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Parabola della moneta smarrita

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La moneta smarrita

Dal Vangelo di Luca Capitolo 15, Versetti 8-10

O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte".

Esegesi parabola Luca

Il Vangelo secondo Luca colloca questa parabola tra quella della pecora smarrita e quella del figlio prodigo; tutte e tre sono inserite nel contesto del confronto tra Gesù da un lato e i Farisei e i Dottori della legge dall'altro, i quali mormoravano perché Egli accoglieva i peccatori e mangiava con loro, ossia non li scacciava e non li emarginava come invece Farisei e Dottori facevano e imponevano di fare, ma condivideva con loro anche i momenti più conviviali come i pasti; in una sola parola permetteva loro, che più di una volta aveva elogiato per comportamenti moralmente più corretti rispetto a quelli degli stessi maestri del tempio, di ascoltarlo e di essere "riammessi" nella comunità.

Gesù sta parlando di sé e della sua missione a gente che nella comunità ebraica era tenuta a debita distanza perché considerata lontana dalla legge (esattori, peccatori, prostitute, ecc.). Queste persone quindi non avevano mai occasione di confrontarsi con un "rabbi" su temi religiosi; Gesù invece non solo è disponibile al confronto, ma condivide la sua mensa con loro.

I Farisei superbi non potevano comprendere come Gesù potesse mostrarsi così pieno di benevolenza verso costoro. L'insegnamento che Gesù vuole esprimere con questa parabola è rivolto direttamente a loro e alla loro personale esperienza, dimostrando l'infondatezza delle loro mormorazioni. La parabola della dramma perduta è concepita con la stessa finalità della precedente, ossia dimostrare la gioia che si prova nel riunire l'animale (pecora), l'oggetto (dramma) o la persona (figlio prodigo) che si è separato – più o meno volontariamente – dall'insieme, dalla comunità, dal tutto al quale deve invece restare legato, affinché il suo essere uno abbia un significato attraverso il suo senso di appartenenza a quell'insieme.

Per la donna della parabola le dieci damme rappresentano un insieme prezioso, sono il suo tesoro: l'averne smarrita anche una sola era dunque per lei un gran danno, e questo spiega perché si affaccendi tanto per ritrovarla. E come fa per ritrovarla, per riportarla all'interno di quell'insieme alla quale appartiene? Accende la lucerna e spazza la casa, ossia riporta la luce là dove prima c'erano "le tenebre" e spazza, pulisce, allontana "lo sporco" dalla sua casa: sembra già di vedere Gesù in atto quando, "entrato nel tempio, si mise a cacciare quelli che facevano commerci, dicendo loro "La mia casa sarà casa di preghiera. Voi, invece, ne avete fatto una caverna di ladri!".
[Lc 19,45-46].

I farisei e gli scribi si sentivano offesi, perché Gesù aveva chiesto loro di pensare come a un pastore, nella parabola precedente a questa, e li invitava ora a immaginare se stessi come una donna, un insulto ancora più grande: i pastori erano considerati impuri e le donne degne di poco conto e meno ancora di rispetto. Una dramma o dracma era una moneta d'argento greca equivalente all'incirca a un denaro, la moneta romana corrispondente a una giornata di paga giornaliera per un lavoratore non qualificato.

Questa donna si mette al lavoro per "riportarla alla luce" e non si ferma finché non realizza tale obiettivo riunendola alle altre nove, perché è preziosa, ha un valore enorme per lei che ha solo dieci dramme. Ecco perché, quando la ritrova e ricongiunge alle altre, chiama anche le amiche e le vicine ad entrare nella sua casa, per rallegrarsi del suo tesoro che ora è nuovamente completo: "Così, vi dico, v'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si ravvede".

La grande gioia conclude questa parabola, così come si concludeva la parabola della pecora smarrita e ritrovata; e Gesù va oltre, paragonando questa gioia come quella che si verifica in cielo quando un'anima perduta viene salvata. La parabola è ancora più sorprendente, e scandalosa per i Farisei e i Dottori della legge, perché oltretutto presenta una donna quale metafora dell'opera salvifica di Dio, cosa che non avviene in alcun'altra parabola.

Come potevano i farisei e gli scribi capire la gioia di una donna umile di un insignificante villaggio, provata per il ritrovamento di una cosa per loro di poco conto? Come potevano anche solo immaginare la gioia di Dio in cielo per la salvezza eterna di un peccatore? Ecco perché l'enfasi della parabola ricade sulla gioia celeste per il pentimento di un peccatore, ecco perché Gesù non respinge i peccatori, ma lascia che lo avvicinino, parla con loro, mangia con loro, condivide la sua gioia con loro manifestando anticipatamente la celebrazione divina che spetterà al peccatore che si ravvede.

Il paradiso si emoziona quando è ritrovato un peccatore! È un giorno glorioso in cui una persona perduta viene salvata dalla grazia del Signore Dio: gli angeli, Gesù, Dio stesso gioiscono perché il peccatore è stato strappato per sempre dalla schiavitù del peccato e del diavolo!