Fico che germoglia


Parabola del fico che germoglia

Monastero Monito per i fedeli
La parabola del fico che germoglia serve anche come monito spirituale per i fedeli, invitandoli a una vigilanza attiva e a una fede perseverante.

Sommario:
- Matteo 24,32-35
- Commento parabola Matteo
- Marco 13,28-29

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Parabola del Fico che germoglia - Vangelo Matteo

Dal Vangelo di Matteo Capitolo 24, Versetti 32-35

Dal fico poi imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Così anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che Egli è proprio alle porte. In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo accada. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

Esegesi parabola del Fico che germoglia Mt[24,32-35]

All'inizio del Capitolo 24, Matteo affronta il discorso escatologico degli ultimi tempi. Nella prima parte di questo capitolo Gesù parlando ai suoi discepoli annunzia la distruzione del Tempio e di Gerusalemme, le persecuzioni e la venuta del Figlio dell'uomo (cfr Mt 24,30: "Vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo"): "quando vedrete queste cose, sappiate che Egli è vicino".

Matteo era molto preoccupato per come si stavano mettendo le cose all'interno delle sue comunità, per l'ostile situazione storica, sociale e religiosa. La coesione delle comunità si stava lentamente allentando, quindi desiderava incoraggiarle, con una sferzante esortazione alla vigilanza e all'impegno di essere fecondi nel bene, nell'attesa di una certa, anche se non immediata, venuta del Signore, che avrebbe portato con sé il giudizio finale.

La parabola dei germogli di fico è un invito alla comunità cristiana ad accogliere l'insegnamento, il più importante, perché posto a conclusione della prima parte del discorso escatologico. "Quando vedrete tutte queste cose" fa parte del linguaggio apocalittico e si riferisce ai tristi eventi riportati all'inizio del Capitolo, che preannunciano la Sua venuta: "ma tutto questo non sarà che principio di dolori".
(Mt 24,8).

Il dolore è necessario, perché è determinato dalla fine della vecchia realtà e dall'irrompere della nuova, incompatibile con quella precedente: "Sappiamo, infatti, che tutte le creature gemono, e soffrono fino ad oggi le doglie del parto […] gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli"
(Rm 8,22-23).

E Matteo chiude con una sentenza ancora più profetica: "In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo accada". Gesù parla in una forma solenne; con l'espressione "In verità" imprime all'intero versetto un tono di indiscutibile veridicità e definisce lo spazio temporale entro cui questi cataclismi storici si abbatteranno, indicando anche il luogo che colpiranno: "questa generazione". È un'allusione alla discendenza di quei padri che attraversarono il deserto, ma che non entrarono nella terra promessa per la loro infedeltà; è proprio con quest'ultimo senso che Gesù parla di "questa generazione": il riferimento sembra rivolto al popolo giudaico del suo tempo con cui è in rotta di collisione e con cui si è scatenata una dura polemica, in particolar modo con le autorità religiose.
(Mt 23).

Matteo vede negli eventi catastrofici annunciati, la fine del mondo giudaico e del vecchio modo di intendere il rapporto con Dio. Il "nuovo mondo" è invece fondato sulla Parola di Gesù: "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno" (Mt 24,35). Tutto quanto è effimero passa e ciò che rimane è Dio, cui appartiene anche la parola di suo Figlio, la cui divinità e la cui figliolanza è stata resa manifesta nella risurrezione, che ha rivelato la divinità stessa della parola di Gesù e la sua credibilità.

Al centro di tutto, dunque, c'è la venuta del Figlio dell'uomo, per la quale Matteo invita le comunità a prestare attenzione ai segni descritti da Gesù, senza lasciarsi ingannare dalle ridda di voci provocatorie di falsi profeti. Il conoscere delle cose di Dio è soltanto atto di donazione del Padre, che opera nel Figlio, e in lui e per lui si rivela.

Nessuno può cogliere il mistero di Dio e del suo mondo se questo non gli è stato rivelato, cioè donato, ed è un accoglimento che può avvenire solo nel silenzio e nella profonda contemplazione di quanto è stato rivelato: il chiasso, la frenesia e il pettegolezzo non sono compatibili con la rivelazione divina.

Sono proprio questi tratti di velata segretezza, di oscurità, d'imprevedibilità e di aleatorietà a spingere il credente a essere sempre presente, attento e vigile, senza lasciarsi traviare dagli impegni e dalle difficoltà del presente, senza mai lasciarsi assorbire interamente dalle cose del mondo.

La vita cristiana deve portare alla ricerca della Sapienza che non si deve incagliare nelle false sicurezze di una fede che sia frutto di tecniche intellettuali, ma dell'intervento rivelatore di Dio. La fede è in definitiva l'intelligenza dell'anima, che sa varcare nella ricerca spirituale quella linea tra il finito e l'infinito, e continua – nell'adorazione contemplativa – il dialogo che si arresta alle soglie del mistero.

Parabola del fico che germoglia - Vangelo Marco

Dal Vangelo di Marco Capitolo 13, Versetti 28-29

Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina; così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte.