Fortuna
A buona seconda (o alla china) ogni santo aiuta
Ognuno sa navigare col buon vento
Al buon tempo ognun sa ire.
A chi è disgraziato, gli tempesta nel forno.
Gli vengono addosso le disgrazie più incredibili.
A chi la va destra par savio
Chi ha ventura, poco senno gli basta.
A chi sorte, a chi sporte.
Alla fortuna bisogna lasciar sempre una finestra aperta.
Assai ben balla a chi fortuna suona.
Beni di fortuna passano come la luna.
Chi comincia a aver buon tempo, I'ha per tutta la vita.
Chi confessa la sorte, nega Dio.
E qui sta il vero, e qui è la censura e il contravveleno degli altri, nei quali l'uomo, pigliandosela con questo ente immaginario, rinnega Dio e se medesimo: Nullum numen abest si sit prudentia, sed te Nos facimus, Fortuna, deam coeloque locamus, disse un autore pagano. E Bacone lasciò scritto che siccome la via lattea è un aggregato di nebulose, così la fortuna di oscure virtù le quali non hanno nome. Ad essa imputiamo il benessere degli altri, e per sé niuno mai se ne loda, perfidiando nel disconoscere le altrui buone e savie opere, come gli errori nostri o le colpe. Quindi ella sempre è posta in croce, come disse l'Alighieri, il quale la volle cristianamente deificare; e al suo solito guardando in su, intese bene anche la fortuna, ministra degli occulti giudicii di Dio a questo fine ordinata, Che permutasse a tempo li ben vani Di gente in gente e d'uno in altro sangue, Oltre la difension dei senni umani. Ma il nostro povero senno, non che sapersi difendere, si maraviglia goffamente dei frutti che vede perché non sa o perché dimentica quel ch'egli stesso ha seminato.
Chi non è savio, paziente e forte,
si lamenti di sé, non della sorte
La sorte è come uno se la fa
Quando Dio ci dà la farina, il diavolo ci toglie il sacco
La fortuna, il fatto, e il destino, non vagliono un quattrino.
Chi è disgraziato, non vada al mercato
Chi è sfortunato, non vada alla guerra.
Che si dice d'ogni cosa la quale abbia difficoltà e pericoli.
Chi è felice, chi sa se è buono?
Felice, come suol dirsi o come pare.
Chi è nato di carnevale, non ha paura dei brutti musi.
Chi ha a morir di ghiandosa (peste), non gli vale far casotti in campagna.
Chi ha ad aver bene, dormendo gli viene.
Chi ha a rompere il collo, trova la strada al buio
Quando s'ha a rompere il collo, si trova la scala.
Chi ha da morir di forca, può ballar sul fiume.
Non affoga, perché io aspetta un'altra morte.
Chi ha delle pecore può far del latte.
Chi ha beni di fortuna in abbondanza puo facilmente fare ciò che gli piace.
Chi ha ventura, e chi ha ventraccio.
Ci vuole un'oncia di fortuna, e un diavol che porti.
Come la fortuna toglie, così dà.
Contro sorte avversa ogni buon carrettier versa.
Dove la fortuna giuoca più che il senno, la gente vi corre.
E più, dove il senno è scartato affatto, come al giuoco del lotto.
È meglio nascer senza naso che senza fortuna.
Finché tu hai la detta, sappila conoscere.
Detta, sorte, e propriamente buona fiducia nel gioco.
Fortuna cieca, i suoi accieca.
Fortuna, e dormi.
Gli uomini son la palla della fortuna.
Il diavolo caca sempre sul monte grosso.
Dov'è gran cumulo di danaro il diavolo ha cura di mandarne sempre degli altri.
La fortuna aiuta i matti e i fanciulli.
Ma la fortuna che dei matti ha cura, ecc. ( ARIOSTO.)
La fortuna è vaga de' bei tiri.
Fortuna soevo laeta negocio, Ludum insolentem ludere pervicax, ecc. (ORAZIO.)
La fortuna è una vacca, a chi mostra il davanti, a chi il di dietro.
Da chi la vacca mugnere non si lascia gli mostra le corna
La fortuna vien tre volte (e non più).
Bisogna coglierla e usarla.
La rota della fortuna non è sempre una.
La sorte non sa sedere.
Le sue permutazion non hanno tregue:
Necessità la fa esser veloce,
Sì spesso vien chi vicenda consegue. (DANTE.)
Le cose vanno a chi non sa apprezzarle.
L'uomo ordisce, e la fortuna tesse.
Non comincia fortuna mai per poco,
quando un mortal si piglia a scherno e gioco.
Non vale levarsi a buon'ora, bisogna aver ventura.
Non val sapere, a chi fortuna ha contra.
Quando fortuna dona all'uom rispetto,
gli dà favore e aiuto a suo dispetto.
Quando la palla balza, ciascuno sa darle
Quando cadono i maccheroni in bocca tutti li sanno mangiare.
Quando uno ha disgrazia, gli va sul cotto l'acqua bollita.
Tradurrei: chi non vi bada, le cose anche più comuni gli tornano male
Chi è nato disgraziato anche le pecore lo mordono
Se fossi cappellaio gli uomini nascerebbero senza capo.
Lo dice chi si lagna della fortuna, della quale tutti ci lagnamo.
Quel che vien di salti, va via di balzi.
Tutto è bene che riesce bene.
È il titolo d'una commedia di Shakespeare.
Val più un'oncia di sorte, che cento libbre di sapere.
Ventura vieni e dura.
Virtù e fortuna non istanno di casa assieme. |