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Parabola del fico sterile

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Il fico sterile

Dal Vangelo di Luca Capitolo 13 Versetti 6,9

Disse anche questa parabola: "Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai".

Esegesi parabola

La Parabola usa l'immagine dell'albero del fico per annunciare l'esigenza del Padre di vedere negli uomini i frutti buoni, e la misericordia che il Padre vuole usare all'umanità attraverso il Cristo, e nel contempo è rivelare che Dio attende con pazienza la conversione degli empi, ma quando è giunta l'ora del castigo si mostra inesorabile, se non viene placato con la penitenza. L'albero di fico era già nei profeti un'immagine di Israele: Os 9,10; Mi 7,1; Ger 8,13[2]. In particolare, le citazioni di Michea e Geremia si riferiscono a fichi infruttuosi, in riferimento all'infedeltà del popolo di Dio. Il fico è un albero comune nella Palestina, e qui nella parabola rappresenta il popolo giudaico, il quale non rendeva a Dio alcun frutto nonostante tutte le cure usategli. Le vigne poi erano luoghi particolarmente adatti per il fico, ed è pertanto giustificata l'aspettativa dei frutti da parte del proprietario.

Sono tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Tre anni sono più che sufficienti all'albero di fico per portar frutti. Il padrone aveva quindi tutti i diritti di aspettarsi dì trovarne. Questi tre anni rappresentano il lungo periodo di tempo, che Dio concesse agli Ebrei affinché si convertissero a lui.
Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? La pianta che non porta frutto, ma ingombra solo il terreno, è condannata al taglio.

Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai. Questo coltivatore pietoso che implora un rinvio al castigo è Gesù Cristo. L'anno, che ancora ottiene, rappresenta il tempo, che corre dal pubblico ministero di Gesù sino alla distruzione di Gerusalemme. Durante quest’intervallo Gesù per mezzo dei suoi miracoli e della sua dottrina e per mezzo della predicazione degli Apostoli, fece un ultimo tentativo per richiamare il popolo giudaico sulla retta via, ma inutilmente.

I Giudei non si convertirono, e 40 anni dopo la morte di Gesù, Gerusalemme fu distrutta, e il popolo in gran parte ucciso e i pochi superstiti vennero dispersi fra tutte le nazioni. L’attesa per quest'anno: è il tema dell'anno di grazia (cfr. Lc 4,19), da ricollegare agli annunci del giubileo (Lev 25,8-17), che prevedevano la liberazione degli schiavi e la restituzione della terra ai proprietari originari.

Si osservi che quantunque la parabola si riferisca direttamente al popolo giudaico, tuttavia serve ancora di ammaestramento a tutti i Cristiani a non abusare della bontà e longanimità, con cui Dio aspetta da loro frutti di penitenza.

La parabola non permette però neppure di pensare che c'è sempre tempo e che la pazienza di Dio è senza limiti: Dio è certamente paziente, ma l'uomo non può programmarla o fissarne scadenze. Come altrove (Padre Misericordioso, Lc 15,11-32), la parabola viene interrotta prima della fine, non sappiamo cosa è avvenuto alla fine di quel fico o se c'è ancora spazio per il ritorno di Israele.