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Rifkin,
l'energia fai-da-te:
così ci salveremo dal nucleare
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di
RICCARDO STAGLIANÒ - DA REPUBBLICA.IT
UNA fatica inutile. Perché se
anche rimpiazzassimo nei prossimi anni tutte le centrali nucleari
esistenti nel mondo, il risparmio di emissioni sarebbe comunque un'inezia.
Un quarto di quel che serve per cominciare a rimettere le briglie a un
clima impazzito. Jeremy Rifkin non ha dubbi: quella atomica è una strada
sbagliata, di retroguardia. Come curare malattie nuovissime con la
penicillina. E non c'è neppure bisogno dei campanelli di allarme tipo
Krsko per capirlo.
Basta guardare i numeri senza le lenti dell'ideologia. Proprio
l'attitudine che, in Italia, scarseggia di più per il guru dell'economia
all'idrogeno. Si vedrebbe così che l'uranio, come il petrolio, presto
imboccherà la sua parabola discendente: ce ne sarà di meno e costerà di
più. E che il problema dello smaltimento delle scorie è drammaticamente
aperto anche negli Stati Uniti dove lo studiano da anni. "Vi
immaginate uno scenario tipo Napoli, ma dove i rifiuti fossero
radioattivi?" è il suo inquietante memento. Meglio puntare su quella
che lui chiama la "terza rivoluzione industriale".
L'incidente all'impianto
sloveno arroventa il dibattito italiano, a pochi giorni dall'annuncio del
ritorno al nucleare. Cosa ne pensa?
"Ho parlato con persone che hanno conoscenza di prima mano
dell'incidente, e mi hanno tranquillizzato. Non ci sono state fughe
radioattive e il governo ha gestito bene tutta la vicenda. Ho lavorato con
l'amministrazione e posso dire che hanno sempre dimostrato una
leadership illuminata nel traghettare la Slovenia verso le energie
rinnovabili. Non posso dire lo stesso di tutti i paesi europei, ma posso
lodare le politiche energetiche di Ljubljana".
Superata questa crisi, in
generale possiamo sentirci sicuri?
"Il problema col nucleare è che si tratta di un'energia con basse
probabilità di incidente, ma ad alto rischio. Ovvero: non succede quasi
mai niente di brutto, ma se qualcosa va storto può essere una catastrofe.
Come Chernobyl".
Il governo italiano ha
confermato l'inizio della costruzione delle nuove centrali entro il 2013.
Coerenza o azzardo?
"Non capisco i termini della discussione in corso in Italia. Amo il
vostro paese, lo seguo da anni ma questa volta mi sento davvero perso. I
sostenitori dicono: il nucleare è pulito, non produce diossido di
carbonio, quindi contribuirà a risolvere il cambiamento climatico. Un
ragionamento che non torna se solo si guarda allo scenario globale. Oggi
sono in funzione nel mondo 439 centrali nucleari e producono circa il 5%
dell'energia totale. Nei prossimi 20 anni molte di queste centrali
andranno rimpiazzate. E nessuno dei top manager del settore energetico
crede che lo saranno in una misura maggiore della metà. Ma anche se lo
fossero tutte si tratterebbe di un risparmio del 5%. Ora, per avere un
qualche impatto nel ridurre il riscaldamento del pianeta, si dovrebbe
ridurre del 20% il Co2, un risultato che certo non può venire da
qui".
Un finto argomento quindi
quello del nucleare "verde"?
"Non in assoluto, ma relativamente alla realtà, sì. Perché il
passaggio al nucleare avesse un impatto sull'ambiente bisognerebbe
costruire 3 centrali ogni 30 giorni per i prossimi 60 anni. Così facendo
fornirebbe il 20% di energia totale, la soglia critica che comincia a fare
una differenza. C'è qualcuno sano di mente che pensa che si potrebbe
procedere a questo ritmo? La Cina ha ordinato 44 nuove centrali nei
prossimi 40 anni per raddoppiare la sua potenza produttiva. Ma si avvia ad
essere il principale consumatore di energia...".
Ci sono altri ostacoli
lungo questa strada?
"Io ne conto cinque, e adesso vi dico il secondo. Non sappiamo ancora
come trasportare e stoccare le scorie. Gli Stati Uniti hanno straordinari
scienziati e hanno investito 8 miliardi di dollari in 18 anni per stoccare
i residui all'interno delle montagne Yucca dove avrebbero dovuto restare
al sicuro per quasi 10 mila anni. Bene, hanno già cominciato a
contaminare l'area nonostante i calcoli, i fondi e i super-ingegneri.
Davvero l'Italia crede di poter far meglio di noi? L'esperienza di Napoli
non autorizza troppo ottimismo. E questa volta i rifiuti sarebbero
nucleari, con conseguenze inimmaginabili".
Ecoballe all'uranio, un
pensiero da brividi. E il terzo ostacolo?
"Stando agli studi dell'agenzia internazionale per l'energia atomica
l'uranio comincerà a scarseggiare dal 2025-2035. Come il petrolio sta per
raggiungere il suo peak. I prezzi, quindi, andranno presto su. Ciò si
ripercuoterà sui costi per produrre energia togliendo ulteriori argomenti
a questo malpensato progetto. Aggiungo il quarto punto. Si potrebbe
puntare sul plutonio. Ma con quello è più facile costruire bombe. La
Casa Bianca e molti altri governi fanno un gran parlare dei rischi
dell'atomica in mani nemiche. Ma i governi buoni di oggi diventano le
canaglie di domani".
Siamo arrivati così
all'ultima considerazione. Qual è?
"Che non c'è abbastanza acqua nel mondo per gestire impianti
nucleari. Temo che non sia noto a tutti che circa il 40% dell'acqua
potabile francese serve a raffreddare i reattori. L'estate di cinque anni
fa, quando molti anziani morirono per il caldo, uno dei danni collaterali
che passarono sotto silenzio fu che scarseggiò l'acqua per raffreddare
gli impianti. Come conseguenza fu ridotta l'erogazione di energia
elettrica. E morirono ancora più anziani per mancanza di aria
condizionata".
Se questi sono i dati che
uso ne fa la politica?
"Posso sostenere un dibattito con qualsiasi statista sulla base di
questi numeri e dimostrargli che sono giusti, inoppugnabili. Ma la
politica a volte segue altre strade rispetto alla razionalità. E questo
discorso, anche in Italia, è inquinato da considerazioni
ideologiche".
In che senso? C'è
un'energia di destra e una di sinistra?
"Direi modelli energetici élitari e altri democratici. Il nucleare
è centralizzato, dall'alto in basso, appartiene al XX secolo, all'epoca
del carbone. Servono grossi investimenti iniziali e altrettanti di tipo
geopolitico per difenderlo".
E il modello democratico,
invece?
"È quello che io chiamo la "terza rivoluzione
industriale". Un sistema distribuito, dal basso verso l'alto, in cui
ognuno si produce la propria energia rinnovabile e la scambia con gli
altri attraverso "reti intelligenti" come oggi produce e
condivide l'informazione, tramite internet".
Immagina che sia possibile
applicarlo anche in Italia?
"Sta scherzando? Voi siete messi meglio di tutti: avete il sole
dappertutto, il vento in molte località, in Toscana c'è anche il
geotermico, in Trentino si possono sfruttare le biomasse. Eppure, con
tutto questo ben di dio, siete indietro rispetto a Germania, Scandinavia e
Spagna per quel che riguarda le rinnovabili".
Ci dica come si affronta
questa transizione.
"Bisogna cominciare a costruire abitazioni che abbiano al loro
interno le tecnologie per produrre energie rinnovabili, come il
fotovoltaico. Non è un'opzione, ma un obbligo comunitario quello di
arrivare al 20%: voi da dove avete cominciato? Oggi il settore delle
costruzioni è il primo fattore di riscaldamento del pianeta, domani
potrebbe diventare parte della soluzione. Poi serviranno batterie a
idrogeno per immagazzinare questa energia. E una rete intelligente per
distribuirla".
Oltre che motivi etici,
sembrano essercene anche di economici molto convincenti. È così?
"In Spagna, che sta procedendo molto rapidamente verso le
rinnovabili, alcune nuove compagnie hanno fatto un sacco di soldi proprio
realizzando soluzioni "verdi". Il nucleare, invece, è una
tecnologia matura e non creerà nessun posto di lavoro. Le energie
alternative potrebbero produrne migliaia".
A questo punto solo un
pazzo potrebbe scegliere un'altra strada. Eppure non è solo Roma ad aver
riconsiderato il nucleare. Perché?
"Credo che abbia molto a che fare con un gap generazionale. E ve lo
dice uno che ha 63 anni. I vecchi politici, cresciuti con la sindrome del
controllo, si sentono più a loro agio in un mondo in cui anche l'energia
è somministrata da un'entità superiore".
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