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Parabola della pecora smarrita

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La pecora smarrita - Matteo

Dal Vangelo di Matteo Capitolo 18, Versetti 12-14

È venuto, infatti, il Figlio dell'uomo per salvare ciò che era perduto; così ci conforta Matteo quando narra che «Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che è smarrita? Se riesce di trovarla in verità io vi dico: si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è la volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si smarrisca».

Esegesi parabola Matteo

Di fronte a tale parabola, siamo sempre orientati a pensare che la "pecora smarrita" rappresenti il peccatore che si è allontanato dal Signore e il Signore la va a cercare, perché Gesù è venuto a riscattare i peccatori.
Matteo ci stupisce perché ci dice che non è quella l'interpretazione corretta della parabola, perché la pecora smarrita rappresenta uno di quei piccoli che il Padre non vuole si smarriscano, quegli stessi piccoli di cui Matteo parla all'inizio dello stesso capitolo evangelico; d'altronde la "pecora smarrita" non potrebbe essere simbolo di un peccatore lontano dal Signore, visto che già appartiene al suo "gregge". E allora chi è questa pecorella, chi sono questi piccoli? Sono coloro che credono in Gesù, che si pongono alla Sua sequela e lo seguono come unica guida verso il Regno dei cieli. Altrove Gesù mette in guardia chi scandalizzerà anche solo uno di questi suoi piccoli. Gesù pertanto paragona il "piccolo" alla "pecora smarrita".

Per comprendere fino in fondo il significato di questa parabola, occorre ricordare alcuni passaggi dei Vangeli, nei quali Gesù invia i suoi discepoli e li manda ad annunziare la buona novella, preannunciando gli ostacoli in cui andranno incontro: «Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi», come dire, succederanno delle cose che vi disorienteranno e vi sentirete smarriti, «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome [...] sarete odiati da tutti»
(Mt 10,16-17; Mc (13,9-13; Lc 21,12-19).

La pecora smarrita rappresenta la fatica del credente nell'essere fedele al Vangelo di Gesù, in un ambito che non ne vuole sapere, che ostacola con ogni mezzo la possibilità di aderire, senza se e senza ma, al Vangelo di Gesù. Gesù nell'ultima cena rivolge la sua preghiera al Padre dicendo «Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi [...] essi invece sono nel mondo, ed io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato» (Gv 17,9-11), proprio per sostenere quanti hanno deciso di aderire alla volontà del Padre e non cedere alla tentazione del mondo.

Gesù paragona dunque la pecora al dramma dello smarrimento e al piccolo bisognoso di una guida. Il piccolo è colui che ha posto tutta la sua fiducia solo in Gesù e questa immagine del piccolo smarrito è ricorrente soprattutto negli Atti degli Apostoli, dunque dopo la resurrezione di Gesù quando il Sinedrio impone di non parlare più del Cristo: «E, richiamatili, ordinarono loro di non parlare assolutamente né di insegnare nel nome di Gesù». Se fosse stato imposto agli Apostoli prima della resurrezione, per Pietro e Giovanni sarebbe stato motivo di smarrimento; ora invece lo Spirito di Dio era in loro ed essi poterono rispondere: «noi non possiamo tacere per quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20). Lo Spirito dona loro una forza incredibile, è la spinta propulsiva della Guida che viene anticipata nella parabola della "pecora smarrita" quando si afferma tutto ciò avviene perché «non si perda neanche uno solo di questi piccoli», ed è raffigurata nel pastore alla ricerca della pecora smarrita che, messasela sulle spalle, ritorna con essa al gregge: «Le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori [...] e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce»
(Gv 10,3-4).

Un'ultima riflessione va fatta pensando che la parabola è rivolta ai discepoli, non alla generica folla: Gesù sta preparando i Suoi per ciò che dovranno affrontare, basti pensare al loro smarrimento durante il processo e dopo la crocifissione di Gesù. Chi c'era sotto la croce? Solamente Giovanni, gli altri apostoli erano spariti tutti, erano andati a rinchiudersi nel cenacolo, perché avevano paura dei giudei, come riportato negli Atti degli apostoli. Ed ancora basti pensare allo smarrimento dei due discepoli che vanno verso Emmaus, «Con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute». Lungo la strada Gesù fa loro compagnia, si manifesta divenendo loro guida, spiega il contenuto della Parola e da quel momento sono consolati e rafforzati: tornano a Gerusalemme e affermano con piena convinzione che Gesù è risorto. Gesù ha riportato la pecora smarrita alla sicurezza dell'ovile, ha dato la forza al piccolo smarrito.

La preoccupazione di Pietro, Giovanni, Paolo e degli altri Apostoli da quel momento diventa dunque quella di mettere in guardia i fedeli dai falsi maestri, dalle false dottrine perché avrebbero creato molto smarrimento: «Mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo» (Gal 1,6); i Galati si erano smarriti perché si erano lasciati ingannare da altri vangeli, e Paolo li ammonisce incoraggiandoli al ravvedimento; e la stessa cosa stava accadendo a Corinto e in altre comunità di neo-cristiani che, dopo la morte del Maestro, erano diventate più suscettibili alle devianti dottrine di guide ingannatrici.

Ieri come oggi, le false dottrine creano lo smarrimento, instillando il dubbio con interpretazioni accomodanti della Parola di Dio. Matteo, nella parabola della "pecora smarrita", richiama i cristiani alla realtà: occorre vigilare e quando il Vangelo di Gesù non determina più il proprio agire, le proprie parole, i propri pensieri, occorre preoccuparsi perché significa che ci si sta allontanando da Gesù, intraprendendo un cammino che porta allo smarrimento certo, perché Gesù non è più la guida.

Supplica Gesù affinché venga a cercarti e ti riporti all'ovile e alla vera fede attraverso la potenza della Sua parola! Quando Gesù manda i suoi apostoli li invia come agnelli in mezzo ai lupi consapevole che avrebbero trovato la forza in Lui. Lui è la vera forza e la troviamo nell'interpretazione vera delle parole del Vangelo. Dobbiamo essere fedeli alla Parola tramandata attraverso i secoli e non a quella modificata nell'interpretazione per adattarla ai tempi, perché la parola di Dio non è di questo mondo, non può essere manipolata per andare incontro alle concupiscenze del tempo contingente: è sempre la stessa, l'unica da secoli, e tale deve restare. Dobbiamo essere certi che, se apparteniamo al suo "gregge", il Pastore andrà sempre a cercare la pecora smarrita, affinché nessuno di questi piccoli debba perire.

La pecora smarrita - Luca

Dal Vangelo di Luca Capitolo 15, Versetti 1-7

Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: "Costui riceve i peccatori e mangia con loro". Allora egli disse loro questa parabola: Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.

Esegesi parabola Luca

I superbi farisei non erano in grado di comprendere come Gesù potesse mostrarsi così pieno di benevolenza verso i peccatori. Con questa parabola Gesù risponde alle loro ingiuste mormorazioni e tende dimostrare quanto sia grande la bontà e la misericordia di Dio verso i peccatori.

Gli scribi ed i farisei si avvicinano per ascoltare Gesù, ma non hanno alcuna volontà di ascoltare e di essere giudicati: al contrario si fanno giudici di Cristo.

La scena inizia con una domanda: chi di voi perde una pecora ... non va forse a cercarla? Mentre in Matteo la pecora si smarrisce, qui la perdita potrebbe essere addebitata al pastore [Farisei, scribi, Classe sacerdotale] che non ha vegliato.

Ebbene il Pastore buono [Gesù] parte nel tentativo deciso di cercare la pecora finché non la trova. Quando la trova, si carica la pecora sulle spalle con un atto molto delicato che dimostra la compassione e la tenera cura per la pecora che per vari motivi, si è persa. D'ora in poi non lascerà più che la pecora cammini da sola, perché non si perda un'altra volta, ma la porta su di sé pieno di gioia perché l'ha salvata.

Giunto a casa chiama gli amici ed i vicini dicendo a loro: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecorella perduta. E seguiranno gli impliciti festeggiamenti come nella parabola del figliol prodigo.

Gesù usa l'espressione "Così vi dico" per fare una dichiarazione solenne. E continua: ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.

"Gioia in cielo" offre la prospettiva di una gioia divina dal momento in cui avviene la conversione, associato a un pentimento, al cambio di mentalità, a una risposta alla grazia proveniente da Gesù. Per i novantanove giusti saldamente ancorati alla loro presunzione di giustizia [Giudei] non c'è gioia né interessamento in cielo.