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La sera di sabato 13 Dicembre 2008 Horst Tappert si è spento all'età di 85 anni in una clinica a Planegg (Monaco). Da tempo soffriva di una forma acuta di diabete cui si era aggiunto un cancro alla prostata. Accanto a lui la moglie Ursula che ha comunicato alla stampa la notizia solamente due giorni dopo: «È una triste notizia, ma ora lui ha trovato la sua pace, dopo una vita intensa». Markus Schächter, direttore di ZDF ha detto: «Horst Tappert ha affascinato milioni di persone. La sua rappresentazione dell'ispettore capo Derrick è divenuta un'icona del poliziesco tedesco, sia in Germania che all'estero. Nessun'altra serie tedesca ha ottenuto un pari successo di pubblico nel mondo. Gli dobbiamo molto». Dopo il suo addio alle scene Horst Tappert si era ritirato a vita privata ed aveva dichiarato in una delle sue ultime interviste: «Non ho paura di morire, ma voglio che questo accada tra le braccia di mia moglie». Helmut Ringelmann, storico produttore di «Derrick»: «Horst Tappert è stato un meraviglioso uomo e attore. Fin dall'inizio ero convinto del successo che avrebbe riscosso. Abbiamo sempre lavorato bene insieme». Meno celebrativa la critica italiana che per l'occasione ha rispolverato i luoghi comuni di cui erano farciti gli articoli dei primi anni Ottanta. Il giudizio di Aldo Grasso è quello che meglio riassume - forse anche per l'autorevolezza dei toni e la raffinatezza di certe affermazioni - la voce della critica italiana che ha sempre citato la "mediocritas" di cui Umberto Eco già scrisse, rispolverando argomenti che ormai erano a dire il vero sepolti sotto cumuli di polvere. Scriveva Grasso sul Corriere della Sera: «Derrick ist tot: l'attore Horst Tappert ha battuto il suo ultimo ciak. Che non è esattamente un addio perché continuerà a sopravvivergli il fantasma dell'ispettore Derrick. È un moderato congedo da un personaggio, l'ispettore Derrick appunto, che non si congederà mai perché, sia nel bene che nel male, appartiene all'eternità televisiva: quasi 300 episodi, 23 anni di onesta militanza schermica, un'infinità di repliche. In video, nulla si crea e nulla si distrugge. Specialmente i tipi come Derrick sono destinati alla gloria imperitura, quasi controvoglia. Lui è un eroe misurato, compassato, dal sorriso stanco; teutonicamente si contrappone allo stereotipo del poliziotto risoluto delle serie americane. Mai una scazzottata, mai un inseguimento mozzafiato. Non veste mai all'ultima moda, ma alla penultima; non complica le indagini, si fa complice dell'indagato, non abusa mai del proprio potere ma combatte ogni tipo di abuso. Derrick finge di occuparsi di criminali; in realtà, il suo cauto interesse riguarda la «cattura» dell'audience. Sa pedinarla e arrestarla, con discrezione. In questo è un epigono del tenente Colombo: il pubblico conosce già il colpevole e la sua azione criminosa. L'attrazione consiste nell'osservare come il detective indovini quello che è già noto, e come, disponendo di labili indizi, costringa il colpevole a tradirsi. In una specie di transfert casalingo, di commissariato sottocasa». «Nel 1973 diventa per la tv tedesca l'ispettore Stephan Derrick del commissariato di Monaco di Baviera, e quasi inaspettatamente conosce una fortuna mondiale. La serie si è conclusa nel 1998, tradotta in 102 paesi e composta da ben 281 episodi, tutti ambientati nel cuore della quotidianità tedesca, in un inquietante grigiore di uomini e scenari urbani. Anche i comprimari, a partire dal fido Harry Klein (Fritz Wepper), non escono dalla gamma dei grigi; tutti i personaggi, persino quelli che partecipano a una sola puntata, aprono squarci rivelatori sui mondi e le motivazioni che possono spingere a imboccare la strada del crimine o a combatterlo. Derrick, come ha osservato Umberto Eco, costituisce la quintessenza di ogni spettacolo televisivo, una sorta di mediatore tra la realtà di tutti i giorni e l'immaginario «crime», e offre allo spettatore la sensazione di poter essere arruolato nelle fila della polizia investigativa. Arriva a intuire la verità non perché possieda doti investigative fuori del normale, ma perché diventa un confessore del criminale, non ne diffida mai completamente, prende sul serio i suoi tormenti. Derrick è un triste di successo. [...] Ugo Buzzolan, storico critico tv della Stampa, non lo sopportava e un giorno assicurò che «il tenente Colombo non lo avrebbe assunto neanche come aiutante». Non piaceva però era seguito, pedinato. Uno strano destino, il suo». |
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Horst Tappert con la moglie Ursula. | ||||
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Così lo ricorda Fritz Wepper, compagno di 281 puntate: «Ho saputo della sua morte mentre ero a Landshut, sul set di "Un ciclone in convento". Sono rimasto colpito anche se temevo sarebbe successo. Era un caro collega con il quale ho lavorato per quasi un quarto di secolo, sempre in sintonia. Horst Tappert è per noi una leggenda internazionale. In Italia, poi, gli hanno baciato i piedi. Là hanno il papa e poi l'ispettore Derrick! Noi appartenevamo a due generazioni differenti, uniti professionalmente ma anche vicini nella vita privata». Ricorda Fritz Wepper: «Fu sul set di "Festa per un anniversario" che iniziammo a darci del tu. Era il 1973 e da allora ci ha accompagnato una bella amicizia. Il lavoro sul set, i lunghi giorni di riprese ci hanno fatto crescere insieme, imparando l'uno dall'altro». «Sembra
banale, ma la cosa che ho imparato da lui è la disciplina.
Era un perfezionista. Il tempo trascorso sul set con Horst è sempre
stato un processo di maturazione per me. Fino all'ultimo
episodio». Horst Tappert e Fritz Wepper ospiti di "Wetten dass...?". (Screenshot ZDF)
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