzioni vitali. Si
possono nutrizionalmente distinguere in elettroliti (sodio, potassio e
cloro), capaci di regolare il flusso e il volume dei fluidi corporei,
minerali propriamente detti, presenti in quantità considerevoli (superiori
a 5 grammi) nell'organismo umano a costituire strutture importanti quali
ossa e denti (calcio, fosforo, magnesio e zolfo) ed elementi traccia (o
oligoelementi), presenti in piccole quantità in organi e tessuti
dell'organismo. Gli oligoelementi di cui si conosce sicuramente un ruolo
essenziale nell'organismo, e che pertanto debbono essere forniti
quotidianamente dagli alimenti, sono il ferro, lo zinco, il rame, lo
iodio, il selenio, il cromo, il fluoro, il manganese e il molibdeno. Per
la maggior parte dei minerali sono stati determinati il bisogno e il
livello raccomandato, anche se non in tutti i casi con lo stesso grado di
precisione. Fra i minerali, quelli per i quali esiste un reale rischio di
insufficiente assunzione con il cibo sono quasi esclusivamente il calcio
(essenziale per la formazione e il mantenimento delle ossa e dei denti, la
conduzione degli impulsi nervosi e la coagulazione del sangue), il ferro
(che provvede al trasporto dell'ossigeno nel sangue e fa parte di fattori
implicati nel metabolismo energetico è caratterizzato dalla difficile
assimilabilità, superata solo dalla forma "biodisponibile" con cui è
presente nelle carni e i suoi derivati), lo iodio (la sua carenza può
provocare il gozzo) e il fluoro (ha azione protettiva nei riguardi delle
ossa e dei denti).
Acqua
Tra le sostanze nutrienti va infine compresa l'acqua, la quale è il
costituente corporeo presente in maggior quantità nel nostro organismo:
circa l'80% del corpo di un bambino ed il 60-65% di quello di un adulto
sono formati da acqua. L'acqua è coinvolta in tutte le reazioni chimiche
che avvengono nell'organismo, ed agisce anche come mezzo di trasporto dei
nutrienti e come lubrificante.
La sua evaporazione dalla superficie della cute rappresenta inoltre il più
importante meccanismo attraverso il quale riusciamo a controllare la
temperatura corporea. Come tutte le sostanze chimiche che compongono il
nostro corpo, l'acqua viene persa e consumata continuamente, e quindi deve
essere di continuo reintegrata, soprattutto dall'esterno. Come si vede,
noi perdiamo l'acqua soprattutto con le urine, il sudore e la
respirazione, e la introduciamo sia con le bevande, che con i cibi.
Se ne sospendiamo l'introduzione, in pochissimi giorni sopravviene la
morte, proprio perché i nostri tessuti si impoveriscono di acqua a tal
punto che vengono bloccate tutte quelle reazioni chimiche che sono alla
base della vita e che soltanto in presenza di acqua avvengono
regolarmente. |