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Urbani: «Il Far West è finito» 19 marzo 2004
Il presidente dell'associazione dei provider (Aiip) illustra i lati "oscuri" della legge e invita il mistro a fare chiarezza
Giuliano Urbani

Ministro Urbani, la normativa antipirateria approvata dal Consiglio dei ministri venerdì scorso è stata definita "la più avanzata in Europa" da alcuni (Bsa, Fapav, Fimi, Fpm) e una vittoria della "piccola lobby del cinema" da altri. Perché a suo avviso la polemica su questo decreto è così accesa?
Perché c'è un equivoco di fondo che, forse in maniera capziosa, nessuno fra chi critica i provvedimenti ha sciolto. I film, come tutte le opere dell'ingegno, sono soggetti alle norme che tutelano il diritto d'autore. Secondo la Federazione antipirateria audiovisiva, la pirateria causa 1,5 miliardi di euro di minori entrate per lo Stato come evasione Iva e 4,2 miliardi di mancati guadagni per le aziende del settore. Questo vuol dire, in modo molto netto, che lottare contro la pirateria significa semplicemente difendere e rilanciare il cinema italiano, e non è un caso che agli allarmi dei produttori si è aggiunto recentemente l'appello super partes del presidente Ciampi.

Il 9 marzo a Strasburgo è stata approvata la relazione di Janelly Fortou sulla proprietà intellettuale che esclude la pena della detenzione per qualsiasi fattispecie di reato elencato e soprattutto, persegue soltanto coloro che sfruttano commercialmente la pirateria. Il Governo italiano ha scelto una strada diversa. Perché?
Perché la direttiva per la proprietà intellettuale non esculde il reato penale. Lascia ad ogni Stato membro, ferme restando le sanzioni amministrative individuate dalla Ue, la decisione di applicare le proprie norme in materia di proprietà intellettuale. In Italia sono regolate dalla legge 633 del 1941, che di certo non prevedeva la possibilità di download da internet di file "crackati". Come ogni innovazione tecnologica, il web apre nuove e interessanti frontiere, che però non devono diventare un Far West senza leggi. Esaltando eccessivamente la libertà di internet, rischiamo infatti di navigare in futuro in una rete priva di contenuti, un Mar Morto cibernetico prosciugato di idee, e soprattutto si annulla il sacrosanto diritto degli autori alla loro proprietà intellettuale. I diritti d'autore devono essere difesi, altrimenti nel lungo periodo scomparirà ogni produzione culturale. Le disposizioni proposte sanzionano alcuni comportamenti illeciti. In questo campo, non si fa altro che estendere ad internet ciò che è già stabilito dalla legge per tutte le altre forme di diffusione abusiva di opere protette dal diritto d'autore. E ciò in due modi: da un lato non permettendo che lo scaricamento di file protetti sia fatto a fine di lucro. Dall'altro, introducendo la previsione di una sanzione quando il download è effettuato per uso personale, un fenomeno che ha assunto notevoli dimensioni. In quest'ultimo caso si tratta di una sanzione solo amministrativa e non certo di entità vessatoria, che ha semplicemente un intento educativo.

Con l'approvazione di questo decreto, il Governo ha deciso di sanzionare le condotta di chi copia illegalmente i film, non di chi copia musica o software. Perché?
Questo è un provvedimento pilota. Se produrrà gli effetti sperati, sarà esteso a tutti i campi della produzione intellettuale.

All'articolo 1 del decreto si afferma che i "fornitori di connettività e di servizi che abbiano avuto effettiva conoscenza" della presenza di contenuti illegali devono informare l'autorità giudiziaria. Con questa norma si intende sanzionare anche lo scambio illecito di file mediante il "peer to peer"? Se sì, come può un fornitore d'accesso sapere con certezza, senza infrangere la legge, che cosa stanno "scambiando" due utenti in un determinato momento?
I fornitori d'accesso non dovranno attivarsi per conoscere i contenuti. Dovranno offire la massima collaborazione alle forze di polizia nel rintracciare chi ha commesso atti di pirateria audiovisiva sul web, solo dopo la segnalazione degli organi investigativi. In concreto, i fornitori dei servizi sono tenuti, nel rispetto di tutte le norme in materia di riservatezza, e sempre su richiesta dell'Autorità giudiziaria, a dare le informazioni in prorpio possesso utili alle autorità per agire.

Il file sharing permette a chiunque, seduto in camera da letto, di reperire in rete un film introvabile degli anni '70. Se si cerca lo stesso film in un megastore sotto casa probabilmente non si trova. Crede che una legge possa bastare a fermare una rivoluzione di questa portata?
Numerosi portali si stanno attivando per fornire questi e molti altri servizi analoghi con forme di pagamento pienamente rispettose dei diritti d'autore. Non è il diritto che si deve piegare alle possibilità di una nuova tecnologia, semmai il contrario.

Gli ultimi dati a nostra disposizione ci dicono che, nonostante la guerra delle major, il numero di download illegale di canzoni, in America, è ripreso a salire. Il mercato dei "singoli" sta letteralmente crollando. In compenso cresce a dismisura la vendita dei dvd musicali e quella legale di file su iTunes. La repressione, al di là dell'Oceano, non sembra dare i risultati sperati. Perché dovrebbe funzionare qui da noi?
Negli Stati Uniti, per la seconda volta in poche settimane, la giustizia ha condannato un fornitore di software per copiare i dvd a bloccare la vendita dei propri prodotti. La 321 Studios, questo il nome, era stata citata da due colossi della produzione cinematografica Usa. Analoga sorte per la St. Charles del Missouri. Il contrasto alla pirateria è intenso anche sul web, dove gli scambi in Usa sono arrivati a 500mila al giorno. Non credo quindi sia un caso che la vendita legale di file su iTunes sia in forte crescita. È nel medio periodo che simili provvedimenti possono rivelare la loro efficacia.

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