Profeti e Patriarchi


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Profeti

Abdia

Abdia è il quarto dei dodici profeti minori.

Dopo l'esilio del popolo d'Israele, il profeta Abdia preannunciò l'ira del Signore contro le genti nemiche.

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Abdia Profeta

Il libro di Abdia, con i suoi soli 21 versetti, è il più breve scritto delle Scritture Ebraiche. In questi scritti Abdia, il cui nome si traduce in "servo di Dio", presenta un grandioso "giudizio" su Edom, perché questa regione confinante con la Giudea, aveva approfittato della caduta di Gerusalemme e dell'esilio degli abitanti per occupare la parte della Giudea meridionale. Molti ebrei, per sfuggire all'esercito del re babilonese Nabucodonosor, cercarono rifugio presso gli edomiti, ma questi, invece, diedero man forte agli invasori, partecipando attivamente al saccheggio della città e alla caccia ai fuggiaschi.

Il popolo di Edom nel libro di Abdia viene chiamato con diversi nomi: "Esaù", "monte di Esaù" e "casa di Esaù". Secondo i racconti patriarcali, Esaù è chiamato anche Edom. Edom/Esaù era il fratello di Giacobbe e si stabilì nella regione che da lui prese il nome - Idumea o Edom - e che è situata a sud della Giudea.

Abdia denuncia l'orgoglio e l'inimicizia di Edom nei confronti dei discendenti di Giacobbe (ovvero Israele), affermando che ciò sarebbe stato la causa della sua caduta.

Abdia profetizzò contro Edom, nemico invidioso di Israele, traditore di suo "fratello" (in riferimento a Giacobbe ed Esaù, che erano fratelli gemelli), e per questo destinato a perire sotto la collera divina. "Visione di Abdia. Così parla il Signore, Dio, riguardo a Edom [...] Ecco, io ti rendo piccolo fra le nazioni, tu sei profondamente disprezzato".

Edom si era accaparrato parte del territorio della Giudea, ma una grave calamità ha colpito il Regno di Giuda. "A causa della violenza fatta a tuo fratello Giacobbe, tu sarai coperto di vergogna e sarai sterminato per sempre. Quel giorno tu eri presente, il giorno in cui gli stranieri portavano via il suo esercito, e i forestieri entravano per le sue porte e tiravano a sorte su Gerusalemme; anche tu eri come uno di loro.

Ah! non gioire per il giorno della sventura di tuo fratello. Non ti rallegrare per i figli di Giuda nel giorno della loro rovina. Non parlare con tanta arroganza nel giorno dell'angoscia. Non passare per la porta del mio popolo il giorno della sua sventura; non gioire, anche tu, della sua afflizione il giorno della sua sventura; non metter le mani sul suo esercito il giorno della sua sventura. Non appostarti ai bivi per sterminare i suoi fuggiaschi e non consegnare al nemico i suoi superstiti, nel giorno della sventura!". (Abd 10-14).

Ma gli esuli torneranno. "Infatti il giorno del Signore è vicino per tutte le nazioni e come hai fatto, così sarà fatto a te: le tue azioni ti ricadranno sul capo. Come voi avete bevuto sul mio monte santo, così berranno tutte le nazioni; berranno e si ingozzeranno, e saranno come se non fossero mai state. Ma sul monte Sion ci saranno degli scampati, ed esso sarà santo; e la casa di Giacobbe possederà ciò che le appartiene. La casa di Giacobbe sarà un fuoco, e la casa di Giuseppe una fiamma; e la casa d'Esaù come paglia che essi incendieranno e consumeranno; non rimarrà più nulla della casa di Esaù, perché il Signore ha parlato.

Quelli della regione meridionale possederanno il monte di Esaù; quelli della pianura possederanno il paese dei Filistei, il territorio di Efraim e quello di Samaria; e Beniamino possederà Galaad. I deportati di questo esercito, i figli d'Israele, possederanno il paese dei Cananei fino a Sarepta, e i deportati di Gerusalemme che sono a Sefarad, possederanno le città della regione meridionale. I salvati saliranno sul monte Sion per giudicare la montagna di Esaù. Allora il regno sarà del Signore". (Abd 15-21).

Il profeta riflette lo spirito vendicativo che prevaleva allora nelle comunità giudaiche travolte da quel grande cataclisma, ma con tale "sentenza" il profeta manifesta la presenza e l'intervento di Dio a favore non solo della giustizia individuale, ma anche comunitaria e collettiva.