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Scrittori e giornalisti del calibro di Luca Goldoni, Indro Montanelli e Umberto Eco, ma anche giallisti come Franco Enna e Laura Grimaldi hanno espresso il loro parere sulla serie. Sulle colonne del "Corriere della Sera" Goldoni rispondeva ad una lettrice che invocava la fine di Derrick: «È la laccatissima improbabilità di Derrick che mi attrae. Sono sedotto dallaplomb di questo ispettore che si ricompone subito dopo il colpo di karate che (non più di una volta ogni dieci puntate) è costretto a sferrare. E per parlare di uno stupro dice: hanno messo la ragazza in condizione di non difendersi e si sono accaniti su di lei. E rivela altre inconsuete finezze filologiche. Anche il mondo in cui si muove Derrick è incantevolmente improbabile: la sua macchina non si sporca neppure nei percorsi sterrati perché il fango tedesco è notoriamente liofilizzato. I rari inseguimenti rispettano stop e precedenze. Strade e marciapiedi sono di linoleum e non si vede neppure un biglietto usato dellautobus. Una Germania sterilizzata e centrifugata in lavatrice dove i TIR che trasportano eroina sono tirati con polish, i balordi si riconoscono solo dalla barba di un giorno, i cadaveri non macchiano la moquette, le sospettate sono sempre stupende, mentre nei quartieri bassi anche le bettole tradiscono la mano dellarchitetto. Devo dedurre che nel mio inconscio cè una inconfessabile aspirazione alle apparenze». Concludeva: «Mi piacerebbe conoscere Derrick, ma per non restare deluso dalla sua vera voce porterei con me il suo doppiatore e lo pregherei di parlare in play-back». Anche Indro Montanelli ne parlava favorevolmente: «Mi hanno conquistato Derrick e Köster perché sono dei comuni mortali, senza pretese alla James Bond, che personalmente non mi dice nulla. Questi ispettori sono persone come noi, con le nostre stesse abitudini, stesse debolezze, stessa routine. Ci danno sicurezza, ci illudono dal fondo della nostra poltrona di aiutarli». Ha detto Giorgio Faletti: «Derrick è stato un fenomeno di costume straordinario e, dal punto di vista narrativo, il precursore del commissario Montalbano. Per un autore di gialli le figure di investigatori, i protagonisti "seriali", rappresentano un punto di riferimento importante: ti aiutano a non cadere nel già visto, a non replicare un personaggio di successo». Da «Distretto di Polizia» si leva la voce di Ricky Memphis che in quella fiction ha interpretato l'ispettore Mauro Belli: «Derrick è un personaggio che ha fatto scuola. Era calmo e compassato, con dei modi "tedeschi" che ad uno sguardo superficiale potevano farlo sembrare freddo. Invece era in grado di far trasparire una grande umanità. Sembrava una persona particolare, mi sarebbe piaciuto incontrarlo».
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Una scena dall'episodio "L'intruso". (Foto ZDF) | ||||
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Il lancio di «Derrick» in Germania vide uno scambio degli episodi per esigenze "commerciali", e così il primo caso dell'ispettore fu "Waldweg" e non "Mitternachtsbus", girato qualche mese prima. Anche in Italia la cosa si ripetè, ma con una terribile differenza: il primo episodio della serie, intitolato "Pullman di mezzanotte" debuttò su Raidue solamente il 26 ottobre del 1983, nell'appuntamento del preserale. Di questo primo episodio colpisce una insolita traduzione: "Era la fallòfora del paese?", chiede Derrick all'oste. La curiosa espressione, riferita alla giovane cameriera uccisa, era - in tedesco - assai più diretta; lì Derrick la definiva senza troppe raffinatezze "Dorfhure", la puttana del villaggio. Una curiosità ancora riguarda il personaggio chiave intorno a cui ruota la vicenda: Bruno. La figura del giovane con problemi psichici ricorre più volte nella produzione di Reinecker e sempre con questo nome. Oltre a questo episodio troviamo un personaggio omonimo e caratterialmente simile in "Attentato a Bruno" e "A cena con Bruno". Cosa si nasconde dietro questo nome? Se lo è chiesto anche Horst Tappert... ma questo caso, Derrick non lo ha risolto. Una scena dal primo episodio "Pullman di mezzanotte". (Screenshot ZDF)
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