Patriarca - Profeta
Giona
Giona è il quinto dei dodici profeti minori.
La sua uscita dal ventre di un grosso pesce è interpretata come prefigurazione della Risurrezione del Signore.
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Giona Profeta
Ci troviamo di fronte ad un personaggio storico, ad un racconto che vuole ricordare agli Ebrei (tornati a Gerusalemme dall'esilio) di essere universali, perché Jahvé è un Dio di misericordia per tutti gli uomini.
Il messaggio del libro di Giona, al di là del linguaggio metaforico, intende sostenere l'apertura universalistica che stava avvenendo in alcuni ambienti del giudaismo postesilico, soprattutto nell'ambito della diaspora ebraica. Se, da un lato, non mancavano correnti inclini alla chiusura a riccio dell'Ebraismo contro ogni infiltrazione ideologica dall'esterno, ben testimoniate dai libri di Esdra e Neemia, d'altra parte si avvertiva da più parti l'esigenza di un impegno missionario verso i Gentili.
A Giona, "Dono di Dio", viene comandato dal Signore di andare a predicare a Ninive, la capitale dell'Assiria, una grande Città, offrendo ai Niniviti la possibilità di riconciliarsi con Dio. Giona invece fugge a Tarsis via nave, perché non gli sembrava giusto che Dio potesse far la grazia a quei barbari, anche qualora si fossero pentiti. Ma la nave fu investita da un temporale e rischiò di colare a picco per la violenza delle onde. Giona fu dunque costretto a rivelare ai compagni di viaggio che la colpa dell'ira divina era sua, poiché si era rifiutato di obbedire a JHWH: perché la nave sia risparmiata dall'impeto della tempesta, egli deve essere gettato in mare.
E così fu fatto, ma una balena lo inghiottì. Dal ventre della balena, dove rimase tre giorni e tre notti, Giona pregò Dio con un'intensa preghiera e Dio lo esaudì, ordinando alla balena di vomitare Giona sulla spiaggia.
Il Signore tornò poi a palare con Giona, inviandolo nuovamente in missione a predicare ai niniviti. Il profeta questa volta obbedì e si recò a Ninive, che era così estesa che gli ci vollero tre giorni per percorrerla; in quei tre giorni Giona predicò con vigore un messaggio che invitava gli abitanti ad avvicinarsi a Dio e a convertirsi. Contro ogni aspettativa, gli credettero, proclamarono un digiuno, si vestirono di sacco e Dio decise di risparmiare la città. Ma Giona, non era soddisfatto del perdono divino, voleva anche una punizione per Ninive, per quel popolo che governava con tirannia e violenza e che si era macchiato di orrende atrocità. Così, nel capitolo 3, ritroviamo Giona seduto davanti alla città a chiedere a Dio di farlo morire.
I tre giorni di missione peregrinante a Ninive riconducono al Libro dell'Esodo, al "cammino di tre giorni" che occorsero per uscire dall'Egitto, compiere un pellegrinaggio nel deserto ed offrire sacrifici al Signore (Esodo 5,3). Ma anche ai tre giorni di cammino dopo il passaggio del Mar Rosso, necessari al popolo eletto per raggiungere Mara (Esodo 15,23), luogo dove si manifestò la Misericordia di Dio.
Giona è veramente contorto, problematico, fanatico, privo di ogni spirito di universalità. e Dio "gioca" con lui. Avrebbe dovuto andare a Ninive, predicare la conversione e l'amore di Dio e invece preferisce fuggire in direzione opposta.
Ai vv.3-4 del Capitolo 4 Dio sembra punirlo e quando Giona, credendo di essere alla pari con i grandi profeti, chiede di morire, si vede invece risparmiata la vita e preso a modello il suo pellegrinaggio: "Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra" (Mt 12,39-40).
Giona è il profeta fallito, meschino, ma Dio si serve di Lui, di questa sua umanità: è proprio in tale povertà umana che si manifesta la gloria di Dio. E, restando sul piano dell'interpretazione simbolica e universale, è paradossale come sia stato Giona stesso a proporre di essere gettato nel mare e come questo suo sacrificio porti un frutto insperato: la conversione e la salvezza per tutti gli uomini dell'equipaggio! È evidente che è Dio a compiere il segno di Giona; il mare, la balena raffiguravano per gli ebrei le potenze del male e del peccato; l'Onnipotente entra nel ventre oscuro e apparentemente invincibile di questo male e di questo peccato. Giona diventa anche il segno del mistero pasquale, di Cristo che "scende" nella morte per essere "esaltato", per "salire" e così manifestare per sempre l'amore e la misericordia di Dio per tutti gli uomini. È il più grande segno della storia.