MINI La Mini è
un'automobile prodotta dal 1959 al 2000, con vari marchi e da
vari costruttori, seguendo tutte le vicissitudini della Casa
automobilistica britannica che la produceva in origine: la
British Motor Corporation (abbreviata BMC).
A metà degli anni
cinquanta la neonata BMC aveva l'esigenza, alla luce della Crisi
del Canale di Suez del 1956 che aveva portato aumenti sensibili
nei prezzi dei carburanti, di realizzare una vettura da città,
piccola ed economica, ma in grado di trasportare almeno 4
persone. Leonard Lord, timoniere della BMC, affidò il compito
all'ingegnere d'origine greca Alec Issigonis. Issigonis fece un
capolavoro: grazie alla disposizione anteriore trasversale del
motore, al cambio montato sotto il motore (con coppa dell'olio
unica) e alla trazione anteriore, la vettura, lunga appena 303
centimetri, poteva ospitare (con discreto spazio) 4 persone. La
carrozzeria era a 2 volumi con 2 porte. Altri elementi di
modernità erano forniti dalle sospensioni a ruote indipendenti
con elementi elastici in gomma (al posto delle molle), dalle
ruote da 10 pollici (per limitare l'invasività nell'abitacolo
dei parafanghi) e dallo sportello del vano bagagli (in sé
angusto e occupato, per 1/4, dal serbatoio del carburante)
ribaltabile verso il basso (come anche la targa, che era sempre
visibile) per trasportare colli ingombranti. Il motore era un
classico A-Series (dotato di un albero a camme laterale), con
cilindrata ridotta a 848cc, alimentazione a carburatore e
potenza di 34 cv. Per farlo entrare nel piccolo vano, Issigonis
aveva dovuto spostare il radiatore sul lato sinistro del motore.
Per contenere i costi di produzione le cerniere delle porte e le
saldature (mascherate dai gocciolatoi) erano a vista. La
vetturetta debuttò il 26 Agosto del 1959, con marchi Austin e
Morris. Sia l'Austin Seven che la Morris Mini Minor (questi i
nomi commerciali) erano disponibili negli allestimenti standard
e De Luxe. La Mini s'affermò piuttosto lentamente, per via
dell'originalità estetica e di qualche problema qualitativo
iniziale. Pian piano divenne però uno straordinario successo e
il pubblico ne apprezzò anche altre doti sorprendenti: la
straordinaria agilità (sembrava un kart) e l'eccezionale tenuta
di strada.
Nel 1960 venne
lanciata la versione station wagon della Mini, con passo
allungato, portellone a doppio battente e listelli in legno. La
nuova versione, dotata dello stesso motore della berlina, era
disponibile nella versione Austin (denominata Seven Countryman)
e Morris (Mini Minor Traveller), negli allestimenti standard e
De Luxe. Nel 1961 la versione con listelli in legno venne
affiancata da quella con carrozzeria interamente metallica.
Sempre nel 1961, per offrire un modello dotato di un bagagliaio
più capiente, venne presentata una versione a 3 volumi (con coda
dotata anche di "pinne") della Mini. La linea, discutibile,
presentava anche un frontale ridisegnato, con una calandra a
sviluppo verticale. La nuova variante della Mini venne
commercializzata in due versioni: Wolseley Hornet (più
economica) e Riley Riley Elf (più lussuosa, con plancia in
legno). Ma il 1961 fu un anno importante per la Mini soprattutto
per il lancio della Mini Cooper, ovvero la versione sportiva
elaborata da John Cooper (titolare dell'omonimo team di Formula
1). L'elaborazione consisteva, essenzialmente, nell'incremento
di cilindrata da 848 a 997cc, nell'adozione di 2 carburatori
tipo SU da 1.25, di freni anteriori a disco e di un assetto
rivisto. La potenza di 55cv (non molti in assoluto) era
sufficiente, abbinata alle straordinarie doti stradali della
Mini, a garantire ottime prestazioni.
La Mini Cooper,
opportunamente elaborata, s'aggiudicò la vittoria di classe del
rally di Montecarlo del 1963, con alla sua guida il pilota Timo
Mäkinen. Alla fine dello stesso anno le Wolseley Hornet e le
Riley Elf adottarono un motore di cilindrata maggiorata a 998cc
e potenza di 38cv. Sul finire del 1964 tutte le Mini berlina
(incluse le Cooper, le Cooper S e le varianti Wolseley e Riley)
adottarono le sospensioni Hydrolastic, già montate dal 1962
sulle Austin e Morris 1100. Le versioni station wagon
mantennero, invece, le sospensioni d'origine. Con l'occasione la
Cooper venne affiancata dalla Cooper S, con motore di 1071cc da
70cv. La Cooper S (1071cc) con potenza portata a circa 85Cv
s'aggiudicò il rally di Montecarlo edizione del '64. Nel 1964 la
gamma Cooper e Cooper S cambiò ancora, con l'introduzione di una
nuova versione per la Cooper "normale" con motore portato a
998cc (55CV) e la produzione di due nuovi modelli Cooper S 1.0
(970cc, 65cv) e la Cooper S 1.275 (1275cc, 76cv) che si andarono
ad affiancare alla oramai famosa versione da 1071cc (70cv)che
vinse il Monte Carlo del '64. La Cooper S 1.275 s'aggiudicò
inoltre nuovamente il rally di Montecarlo nel 1965, 1966 (fu
tuttavia squalificata per fanali irregolari) e nel 1967, nonché
il rally dell'Acropoli del 1967.
Bisogna
premettere che inizialmente lo stesso Issigonis all'idea di
elaborare la "sua" Mini non era particolarmente entusiasta ma fu
lo stesso Cooper all'inizio degli anni '60 a farlo ricredere
anche grazie ad una dimostrazione pratica delle potenzialità
della piccola vettura. La risposta alla domanda del titolo è
facile: "se si vuole vincere il più possibile bisogna portare
macchine in più categorie". La "S" da 1071cc non poteva
competere nelle classi sotto i 1000cc e inoltre aveva molte
difficoltà a competere con certi giganti, sia di mole che di
cilindrata e potenza, nella categoria assoluta dei rally (la
vittoria assoluta al rally di Monte Carlo del '64 era stata
ottenuta grazie alla correzione del tempo finale come previsto
dal regolamento dell'epoca in base alla cilindrata). Per questi
motivi fu messa a punto la Cooper S 1000 (prodotta in poco più
di 900 esemplari) per gareggiare nelle categorie riservate alle
piccole cilindrate mentre la 1275cc fu pensata per competere
nella classe assoluta aperta anche a vetture di oltre 2000cc.
Nel 1967 fu
introdotta la Mini seconda serie, che venne prodotta fino al
1969. In verità le modifiche furono modeste e diversificate a
seconda delle versioni. Le Mini berlina di Austin e Morris
(incluse le Cooper) adottarono una nuova calandra (ampliata), un
lunotto leggermente ampliato e luci posteriori rettangolari
(senza la luce della retromarcia) e interni monocolore neri (Cooper
e Cooper S). Le station wagon Traveller e Countryman (sempre
disponibili nelle varianti con o senza inserti esterni in legno)
adottarono la nuova calandra delle berline. Le versioni Austin e
Morris, berlina o station wagon, erano inoltre disponibili in
versione Super De Luxe, equipaggiate col motore di 998cc da
38cv. Più consistenti gli aggiornamenti alle Wolseley Hornet e
Riley Elf: vetri discendenti, cerniere delle porte nascoste,
impianto di ventilazione migliorato, trasmissione manuale
migliorata e disponibilità, a richiesta, di un cambio automatico
a 4 rapporti.
La gamma fu
completata nel 1968 con l'introduzione della Mini Matic, con
motore 1000 da 38cv e cambio automatico a 4 rapporti della
Automotive Products. La parte interessante della nuova
trasmissione automatica era la logica di funzionamento. La
selezione dei rapporti avveniva in base a quanto si premeva
l'acceleratore: premendolo poco i cambi di marcia avvenivano a
basso numero di giri, premendolo a fondo le marce venivano
tirate il più possibile, era inoltre dotato del sistema "kick
down" per la fase di ripresa. Nel 1969 iniziò la produzione
della terza serie (MK3) che terminò sul finire del 1971.
Nel 1969, tolte
di produzione le poco gradite Wolseley Hornet e Riley Elf, la
British Leyland (nuova denominazione della BMC) decise di
rendere la Mini una marca a sé stante (abolendo la doppia
denominazione Austin e Morris) e d'intervenire sul modello in
due direzioni: migliorando la Mini classica e introducendone una
versione di lusso (modificata anche esteticamente) in grado di
prendere il posto delle dismesse Hornet ed Elf. Il miglioramento
della Mini classica si sostanziò, essenzialmente,
nell'abolizione delle cerniere a vista sulle porte,
nell'adozione dei vetri discendenti (prima erano scorrevoli) e
nell'eliminazione delle sospensioni Hydrolastic. All'interno
venne modificata la plancia (con la strumentazione spostata al
centro e racchiusa in un pannello ovale). La versione station
wagon, priva di cornici in legno, si chiamava ora Traveller. Per
la versione di lusso la British Leyland decise di puntare su un
sostanzioso restyling interno ed esterno. Venne così lanciata,
sempre nel 1969, la Mini Clubman. Rispetto alla versione
classica la Clubman differiva solo nel frontale (squadrato e
allungato) e negli interni (con plancia e sedili ridisegnati).
La gamma Clubman comprendeva anche la versione station wagon
(con muso ristilizzato e coda identica a quella della Traveller
classica), denominata semplicemente Estate. La Clubman berlina
soffriva di un evidente squilibrio estetico, generato dalla
cattiva armonizzazione tra il frontale squadrato e la coda
tondeggiante della Mini. Molto più riuscita la Estate (con la
fiancata percorsa da una fascia in finto legno), nella quale le
linee tese della coda ed il passo lungo si fondevano meglio
(persino della Traveller) col nuovo frontale. Dal punto di vista
tecnico la Mini classica rimaneva disponibile col solo motore di
848cc (ma potenziato a 37cv), mentre la Clubman era mossa dal
998cc portato a 44cv. Rimanevano, infine, in produzione, con le
modifiche previste per la Mini classica, le Cooper 1.0 (55cv) e
Cooper S 1.3 (76cv), ma non più verniciate in doppia colorazione
(per risparmiare!!). Dalla seconda metà del 1971 vi fu l'uscita
dal listino di tutti i modelli Cooper con l'esordio però della
Mini Clubman GT, mossa dal 1275cc della Cooper S, ma in versione
monocarburatore da 58cv. Nel 1974 le Clubman standard adottarono
il motore di 1098cc da 48cv. Lo stesso anno la Clubman GT venne
equipaggiata con cerchi da 12 pollici, anziché 10. Nel 1975 la
Clubman Estate perse la fascia in finto legno, rimpiazzata da
una semplice striscia adesiva di colore marrone/arancio. Lo
stesso anno tutte le Clubman adottarono una nuova calandra in
plastica nera, mentre la versione Traveller della Mini classica
venne tolta di produzione. Nel 1976, in considerazione del poco
successo della Clubman berlina, la British Leyland decise
d'intervenire sulla Mini classica, lanciandone la quarta serie.
Nessuna rivoluzione, ma tanti affinamenti: calandra in plastica
nera, rivestimenti interni in tessuto, strumentazione rivista.
La Mini MK4 era disponibile, inizialmente, nella sola versione
1000 (998cc, 42cv) negli allestimenti base o Special. Nel 1979
tuttavia tornò il motore di 848cc da 37cv abbinato al livello di
finitura (semplificato) City.
Nel 1980 la
Clubman berlina uscì di listino (rimpiazzata dall'Austin Metro),
mentre la Mini City adottò il motore di 998cc. Nel 1982, con
l'uscita di scena della Mini Clubman Estate (che pure aveva
goduto di un buon successo, molto superiore a quello della
berlina) la gamma Mini venne riorganizzata. Alla base si poneva
la Mini 1.0 E (riconoscibile per i paraurti neri, la
strumentazione ridotta, dotata di un unico strumento al centro
della plancia, e i rivestimenti meno pregiati), mentre al top
c'erano la Mini 1.0 HLE (con interni migliori e strumentazione
spostata davanti al guidatore) e la Mini Mayfair, che presentava
la dotazione della HLE con in più interni di maggior pregio,
poggiatesta anteriori e contagiri. Nel 1984, la British leyland
intervenne ancora sulla Mini classica, dotandola di carreggiate
allargate, freni anteriori a disco, codolini in plastica nera
sulle ruote, diversi rivestimenti interni. La versione base
tornò a chiamarsi City. Una serie impressionante di versioni
speciali si susseguì senza tregua tra il 1985 ed il 1991: Mini
25, Mini Red Flame, Mini Red Hot, Mini Check Mate, Mini Studio
2, Mini Piccadilly, per citarne alcune.
Nel 1991 il Rover
Group intervenne sulla Mini, principalmente per ragioni di
sicurezza ed inquinamento. La scocca venne rinforzata, mentre il
motore, ora di 1275cc, adottò l'alimentazione a iniezione
elettronica single point e la marmitta catalitica. La potenza
era di 50cv. L'unica versione disponibile sul mercato italiano
era la Mayfair (con carrozzeria chiusa o dotata di tetto
apribile in tela Open Classic). La calandra tornò cromata. Nel
1991 venne reintrodotta la versione Cooper (riconoscibile per il
tetto bianco o nero, i cerchi "Minilite" da 12 pollici e le
strip adesive sul cofano motore), con motore 1275cc a
carburatore (MK5) fino al 1992 e poi a iniezione singlepoint "spi"
(MK6) sempre da 63cv e catalizzate. In questi anni si dà vita ad
un acceso campionato mononomarca di velocità su pista riservato
alle Cooper. Ci sono competizioni che tuttora, in più parti del
mondo, vedono le mini come protagoniste. Nel 1993 arrivò anche
la Mini Cabriolet, con motore della Cooper, allestimenti
arricchiti (la plancia era in legno) e vistose appendici
aerodinamiche. Nel 1997, in seguito all'acquisto del Rover Group
da parte della BMW (1994), la gamma venne ulteriormente
aggiornata: motore ad iniezione elettronica multipoint, airbag
lato guida, barre antintrusione nelle portiere, cinture di
sicurezza con pretensionatore, radiatore frontale, nuovi
interni. La gamma comprendeva le versioni Classic, Cooper(MK7),
Cooper Sport-Pack. Quest'ultima aveva fari supplementari, cerchi
da 13 pollici, carreggiate allargate e codolini maggiorati. Non
venne riproposta la Cabriolet. La Mini classica uscì di
produzione nel 2000, salutata dall'edizione speciale Mini 40°.
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