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Quel Pinocchio di Spielberg 30 gennaio 2003
«Da giovane mi travestivo da dirigente della Universal per trovare lavoro negli Studios» confessa il regista in Italia per la presentazione del suo ultimo film
Steven Spielberg
Non eravamo abituati a vedere Leonardo di Caprio interpretare un ruolo "leggero", in una classica commedia americana. Né ci aspettavamo riuscisse a farlo così bene. Ma tant'è, Jack Nicholson l'aveva detto molti anni fa a Martin Scorzese: «Quel ragazzo ci sa fare». Non ci aspettavamo neppure uno Spielberg in "salsa agrodolce", visti i suoi ultimi film. Lui stesso ce l'ha confermato: «Avevo voglia di una pausa leggera, dopo un decennio dark. Una tappa importante per la mia carriera». Eppoi c'è Tom Hanks, quarantasette anni che sembrano trentacinque, brillante come sempre, tanto che la traduttrice italiana deve implorarlo di parlare più piano, altrimenti non ce la fa a seguirlo (ma i giornalisti ridono a crepapelle per le sue battute). Tom, che non si sconvolge neppure quando una Iena, per l'ennesima volta davanti a tutta la stampa italiana, si alza in piedi e gli dichiara il suo amore (e riesce anche a strappare tre-baci-tre a Leonardo Di Caprio).

Un trio d'eccezione insomma per questa divertente commedia tutta americana "Prova a prendermi", la vera storia di un sedicenne (Frank Abagnale jr interpretato da Di Caprio) che negli Anni Sessanta ha fatto impazzire l'FBI (Tom Hanks è l'agente federale che per anni gli dà la caccia), spacciandosi per avvocato, pilota, medico e firmando assegni falsi per milioni di dollari prima di essere catturato. Il film, che ha già incassato in America 120 milioni di dollari, usce questo week-end nelle sale italiane. Spielberg, dal canto suo, ha svelato che anche lui, da ragazzo, è stato un imbroglione. Ma tutto a fin di bene (per lui): voleva solo lavorare a Hollywood. E meno male che c'è riuscito.

Mr. Spielberg, come quando e perché ha deciso di raccontare questa storia?
Quando l'ho letta per la prima volta ne sono rimasta affascinato. Se fosse una storia inventata nessuno potrebbe ritenerla possibile, ho pensato. E invece è semplicemente vera: per questo ho deciso di rappresentarla, soprattutto per la sua originalità.

Le è mai capitato di dire bugie?
In realtà sì, ho mentito anch'io. Quand'ero ragazzino mi sono travestito da dirigente della Universal per cercare lavoro. Mi appostavo fuori degli Studios, ma non facevo niente di illegale: ero travestito da qualcuno che cercavo di diventare. Oggi forse mento sulla mia altezza.

Spacciare la finzione per realtà assomiglia un po' al mestiere del regista, non trova?
No, io non sono un imbroglione. Con i miei film racconto solo ciò che conosco e se non ne so abbastanza mi documento prima di girare qualsiasi scena. Non mento mai. Vendere i film può essere imbrogliare, non dirigerli.

Il rapporto con i genitori è una tematica ricorrente nei suoi film, perché?
Anch'io sono figlio di una coppia separata e anch'io, come Abagnale, sono scappato da casa a 17 anni. Quindi sono questioni che conosco molto bene e che sento molto vicine.

Qual è il messaggio del film? Il sogno americano che diventa incubo? Credo che ognuno debba trovare il proprio: alcuni reputano questo film una commedia brillante, altri avvertono un'amarezza di fondo che caratterizza la storia.

Cosa ne pensa del cinema italiano?
Credo che sia parte di tutti noi (riferendosi anche a Di Caprio e Tom Hanks presenti - n.d.r.). Non possiamo dimenticare registi del calibro di Fellini, Lina Wertmuller, Roberto Benigni o film come "Il postino" e "Nuovo cinema paradiso".

A proposito di Benigni, le piace "Pinocchio"?
"I love it", lo amo, con la sua immaginazione e la sua tristezza. Peraltro l'ho visto soltanto in versione doppiata e vorrei vederlo in originale, con i sottotoli in inglese. Sono sicuro che ha un effetto diverso.

Cosa farà adesso?
Continuerò ad andare alla ricerca di me stesso, proprio come ho fatto fino a questo momento. Nulla di più nulla di meno.

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