La classificazione in
base alla lunghezza ed al grado di insaturazione sembra essere la più
utile per schematizzare la relativa funzione biologica nell’ambito
dell’organismo.
Gli acidi grassi
essenziali sono generalmente suddivisi in due classi, ω-3 ed ω-6, a
seconda della posizione del loro primo doppio legame nella porzione
metilica della molecola. Gli acidi grassi capostipite dei due gruppi sono
l’acido α-linolenico (18:3 ω-3) e l’acido linoleico (18:2 ω-6) entrambi di
origine vegetale. I microsomi epatici e cerebrali posseggono la capacità
di allungare e desaturare ulteriormente gli acidi grassi capostipite
forniti con la dieta, formando attraverso una serie alternata di
desaturazioni ed allungamenti gli acidi grassi polinsaturi a catena lunga
da cui si formano gli eicosanoidi e i mattoni costituenti le membrane
cellulari e mitocondriali.
Chimicamente sono
catene acidiche lineari, monocarboniose, di lunghezza variabile;
contengono generalmente un numero pari di atomi di carbonio, sebbene acidi
a catena dispari siano presenti in natura. Possono essere saturi (nessun
doppio legame) o presentare uno o più doppi legami (insaturi).
Essi sono raramente
presenti sotto forma di acidi grassi liberi; si trovano più frequentemente
incorporati con legame esterico o amidico nelle varie classi lipidiche
(principalmente trigliceridi, fosfolipidi, esteri del colesterolo,
sfingolipidi, cere, alcoli alifatici, ecc.) che si formano nel metabolismo
lipidico. Nel sangue come frazione libera (FFA) si ritrovano in
concentrazione assai esigua (circa l’1,5% di tutti i lipidi circolanti).
Acidi grassi omega-3:
sostanze naturali,integratori o farmaci? Gli acidi grassi polinsaturi
presenti in natura appartengono a due classi principali, quella degli
omega-6 (o n-6), presenti soprattutto negli oli di tipo vegetale, e quella
degli omega-3 (o n-3) che, nella dieta occidentale moderna, derivano
essenzialmente dal pesce.. Entrambi i tipi sono definiti
“essenziali”, in quanto necessari ad uno stato di salute ottimale per il
nostro organismo, che non è in grado di sintetizzarli de novo. I
mammiferi, inoltre,non sono in grado di convertire gli omega-6 in omega-3:
la conversione dell’acido linoleico (C18:2 n-6) in acido alfalinolenico
(C18:3 n-3) avviene infatti nei cloroplasti delle foglie, delle alghe e
del fitoplancton . L’acido linoleico e l’acido alfa-linolenico sono gli
acidi da cui originano, rispettivamente, la serie omega-6 e quella
omega-3. Questi vengono allungati e desaturati, dando origine,
rispettivamente, all’acido arachidonico (C20:4 n-6) e all’acido
eicosapentaenoico (C20:5 n-3, EPA). L’EPA può essere ulteriormente
allungato e denaturato ad acido docosaesaenoico (C22:6 n-3, DHA ),che nel
corpo umano è l’acido omega-3 più abbondante. Gli acidi grassi omega-3
entrano nella catena alimentare tramite l’ingestione di fitoplancton da
parte dei pesci, che li accumulano come EPA e DHA, i derivati a lunga
catena con la maggiore attività biologica. Gli oli vegetali contengono
principalmente acido linoleico, ma alcuni di essi [olio di lino, di rapa (Canola),
e di perilla] e determinati tipi di noci sono anche fonti ricche in acido
alfa-linolenico, che le nostre cellule sono in grado di allungare e
desaturare, limitatamente, a EPA e DHA. Attualmente le principali fonti
alimentari di EPA e DHA, gli omega-3 più attivi, sono il pesce e la carne
derivata dagli animali che di esso si nutrono (ad esempio le foche per gli
Eschimesi). Questi cibi sono stati la fonte principale di acidi grassi
omega-3 nella nostra alimentazione, durante i 2-4 milioni di anni di
evoluzione della nostra specie
Homo Sapiens7.
Si distinguono: (a)
acidi grassi a corta catena (SCFA) fino a 4 atomi di carbonio di cui il
principale è l’acido butirrico (4:0) il cui ruolo trofico e protettivo a
livello della mucosa del colon è di rilevante importanza; (b) acidi grassi
a catena media (MCFA) fino a 12 atomi di carbonio con funzione metabolica
ed energetica (acido caproico 6:0, acido caprilico 8:0, acido caprico
10:0, acido laurico 12:0); (c) acidi grassi a lunga catena (LCFA) fino a
18 atomi di carbonio con un ruolo energetico, metabolico e strutturale a
loro volta classificabili in: (c1) LCFA saturi (acido miristico 14:0,
acido palmitico 16:0, acido stearico 18:0) di cui fanno parte sia i
trigliceridi di deposito sia i componenti strutturali di membrana; (c2)
LCFA monoinsaturi (acido oleico 18:1 ω-9) con funzione
ipocolesterolemizzante; (c3) LCFA polinsaturi che sono essenziali (acido
linoleico 18:2 ω-6 e acido linolenico 18:3 ω-3); (d) acidi grassi a catena
molto lunga (VLCFA) da 20 atomi di carbonio in poi (ω-3, ω-6, ω-9) e loro
derivati prostaglandine, trombossani e leucotrieni.
Gli acidi grassi
saturi possono derivare dalla dieta o essere di origine endogena,
sintetizzati per aggiunta di unità di malonil-CoA a partire da una
molecola di acetil-CoA: sono, quindi, composti non essenziali. Nei lipidi
animali gli acidi grassi saturi più abbondanti sono l’acido palmitico
(16:0) e l’acido stearico (18:0). Acidi grassi a catena più breve (14:0,
12:0) così come a catena più lunga (20:0, 28:0) sono presenti in quantità
minori. Gli acidi grassi monoinsaturi hanno uno scheletro carbonioso
simile agli acidi grassi saturi da cui spesso derivano; i più abbondanti
nel mondo animale sono l’acido oleico (18:1 ω-9) e l’acido palmitoleico
(16:1 ω-7) che derivano rispettivamente dall’acido stearico e dall’acido
palmitico per opera dell’enzima ∆-9-desaturasi. Ulteriori doppi legami
possono essere inseriti in un acido grasso monoinsaturo ad opera di altre
desaturasi che sono in genere presenti nel mondo animale. Gli animali,
tuttavia, a differenza dei vegetali non posseggono desaturasi che possono
inserire doppi legami oltre il nono-decimo atomo di carbonio degli acidi
grassi, per cui ne consegue che acidi grassi polinsaturi
possono essere
prodotti dall’organismo ma con struttura tale che tutti i doppi legami
sono situati nella porzione carbossilica della molecola. Si tratta,
dunque, di acidi grassi polinsaturi non essenziali di cui l’acido
eicosatrienoico (20:3 ω-9) è il composto più significativo che viene
sintetizzato in condizioni di carenza di acidi grassi essenziali.
L’acido linoleico e
l’acido α-linolenico, rispettivamente precursori degli acidi grassi ω-6 ed
ω-3, sono acidi grassi essenziali, in quanto l’organismo umano non è in
grado di sintetizzarli da altri acidi grassi. Gli acidi grassi ω-6 ed ω-3
sono componenti fondamentali delle membrane plasmatiche; inoltre, la loro
trasformazione metabolica dà origine agli eicosanoidi, che sono importanti
mediatori di numerose reazioni cellulari. Prostaglandine, trombossani e
leucotrieni derivano tutti dal metabolismo degli acidi grassi ω-6 ed ω-3
attraverso reazioni catalizzate dagli enzimi ciclossigenasi e
lipossigenasi.
Un’altra
caratteristica fondamentale degli acidi grassi ω-6 ed ω-3 è il fatto che
il loro metabolismo segue vie totalmente distinte, in quanto un acido
grasso ω-3 non può essere trasformato in un acido grasso ω-6 e viceversa.
Tuttavia, gli acidi grassi di entrambi i tipi possono essere allungati
(aumento del numero di atomi di carbonio) e desaturati (aumento del numero
di doppi legami) attraverso processi catalizzati dagli stessi enzimi.
Pertanto, le due famiglie di acidi grassi polinsaturi competono per lo
stesso sistema enzimatico.
L’enzima
∆-6-desaturasi rappresenta una barriera per ambedue le serie ω-6 ed ω-3
trasformando l’acido cis-linoleico in acido γ-linolenico e l’acido α-linolenico
in acido stearidonico (C18:4 ω-3). L’attività catalitica dell’enzima è
inibita o bloccata da: grassi saturi, acidi grassi trans derivati dalla
trasformazione degli oli vegetali, l’iperglicemia, l’alcool,
l’invecchiamento, l’adrenalina (azione mediata da β-recettori), i
glucocorticoidi, una dieta ipoproteica, i virus oncogeni, le radiazioni
ionizzanti.
Gli acidi grassi della
serie ω-3 sono normalmente presenti negli alimenti marini, in alcune
piante ed, anche, in taluni prodotti animali quali pollo, tacchino ed
uova. L’acido grasso ω-3 maggiormente presente nel mondo vegetale è
l’acido α-linolenico (presente soprattutto nei vegetali a foglia verde,
nei legumi, nella frutta secca, nelle noci, in alcuni oli come quelli di
lino e di soia, nell’estratto di colza o ravizzone) che deve essere
trasformato in EPA e DHA per esercitare gli effetti biologici determinanti
per l’ottimale funzionamento del cervello, della retina e delle gonadi e
che esplicano una azione protettiva nei confronti del processo
aterosclerotico e dell’insorgenza di malattie cardio-vascolari. L’acido α-linolenico
può essere ottenuto nelle piante più elevate dal linoleico attraverso
sintesi nelle membrane dei cloroplasti, sintesi non possibile nel mondo
animale. EPA e DHA sono presenti nel fitoplancton e sono concentrati in
particolare in alcune specie ittiche (pesci che vivono nelle acque
fredde).
L’acido grasso α-linolenico
ω-3 è un acido grasso essenziale che va introdotto con la dieta.
Nell’organismo può essere metabolizzato in acidi grassi a catena più lunga
della stessa serie grazie all’attività di due sistemi enzimatici detti
desaturasi (inserisce un doppio legame al posto di uno saturo in punti
precisi della catena dell’acido grasso) ed elongasi (aggiunge atomi di
carbonio ad un acido grasso allungandone la catena). Questi due interventi
metabolici hanno la proprietà di modificare la struttura dell’acido grasso
sul quale sono intervenuti attribuendogli proprietà specifiche sia
funzionali che strutturali.
Gli acidi grassi ω-3
più comuni sono: l’acido α-linolenico (18:3 ω-3), l’acido stearidonico
(18:4 ω-3), l’acido eicosatetraenoico (20:4 ω-3) l’acido eicosapentaenoico
o EPA (20:5 ω-3), l’acido docosapentaenoico (22:5 ω-3), l’acido
docosaesaenoico o DHA (22:6 ω-3).
EPA e DHA sono i più
importanti acidi grassi a lunga catena della serie ω-3 e svolgono
nell’organismo umano funzioni strutturali e funzionali.
Il DHA ha
prevalentemente una funzione strutturale; infatti, è maggiormente presente
nei fosfolipidi dei sinaptosomi cerebrali, nella retina e nei fosfolipidi
dei canali intramembrana del sodio. Esso ha, quindi, un ruolo importante
nello sviluppo e nella maturazione cerebrale, dell’apparato riproduttivo e
del tessuto retinico.
L’EPA è il principale
precursore delle prostaglandine della serie 3, le quali posseggono una
importante attività antiaggregante piastrinica.
L’attività biologica
degli acidi grassi ω-3 (antiaterogena, antinfiammatoria, antitrombotica)
dipende dal prevalere dei fattori protettivi su quelli inducenti rischio.
L’assunzione di acidi grassi ω-3 incrementa: la formazione di
prostaglandine PGI3; la produzione di leucotrieni B5 (molto meno
infiammatori rispetto ai leucotrieni B4), di interleuchina 2, dell’EDRF (Endothelial
Derived Relaxing Factor); l’attività fibrinolitica; la deformazione degli
eritrociti; l’aumento delle HDL. Una diminuzione o assenza di acidi grassi
ω-3 comporta una maggiore produzione di acido arachidonico, un aumento
dell’aggregazione piastrinica e la formazione di trombossani, un aumento
dell’attività dei macrofagi, una aumentata formazione di interleuchina 1,
di leucotrieni 4, del PAF (Platelet Activating Factor) e del PDGF (Platelet
Derived Growth Factor), un incremento delle LDL, delle VLDL, dei
trigliceridi e della viscosità ematica.
Gli acidi grassi più
importanti della serie ω-6 sono l’acido linoleico (18:2 ω-6), l’acido γ-linolenico
(18:3 ω-6), l’acido diomo-γ-linolenico (20:3 ω-6), l’acido arachidonico
(20:4 ω-6). Il più diffuso è l’acido linoleico che è presente negli oli di
semi; l’acido arachidonico è tipico del mondo animale essendo un prodotto
di conversione dell’acido linoleico. L’acido γ-linolenico è il primo
intermedio nella conversione dell’acido linoleico ad acido arachidonico;
l’acido diomo-γ-linolenico ha un rapido turnover metabolico in quanto è
rapidamente convertito a prostaglandine della serie 1.
Gli acidi grassi
polinsaturi a lunga catena ω-6 hanno, anch’essi, un ruolo strutturale e
funzionale. L’acido arachidonico è presente nei fosfolipidi di membrana ed
è importante, opportunamente bilanciato con il DHA, nello sviluppo
embrionale e nell’accrescimento del bambino, produce le prostaglandine
della serie 2 (attraverso la via ciclossigenasica) dando luogo alla
formazione di intermedi metabolici ad attività pro-infiammatoria e
aggregante piastrinica (trombossano A2). Dall’acido arachidonico tramite
la via lipossigenasica si formano i leucotrieni, che hanno una azione
broncocostrittrice (ruolo importante nell’anafilassi insieme alle SRSA –
Slow Reacting Substance of Anaphylaxis).
Gli effetti biologici
degli acidi grassi della serie ω-6 e della serie ω-3 pur avendo come siti
della loro azione gli stessi elementi cellulari (mastociti, neutrofili,
eosinofili, macrofagi, trombociti, endotelio vasale) sono spesso di tipo
opposto: infatti, gli acidi grassi ω-6 (acido arachidonico) dando origine
a prostaglandine della serie 2 e leucotrieni della serie 4 hanno come
effetto finale vasocostrizione, broncocostrizione attivazione dei
poliformonucleati e aumento della permeabilità, gli acidi grassi ω-3 (EPA)
formano prostaglandine della serie 3 e leucotrieni della serie 5 riducono
i processi infiammatori, provocano vasodilatazione e riducono la
broncocostrizione.
Il fabbisogno
giornaliero degli acidi grassi ω-3 EPA e DHA è di 1 g al giorno (circa lo
0,5% delle calorie totali) mentre per l’acido γ-linoleico ω-6 è di 560 mg
al giorno (circa lo 0,25% delle calorie totali). In condizioni di alterato
assorbimento è consigliabile raddoppiare le dosi.
Acidi grassi ω-3 ed
ω-6 nella prevenzione e nella terapia
Il rapporto ottimale
tra acidi grassi polinsaturi a lunga catena ω-3 / ω-6 per svolgere in modo
adeguato le loro funzioni è di circa 1:10. Negli ultimi 100 anni questo
rapporto ideale si è notevolmente sbilanciato a favore degli ω-6 per
ragioni diverse fra cui l’aumentato consumo di oli vegetali (mais,
girasole, arachidi ricchi di ω-6 come l’acido linoleico) per il controllo
dell’aterosclerosi, il limitato consumo di pesce e la minor presenza di
ω-3 nel pesce di allevamento rispetto a quello pescato che si nutre di
fitoplancton, le minime quantità di acido linolenico nelle carni
provenienti dai bovini domestici che sono alimentati con prodotti molto
poveri di acidi grassi ω-3, la produzione di vegetali a foglia verde
contenenti acidi grassi ω-3 in misura minore.
Una diminuzione di
acidi grassi ω-6 comporta lesioni della cute, anemia, aumento
dell’aggregazio-ne piastrinica, trombocitopenia, steatosi epatica,
ritardata cicatrizzazione delle ferite, una aumentata suscettibilità alle
infezioni, diarrea e ritardo di crescita nell’età evolutiva.
Una diminuzione di
acidi grassi ω-3 è caratterizzata da sintomi neurologici, ridotta acuità
visiva, lesioni cutanee, ritardi di crescita, riduzione della capacità di
apprendimento, elettroretinogramma anormale.
Il mantenimento di un
ottimale rapporto di ω-3 / ω-6 è di rilevante importanza nella prevenzione
di alcune condizioni patologiche e nella terapia sia di forme patologiche
ad eziopatogenesi immunoallergica sia di particolari forme patologiche
legate ad errori del metabolismo lipidico. In particolare: (1) prevenzione
di malattie cardio-vascolari e dei fattori di rischio per l’aterosclerosi;
(2) prevenzione e terapia di patologie immunoallergiche e cutanee; (3)
patologie congenite del metabolismo quali l’Adrenoleucodistrofia e la
Fenilchetonuria.
Studi recenti indicano
che regimi dietetici ricchi di acido α-linolenico determinino una
riduzione della mortalità cardio-vascolare, in particolare della morte
improvvisa (effetto antiartmico dell’acido α-linolenico) e delle recidive
di infarto miocardico, senza influenzare colesterolemia e pressione
arteriosa, fattori classici di rischio coronarico.
Nella dermatite
atopica soprattutto nell’età infantile si è visto che vi è una
significativa diminuzione di acido arachidonico ed un aumento di acido
linoleico e che la sintomatologia (prurito, segni di flogosi ed eczema)
migliora con la somministrazione di acido γ-linolenico.
Altre patologie nelle
quali recenti ricerche di base e cliniche hanno dimostrato l’importanza
degli acidi grassi insaturi ω-3 e ω-6 sono le neoplasie della mammella,
del colon, della prostata, artriti, disturbi mentali, disturbi della
vista, patologie autoimmuni.
Acidi grassi ω-3 ed
ω-6 e nutrizione artificiale
Studi sulla cinetica
metabolica degli acidi grassi ω-3 ha evidenziato che esistono profonde
differenze tra la somministrazione orale e quella parenterale. Infatti, la
somministrazione orale porta alla incorporazione degli acidi grassi ω-3
nelle membrane cellulari solo dopo una dieta di parecchie settimane,
mentre la somministrazione parenterale porta a questo risultato entro
pochi giorni.
Un apporto di acidi
grassi essenziali ω-3 ed ω-6 è particolarmente indicata nei prematuri e
nei neonati di basso peso alla nascita, in considerazione che l’organismo
ha a disposizione solo scarse risorse endogene ed esiste una notevole
necessità di acidi grassi essenziali nei tessuti neoformati per la rapida
crescita in peso. Inoltre, nel periodo perinatale la capacità di
sintetizzare acidi grassi insaturi a catena lunga dai loro precursori è
ridotta. L’arricchimento della alimentazione con acidi grassi insaturi ω-3
ed ω-6 porta ad una normalizzazione della concentrazione di acidi grassi
nei fosfolipidi e si correla con un migliore sviluppo cerebrale e delle
funzioni visive.
I pazienti con
malattie caratterizzate da una componente infiammatoria sembra che
traggano buoni benefici dalla somministrazione di acidi grassi ω-3, grazie
agli effetti antinfiammatori ed immunomodulatori oltre all’effetto
antiaggregante e vasodilatatore con aumento della perfusione
microvascolare con riduzione del rischio trombotico.
Conclusioni
Le migliori conoscenze
della biochimica e della fisiologia degli acidi grassi ω-3 ed ω-6 unite
alla possibilità di identificazione degli stessi nei fluidi biologici e
nei tessuti con metodiche affidabili per sensibilità e specificità
(gas-cromatografia) ha portato ad una loro utilizzazione in varie
condizioni patologiche oltre che in situazioni che sono al confine tra
fisiologia e patologia.
È stato suggerito che
l’aumento delle malattie cardiovascolari avvenuto dopo la rivoluzione
industriale, e soprattutto nel XX secolo, sia in parte dovuto al drastico
aumento nell’alimentazione di acidi grassi omega-6 in rapporto agli omega-3,
verificatosi conseguentemente all’introduzione delle moderne tecniche di
agricoltura e allevamento. I benefici che gli acidi grassi omega-3 apportano
alla salute possono dipendere dai loro effetti sull’aterogenesi,
sull’infiammazione, sulla trombosi e sulla limitazione del danno d’organo.È
stato anche suggerito che la raccomandazione generica di assumere una
maggiore quantità di acidi grassi polinsaturi avanzata dal National Heart
Lung and Blood Institute, in seguito alla quale è aumentato di fatto il
consumo di acidi grassi omega-6, possa aver determinato conseguenze negative
sulla salute della popolazione americana. Gli acidi grassi omega-3 possono
essere introdotti anche in forma di integratori dietetici basati su
concentrati di oli di pesce che contengono un rapporto variabile in EPA e
DHA. Sono attualmente disponibili, sotto prescrizione medica, preparazioni
molto concentrate di questi composti (fino all’85%), in grado di fornirne
una quantità relativamente elevata in una o poche capsule per giorno. Una di
queste preparazioni farmaceutiche è stata usata nello studio
GISSI-Prevenzione1. In quanto sostanze
naturali, gli acidi grassi omega-3 non possono essere brevettati come tali.
Al momento attuale appare improbabile che gli effetti biologici osservati
negli studi clinici siano diversi a causa di una differente origine di
queste sostanze, ma
il quesito rimane di
fatto aperto. I produttori hanno comunque brevettato le tecnologie di
produzione (estrazione e concentrazione) degli oli di pesce concentrati
utilizzati in alcuni studi. Le differenze possono diventare rilevanti quando
devono essere usate dosi massicce di questi composti – e quindi
difficilmente ottenibili da fonti naturali –, o quando insorgano problemi di
aderenza a lungo termine (compliance) a trattamenti che richiedano
l’assunzione di un grosso numero di capsule.
Una serie dunque di
differenti linee di evidenza concorda nell’indicare una forte potenzialità
degli acidi grassi omega-3 quali agenti in grado di prevenire le aritmie
ventricolari fatali. Questa ipotesi, al momento supportata da studi
retrospettivi caso-controllo, da una quantità di studi
in vitro e su modelli
animali, e da studi prospettici (non ancora diretti a valutare
specificamente l’ipotesi antiaritmica), è attualmente in corso di
valutazione in almeno tre grandi studi clinici, condotti su pazienti con
impianto di defibrillatori intracardiaci. In questi pazienti, che hanno un
alto rischio di sviluppare aritmie ventricolari fatali, i defibrillatori
intracardiaci possono impedire l’insorgere di episodi fatali di tachicardia
o fibrillazione ventricolare. Questi apparecchi sono inoltre in grado di
registrare il numero e le caratteristiche di ogni episodio aritmico, su una
popolazione che appare ideale per valutare formalmente l’ipotesi.
Ulteriori informazioni
I pazienti che possono,
dunque, beneficiare della somministrazione parenterale di acidi grassi ω-3
sono oltre ai (1) post-traumatizzati e post-chirurgici quelli con: (2) sepsi
e Sindrome di Risposta Infiammatoria Sistemica (SIRS); (3) rischio di
processi infiammatori intensi; (4) funzione immunitaria compromessa; (5)
malattie infiammatorie dell’intestino (colite ulcerosa e morbo di Crohn);
(6) funzione polmonare compromessa (scompenso polmonare acuto o cronico);
(7) trapianto renale; (8) patologie cutanee infiammatorie (psoriasi, eczema
atopico); (9) patologia caratterizzata da grave stress metabolico.
Gli acidi grassi ω-3 ed
ω-6 presentano nella loro struttura doppi legami con tendenza ad
autoossidarsi sia durante la conservazione che nell’organismo; l’ossidazione
può essere prevenuta efficacemente aggiungendo un antiossidante come la
vitamina E.
-Estratto da “Effetti
antiaritmici degli acidi grassi omega-3.Una rassegna” di Raffaele De
Caterina*§, Rosalinda Madonna*
*Cattedra di Cardiologia, Università
degli Studi “G. d’Annunzio”, Chieti, §Istituto di Fisiologia Clinica del CNR,
Pisa
-Gli Acidi Grassi ω–3
ed ω–6: dalla biochimica all’applicazione clinica
Prof. Marcello Ciaccio,
M.D. Cattedra di Biochimica Clinica – Facoltà di Medicina e Chirurgia –
Università degli Studi di Palermo