Profeti e Patriarchi


Patriarca - Profeta

Profeti

Osea

È il primo dei dodici profeti minori.

Osea dimostrò sia con le parole sia con la vita al popolo di Istraele che il signore è sempre mosso da infinita misericordia.

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Osea Profeta

Osea, il cui nome significa "il Signore salva" o "il Signore viene in aiuto", visse nel regno d'Israele nell'VIII secolo a.C. Il profeta Osea apre nella Bibbia la serie dei cosiddetti profeti minori. Attraverso il suo dramma personale, si descrivere fondamentalmente la fedeltà e l'amore del Dio di Israele verso il suo popolo; tutto questo viene riferito attraverso la sua triste vicenda matrimoniale, contrassegnata dal tradimento e dall'abbandono di sua moglie Gomer, una prostituta, che lascia Osea per tornare a prostituirsi. Ciò provoca nel profeta un'immensa ferita e un immenso dolore, ma non l'impossibilità di continuare ad amarla, fino a giungere a pagare una quota di denaro per il suo riscatto, perdonarla e riaccettarla in casa, con una promessa di reciproca fedeltà. È evidente in tutto questo il parallelismo del rapporto tra Dio ed il popolo di Israele.

Nella sua predicazione il profeta tuona contro la classe dirigente israelita, macchiatasi per scelte ingiuste, e contro la classe sacerdotale che, agendo con infedeltà religiosa nei confronti delle leggi di Dio, aveva portato il popolo a smarrimento, ingiustizie e violenze.

Nel tempo di Osea, Israele si era insediato nella terra di Canaan, dove regnava l'adorazione della fecondità, a scopo agricolo, del dio Baal che, unito a Baalat, garantiva impulso e vitalità a tutta la creazione e al mondo vegetale. Sulla base di questa concezione erano stati istituiti alcuni riti celebrati nei vari templi, in cui era previsto l'accoppiamento sacro tra uomo e donna per poter accrescere la fecondità propria e quella del mondo vegetale. L'agricoltura era quindi legata a questi riti religiosi. Gli ebrei stavano lentamente imparando a fare i contadini e ritenevano che il successo dei contadini di Canaan derivasse proprio dal culto a Baal. Quindi per essere buoni agricoltori bisognava adorare Baal! Ma allora sorse un grande interrogativo: la fede del passato aveva ancora ragion d'essere? Nel dubbio si finiva per mescolare un po' tutto, mettendo insieme Jahvé e Baal: non avevano compreso che la fecondità della natura è "dono" di Dio e non il "risultato" di certi riti religiosi!

In tale contesto interviene Osea che, invece di combattere la fede confusa del popolo, invece di accusare e fare prediche moralistiche, propone un "linguaggio nuovo", dice una parola nuova per aiutare la gente a superare la crisi di fede, ed è questa la grande e stupefacente novità: in fondo il popolo non aveva bisogno di essere rimproverato, ma di scoprire qualcosa di nuovo su Dio. Perché il popolo potesse rispondere a Dio, Osea intuisce che esso aveva bisogno di conoscerlo meglio. Proprio perché la fede è legata alla vita, una giusta immagine di Dio prepara una giusta risposta.

Nel capitolo 2, Osea professa: "Accusate vostra madre, accusatela, perché essa non è più mia moglie e io non sono più suo marito! Si tolga dalla faccia i segni delle sue prostituzioni e i segni del suo adulterio dal suo petto; altrimenti la spoglierò tutta nuda e la renderò come quando nacque e la ridurrò a un deserto, come una terra arida, e la farò morire di sete. I suoi figli non li amerò, perché sono figli di prostituzione. La loro madre si è coperta di vergogna. Essa ha detto: "Seguirò i miei amanti, che mi danno il mio pane e la mia acqua, la mia lana, il mio lino, il mio olio e le mie bevande". La scena rappresenta un metodo di giudizio popolare, dove i figli stessi accusano la madre, in questo caso i figli di Osea che accusano Gomer, la moglie meretrice. Non perdiamo di vista il primissimo significato di questa parabola: Israele deve rendersi conto di aver sacrificato la sua fede, quella dei padri, alla religione di Baal, per avere in cambio una sicura prosperità agricola. I toni del linguaggio sono molto animati e appassionati: "Perciò ecco, le sbarrerò la strada di spine e ne cingerò il recinto di barriere e non ritroverà i suoi sentieri. Inseguirà i suoi amanti, ma non li raggiungerà, li cercherà senza trovarli Allora dirà: "Ritornerò al mio marito di prima perché ero più felice di ora". La conclusione rivela l'amore arido e geloso di Gomer, disposta a tornare per pura convenienza e non per amore!

Continua Osea: "Non capì che io le davo grano, vino nuovo e olio e le prodigavo l'argento e l'oro che hanno usato per Baal. Perciò anch'io tornerò a riprendere il mio grano, a suo tempo, il mio vino nuovo nella sua stagione; ritirerò la lana e il lino che dovevano coprire le sue nudità. Scoprirò allora le sue vergogne agli occhi dei suoi amanti e nessuno la toglierà dalle mie mani. Farò cessare tutte le sue gioie, le feste, i noviluni, i sabati, tutte le sue solennità. Devasterò le sue viti e i suoi fichi, di cui essa diceva: "Ecco il dono che mi han dato i miei amanti". La ridurrò a una sterpaglia e a un pascolo di animali selvatici. Le farò scontare i giorni dei Baal, quando bruciava loro i profumi, si adornava di anelli e di collane e seguiva i suoi amanti mentre dimenticava me! Oracolo del Signore. Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore".

Il deserto era luogo dell'incontro e della purificazione. Dio vuole liberare il suo popolo da Baal, dall'alienazione, e lo fa ripercorrendo il deserto (l'Esodo), il luogo del primo amore: "Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acor in porta di speranza. Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d'Egitto. E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - che mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: Mio padrone. Le toglierò dalla bocca i nomi dei Baal, che non saranno più ricordati".

Tutto il rapporto fra Dio e uomo è visto alla luce del dramma dell'amore umano. Ecco che allora la vera conversione che non è possibile finché Dio è conosciuto come padrone: occorre incontrarlo come amore. "In quel tempo farò per loro un'alleanza con le bestie della terra e gli uccelli del cielo e con i rettili del suolo; arco e spada e guerra eliminerò dal paese; e li farò riposare tranquilli. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore".

L'infedeltà dell'uomo non ferma l'amore di Dio, anzi manifesta proprio la sua misericordia. Dio vuole salvarci, in Lui vince l'amore; egli ci ama come lo sposo ama la sposa. E questa immagine fa capire anche meglio cosa sia il peccato: è come l'adulterio, una colpa nei confronti dell'amore, dalla quale però possiamo liberarci e riscattarci tornando alla fonte del Primo amore e restandogli fedele per sempre.