Governo, Leggi, Ragion di Stato
All'ufficio del Comune, tristo o buono, ce ne vuol uno.
A popol sicuro non bisogna muro.
Beata quella città che ha principe che sa.
Savio e sapiente più che saputo: <<Federigo di Prussia credette (come i filosofisti di quel tempo) che l'amore della virtù consistesse nel decomporre, negare, discredere; e nelle lettere private sfoggiò cinico disprezzo per ogni credenza; ma l'egoismo di quella scuola applicava agli interessi di re, e diceva: Se volessi gastigare una mia provincia la darei a governare ad un filosofo.>>
Biasimare i principi è pericolo, e il lodargli è bugia.
Chi comanda non suda.
Chi dice parlamento, dice guastamento.
Antico proverbio fiorentino dei tempi della Repubblica: fare parlamento allora significava chiamare il popolo in piazza; il che ogni volta portava seco qualche mutazione nello Stato. ed era ogni volta cagione di scandali.
Chi disse ragion di Stato, disse un tristo;
e chi disse ragion di confino, disse un assassino.
Chi fa la legge, servarla degge.
Chi fonda in sul popolo fonda in sulla rena.
Sul popolo, cioè su quella parte mobile d'esso popolo che ad ogni vento si leva in alto, e levata, si disgrega; e perché sola si mostra e sola si muove, acquista un nome che si conviene a tutti: cercate più in giù e troverete il terreno sodo.
Chi mangia la torta del comune, paga lo scotto in piazza.
Chi non ha visaccio, non vada in Palazzo.
Chi non è sfacciato, chi non ha il viso inverniciato, non si metta a stare in corte; così spiega il Serdonati, e certamente bene assai: ma il Proverbio forse era nato prima di lui e della corte.
Chi più edifica più distrugge.
Segnatamente quando si tratta di ordinamenti civili o politici.
Chi serve al comune, non serve a nessuno.
Chi troppo mugne, ne cava il sangue.
Si dice delle troppe gravezze.
Con poco cervello si governa il mondo.
Videbis, fili mi, quam parvâ sapientiâ regitur mundus. Ricordo lasciato dal grande Cancelliere Oxenstiern.
Dappoiché i decreti hanno avuto ale, e i soldati valigie, e che i monaci vanno a cavallo, ogni cosa è andata male.
Da principe bugiardo libera nos, Domine.
Dio ci manda la carne, e il diavolo i cuochi.
Dov'è il Papa, ivi è Roma.
Roma illic est, ubi est imperator. Erodiano: e Atene era sulle mura di legno (ne' navigli che la difendevano) e a mal grado Napoleone la Spagna a Cadice; e prima, Siena a Montalcino.
Dove parlano i tamburi taccion le leggi.
D'un disordine nasce un ordine.
Duro a vecchia licenza, nuova legge.
Duro, latinamente durum; dura cosa è frenare con leggi la licenza passata in abito.
È meglio città guasta che perduta.
Detto crudele di Cosimo padre della patria.
E' si danno gli ufficii, ma non la discrezione.
Fatta la legge, pensata la malizia.
Forca vecchia, spia nuova.
Forca si dice ad uomo degno di forca.
Garbuglio fa pe' male stanti.
Gli inconvenienti degli Stati sono come i funghi.
Che nascono in una notte.
Guai quando i giovani comanderanno e che le botteghe si toccheranno.
È antichissimo a Venezia, e tutto improntato di quella politica sapienza, della quale si conservano pur tuttavia Ie tradizioni nel popolo veneziano. Lo avemmo noi dal Sagredo, chè uomo di quella scuola, e che bene vi scorgeva quasi una profezia del presente. <<La smania del comandare (dice) egli ed il rinnegare che s'è fatto l'autorità dell'antico senno, e l'esorbitante vastità delle industrie, donde le turbe dei nulla aventi accesi ad ogni cupidità queste cose a noi recarono i mali frutti che tutti assaggiano, e son la piaga del tempo nostro".
Guelfo non son, né Ghibellin m'appello;
chi mi dà più, io volterò mantello--o
Chi mi dà da magniar, tengo da quello.
I birri pigliano, e il popolo impicca.
Quando alcuno è preso, il popolo subito giudica della pena che dee patire. (SERDONATI.)
I cervi non comandano a' leoni, ma i leoni a' cervi.
Il buono a nulla è assistito dalla legge di tutti.
Nel che sta il bene e la ragione delle società civili.
Il buon pastore tosa, ma non iscortica.
Il buono ufficiale vuol aver due cose, mano larga e brachetta stretta.
Chi è a governo d'altri né avaro né libertino. (SERDONATI.)
Il fisco è come l'idropico.
Cresce il corpo e impiccollisce le membra.
Il governo che arricchisce, sempre a' sudditi gradisce.
Il magistrato è paragon dell'uomo.
Ed il Guicciardini disse stendendo il proverbio alla forma del suo scrivere: <<Il magistrato fa manifesto il valore di chi lo esercita.>>
Il peccato del signore fa piangere il vassallo
De' peccati de' signori fanno penitenza i poveri.
Spesso i principi fanno eccessive spese, e non bastando loro le proprie entrate, si rinfrancano con balzelli. (SERDONATl.)
Il pesce comincia a putir dal capo
Dal capo vien la tigna.
Spesso il male vien da' reggenti.
Il popolo, quando falla, dev'essere gastigato; ma il principe, se erra, dev'esser avvisato.
Il re va dove può, non dove vuole.
Anch'egli (guardandovi) è servo dei servi; niuno ha maggiori obbligazioni e niuno dipende da maggior numero di persone; dipende da tutti. Il buffone di Filippo II diceva al re: <<se quando voi dite sì, tutti dicessero no, come, o Sire, ve la cavereste?)>>.
I principi confettano gli stronzi.
Cioè indorano i da nulla.
I principi hanno le mani lunghe
Un gran principe sempre have, lunghe mani ed ira grave.
I principi sono come i contadini, ogni anno ingrassano un porco e poi se lo mangiano.
Questo Proverbio somiglia al detto di Catone maggiore: <<Il re per natura è un animale carnivoro.>> (GIOBERTI.) lo credo piuttosto che qui si debba intendere dei favoriti; e il proverbio sia nato sotto il governo spagnolo, dove ogni re aveva i suoi creati e i suoi privati che un tempo ingrassavano e per il solito facevano mala fine.
I sudditi dormono cogli occhi del principe.
L'acqua e il popolo non si può tenere.
La legge nasce dal peccato
Dai mali costumi nascono le buone leggi.
L'altissimo di sopra ne manda la tempesta,
l'altissimo di sotto ne mangia quel che resta,
e in mezzo a due altissimi restiamo poverissimi.
Questo Proverbio nacque con Napoleone I; ma non è morto nel 5 maggio. (Raccolta veneta.)
La pietra del ministro al reo non giova.
Cioè, che il ministro sia lapidato.
L'avarizia de' re, peste dei regni.
Le leggi si volgono dove i regi vogliono.
L'ordine è pane, e il disordine è fame.
L'unione alla città è gran bastione.
Mai sbandito fe' buona terra.
Lo ha riferilo il Cantù.
Meglio un buon re che una buona legge.
Miseri quei tempi che hanno le leggi nelle mani.
Che hanno cioè per legge la forza.
Né di tempo né di Signoria, non ti dar malinconia.
Questo Proverbio fu trovato a' tempi della Repubblica, essendoché i Priori, che insieme col Gonfaloniere erano detti comunemente la Signoria, intra due mesi finivano. (STROZZI.)
Negli ordini pari, i pareri son dispari.
Ordine, per consiglio o magistrato.
Negli Stati il sospetto si punisce per l'effetto.
La loi des suspects non fu inventata dal Merlin, né abrogata dopo lui.
Nel governo più importa saper comandare che obbedire.
Nella terra del tiranno trist' a quelli che vi stanno
Il popolo piange quando il tiranno ride.
Non cercar mai d'udire
da' Principi quel che'e' non voglion dire.
Non si piglia il vento alla vela, senza licenza del nocchiero.
Nuovo signore, nuovo tiranno
Dio ti guardi, signore,
che dopo questo ne verrà un peggiore.
Usansi quando si tratta dell'elezione d'alcun ufiziale o magistrato. È trito quel detto d'una vecchierella che pianse Nerone.
Pane e feste tengon il popolo quieto.
Detto del magnifico Lorenzo de' Medici, che molto bene se ne intendeva. Panem et circenses. In altro modo:
Pane in piazza, giustizia in palazzo, e sicurezza per tutto.
Papa per voce, Re per natura, Imperatore per forza.
Quando i mugnai gridano, corri alla tramoggia.
Taluni imbroglioni fingono di leticare per far nascere confusione, e s'approfittano di quella per fare altrui danno, o rubare.
Quando il cieco porta la bandiera, guai a chi vien dietro!
Quel ch'è di Cesare è di Cesare.
San Magno supera San Giusto.
È detto per certi giudici che prendono l'imbeccata.
Sogni de' Principi, ricchezze di poveri.
Sogni di banditi, fantasie di storpiati, disegni di falliti.
Tale abate, tali monaci
Qual è il rettore, tale sono i popoli.
Tale, indeclinabile, è idiotismo fiorentino
Quel che fa il signore, fanno poi molti.
<<Quand Aguste buvait, la Pologne ètait ivre.>>
Tal grida palle palle, che farebbe dálle, dálle.
Ognuno sa che palle palle era in Firenze il grido dei partigiani di casa Medici.
Tirannia, tumulto e farina, delle città son la rovina.
Tra la briglia e lo sprone, consiste la ragione.
Ora si direbbe tra'l conservativo e il progressivo; e si direbbe assai peggio.
Tumulto presente, rigor pronto.
Tutte le cose che fanno i Principi, son ben fatte.
Cioè hanno a stare come sono.
Tutti adorano il sole che nasce
Il sole che nasce ha più adoratori di quel che tramonta.
Una noce in una vigna, una talpa in un prato, un legista in una terra, un porco in un campo di biada, e un cattivo governatore in una città, sono assai per guastare il tutto.
Val più uno a fare che cento a comandare.
Vivano le berrette, e muoiano le foggette.
Era in Firenze come grido di guerra del popolo grasso contro al minuto; ed il contrario si gridò pochi anni dopo. |