La
attuale normativa italiana sui rifiuti, modellata sulle direttive
comunitarie del 1991 presenta numerosi difettI e incongruenze, alcuni dei
quali già oggetto di procedure di infrazione in ambito U.E. In proposito
si deve rilevare che il primo obiettivo dichiarato di tale normativa è il
controllo di un rifiuto "dalla culla alla tomba", affidato a
numerosi obblighi di documentazione (registri, formulari, autorizzazioni
preventive, iscrizioni e registrazioni) onde evitare smaltimenti abusivi
ed incontrollati. li testo del D.D.L. sul "rilancio delle attività
produttive", presentato dal governo Berlusconi alla Camere per
l'approvazione, incide proprio su questi obblighi operando - come si legge
nella relazione introduttiva - "una selezione degli adempimenti
strettamente necessari alla migliore effettuazione del controlli,
razionalizzando la materia in modo che la stessa impresa sia sollevata da
incombenze che ne 'riducono la competitività". In realtà, gli
adempimenti vengono talmente "selezionati" da rendere
impossibili i controlli "dalla culla alla tomba " su buona parte
dei rifiuti industriali prodotti. Anche se va subito precisato - per
chiarezza e onestà - che il D.D.L. in esame non fa che peggiorare
ulteriormente alcune inaccettabili carenze già esistenti, introdotte
dalla maggioranza precedente, specie con i cd. Ronchi bis e Ronchi ter.
In
estrema sintesi, il D.D.L. governativo:
1)
in via generale, modifica nell'art. 6 la definizione comunitaria di
"produttore"di rifiuto, limitandola al solo "produttore
iniziale". Ne consegue che restano esclusi dagli obblighi della
normativa (cfr. soprattutto art. 10) tutti i produttori successivi in
aperto contrasto con il principio generale di cui all'art. 2, comma 3, il
quale prevede la "responsabilizzazione "di tutti i soggetti
coinvolti nella produzione "dei rifiuti.
2)
Elimina nell'art. 11 l'obbligo della comunicazione annuale dei rifiuti
prodotti per tutti i produttori di rifiuti, inclusi i produttori di
rifiuti pericolosi. Scompare, quindi, la possibilità di controllo
"dalla culla "e resta solo "la tomba" visto che
l'obbligo resta per le imprese di smaltimento e di recupero. In altri
termini, attraverso l'esame delle denuncie annuali, non si potrà più
verificare, nemmeno per i rifiuti pericolosi, la corrispondenza tra
rifiuti prodotti (la "culla") e rifiuti smaltiti o recuperati
(la "tomba").
3)
Elimina nell'art. 12 l'obbligo del registro di carico e scarico per i
produttori di rifiuti speciali, lasciandolo solo per i "produttori
iniziali di rifiuti pericolosi". Ma comunque anche per essi trattasi
di obbligo solo cartaceo e teorico, in quanto non è più idoneo a
consentire alla Pubblica Amministrazione controlli efficaci circa la
destinazione di questi rifiuti. Infatti, vengono ancor più allargati i
termini entro cui annotare sul registro il destino di questi rifiuti (si
può non annotare per 15 giorni dalla produzione), si allarga senza più
limiti la possibilità di tenere i registri in località diversa dalla
sede dell'azienda che li produce (tramite le organizzazioni di categoria,
cfr. art.12, comma 4) ed anzi la vidimazione di tali registri potrà
avvenire anche con la normale procedura prevista per le scritture
contabili; addirittura, si resuscitano i vecchi registri del DPR 915/1982
(sostituiti dai nuovi dopo l'avvento del D. Lgs. 22/1997) che
"possono continuare ad essere utilizzati fino al loro
esaurimento" (nuovo comma 6 quater). Insomma, si vanifica
completamente lo scopo dei registri che è quello di consentire alla P.A.
di compiere con immediatezza controlli a sorpresa per verificare la verità
delle annotazioni ce, quindi, il destino dei rifiuti prodotti).
4)
Restringe al massimo, nell'art. 30, l'obbligo di iscrizione all'Albo per
le imprese che trasportano rifiuti. Infatti, tale obbligo, già oggi, in
palese contrasto con la normativa comunitaria (che tale obbligo prevede
per, tutte le imprese che trasportano, rifiuti "a titolo
professionale"), riguarda solo le imprese che trasportano rifiuti
pericolosi o "rifiuti non pericolosi prodotti da terzi". Ma la
proposta in esame, modificando, come si è già detto, la definizione
comunitaria di "produttore"di rifiuti, ha espressamente aggiunto
che si considerano "produttore"anche le "attività edili di
demolizione" ; e pertanto, in palese contrasto con l' orientamento
della Cassazione(1aquale considera, invece, tali rifiuti come
"prodotti da terzi"). La proposta comporta l'esclusione
dall'obbligo (penalmente sanzionato) della iscrizione all'Albo (e, quindi,
dai controlli sulla idoneità e sicurezza ambientale dei mezzi utilizzati)
di tutte le imprese edili che trasportano, pur se, ovviamente, a titolo
professionale, rifiuti da demolizione (e costruzione). In più, anche per
il trasporto di rifiuti pericolosi, la esenzione dall'obbligo di
iscrizione, oggi limitata al produttore che li trasporta senza eccedere i
30 chili o i 30 litri al giorno viene ampliata a 50 chili e 60 litri al
giorno.
In
conclusione, appare evidente che, se, come sottolineato dalle relazioni
della commissione parlamentare sull'ecomafia, il problema italiano è
quello della non corrispondenza tra rifiuti industriali prodotti (la
"culla ") e smaltiti e/o recuperati (la "tomba") - in
quanto gestiti illegalmente dall'ecomafia - le misure proposte
risolveranno il problema nel senso che in futuro non si potrà più
neanche evidenziare questa non corrispondenza perché mancherà il dato
sui rifiuti prodotti. E finalmente i conti (sulla carta) quadreranno e non
si parlerà più di ecomafia. Ma c'è di più. All'ultimo momento nel
D.D.L. è stato aggiunto un comma per escludere dagli obblighi sui rifiuti
tutte le terre da scavo e da perforazione, anche se contaminate, onde
assicurare l'impunità a tutte le imprese che, lavorando per l'alta
velocità, hanno creato immonde discariche abusive in zone incontaminate;
ovviamente, anche in tal caso, in totale contrasto con la normativa
europea.
Resta
solo da osservare che, forse per un sussulto di dignità, tutta questa
parte sui rifiuti è stata cancellata in sede di votazione parlamentare
(anche se per pochi voti) a seguito di un emendamento soppressivo di
Rifondazione Comunista. Ma il Governo ha già annunciato che la
ripresenterà immediatamente tal quale. Il che probabilmente avverrà
nell'ambito della Finanziaria: se a questa sconsolante prospettiva si
aggiunge che il governo Berlusconi ha già fatto approvare,nell'ambito
della Legge 18 ottobre 2001 n.383 ("Primi interventi per il rilancio
dell'economia ") un provvedimento di condono per le violazioni
amministrative e penali in materia ambientale commesse dalle imprese che
hanno fatto ricorso al lavoro irregolare (che, quindi, vengono premiate
rispetto a quelle che hanno assunto secondo legge? e si è fatto delegare
ad emanare un condono generalizzato per tutti i reati ambientali di
pericolo (in sostanza il 99 %), il nuovo corso della politica ambientale
italiana appare chiaramente delineato.
Gianfranco
Amendola
Fonte:
Bollettino dell'Associazione n. 379 del novembre 2001