¤  MONDO PICCINO  ¤

Vecchi e nuovi continenti

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Prima traduzione di uno scritto di Lester R. Brown

03/03/2010
Di F. Allegri
Oggi comincio una nuova fatica e un nuovo confronto culturale. Si tratta di Lester Brown uno degli ambientalisti più originali e impegnati. Chi mi legge spesso sa che non sono d'accordo con lui al 100%. Per me c'è tempo per salvare la terra dal riscaldamento globale e temo solo la follia degli uomini.

In questo scritto Brown si occupa della conferenza di Copenhagen e del ruolo delle energie rinnovabili. Parla dell'eolico e del solare io mi permetto di aggiungere l'importanza del risparmio e del micro idroelettrico.

Per ora vi saluto qui e vi lascio alla lettura.

Stabilizzazione climatica: oltre gli accordi internazionali

http://www.earthpolicy.org

21/12/2009

Lester R. Brown

Nota: il testo seguente è stato scritto nel luglio 2009 prima della conferenza sul cambiamento climatico di Copenhagen.

Dal mio punto di vista pre - Copenhagen, gli accordi internazionali sul clima negoziato diventano velocemente obsoleti per 2 ragioni.

Primo, poiché nessun governo vuole concedere troppo a paragone degli altri, gli obiettivi negoziati per tagliare le emissioni di carbone saranno certamente minimali, nemmeno lontanamente vicini a quelli baldi  che sono necessari.

E secondo, poiché ci vorranno anni per negoziare e ratificare questi accordi, noi possiamo semplicemente arrivare fuori tempo.

Questo non vale per dire che non dovremmo partecipare alle negoziazioni e lavorare duro per ottenere il risultato migliore possibile.

Ma non dobbiamo contare su questi accordi per salvare la civiltà.

Alcuni dei progressi più commoventi della stabilizzazione del clima, come il potente movimento di base che ha portato a una moratoria di fatto per le nuove centrali a carbone, ha poco a che fare con le negoziazioni internazionali.

In nessun momento i capi di questo movimento dissero che volevano cancellare le nuove centrali a carbone solo se lo faceva l’Europa, la Cina o se lo faceva il resto del mondo.

Si mossero per primi da soli sapendo che se gli USA non tagliavano in fretta le emissioni di carbone, il mondo sarebbe stato nei guai. Partecipiamo ad una corsa tra i progetti di base della politica e quelli della natura.

Si può tagliare le emissioni di carbone così velocemente da salvare i ghiacci in Groenlandia ed evitare la crescita del livello del mare?

Si può chiudere le centrali a carbone con una velocità tale da salvare i ghiacciai sui monti dell’Himalaya e sull’altopiano tibetano che una volta sciolti alimentano i grandi fiumi e i sistemi di irrigazione in Asia durante la stagione secca?

Si può stabilizzare la popolazione riducendo la fertilità prima che la natura si scateni e stabilizzi i nostri numeri aumentando la mortalità?

Sul fronte climatico, tutto sembra muoversi più velocemente.

Solo pochi anni fa in estate il mare di ghiaccio nell’Oceano Artico diminuiva, ma si riteneva che durasse per vari decenni.

I rapporti più recenti indicano che potrebbe scomparire in pochi anni.

Solo pochi anni sono passati dal più recente rapporto del Intergoernmental Panel on Climate Change (IPCC), ma già la crescita delle emissioni di anidride carbonica, la crescita della temperatura, e la crescita del livello del mare si muovono tutte più veloce di quanto pensato nello scenario peggiore del IPCC.

La buona notizia è che la corsa verso l’energia rinnovabile si verifica con un saggio e una scala che non si immaginava nemmeno 2 anni fa.

Considerate quello che accade in Texas, nel cuore dello stato del petrolio.

Gli oltre 8.000 megawatts generabili dalle centrali eoliche, i 1.000 megawatts in costruzione e un alto ammontare in sviluppo daranno oltre 50.000 megawatts di capacità energetica eolica (pensate a 50 centrali elettriche a carbone). Ciò andrà oltre la soddisfazione delle esigenze residenziali dei 24.000.000 di persone dello stato.

La Cina, con il suo programma di base per l’eolico lavora a 7 mega complessi eolici con una capacità di generare 110.000 megawatts.

E questo va ad aggiungersi alle molte imprese eoliche più piccole già operative e in costruzione.

Un rapporto recente su Science su un inventario delle risorse eoliche della Cina conclude che la nazione può incrementare da sola di sette volte la sua capacità di generare energia dal vento.

Recentemente, un consorzio di imprese europee e di banche di investimento hanno annunciato una proposta per sviluppare una grande capacità di generare il solare termico in Nord Africa, molta da esportare in Europa.

In totale, si potrebbero superare facilmente i 300.000 megawatts – rozzamente tre volte la capacità di generare elettricità della Francia.

E potremmo citare molti altri esempi.

La transizione energetica dai carburanti fossili alle fonti rinnovabili di energia si muove più veloce di quanto molta gente pensi.

In USA, per esempio, mentre l’uso del carbone è caduto del 11% negli ultimi due anni, si stima che 190 nuove imprese eoliche con oltre 16.000 megawatts di capacità energetica hanno iniziato la loro attività.

La domanda che si pone non è che cosa occorre fare perché ciò sembra abbastanza chiaro a quelli che analizzano la situazione globale.

La sfida è come farlo nel tempo che è disponibile. Sfortunatamente non sappiamo quanto tempo rimanga.

La natura è il cronometrista, ma non possiamo vedere l’orologio.

Nel mio libro recente, Plan B 4.0: Mobilizing to Save Civilization, progetto una strategia per stabilizzare il clima, frenare la crescita della popolazione, sradicare la povertà e ristabilire l’ecosistema danneggiato della Terra.

La componente climatica di quel piano chiede la riduzione netta delle emissioni mondiali di carbonio del 80% entro il 2020.

L’obbiettivo del 2020 guarda a ciò che serve per evitare il pericoloso cambiamento climatico, non a quello che è conveniente politicamente. Il piano B è ambizioso solo perché è ciò che va fatto per cambiare le cose.

Sarà difficile?

Non è la domanda.

La posta è alta?

Non è la domanda.

Il pensiero che ci fece entrare in questa idea non è quello che ci fa uscire.

Ci serve una nuova mentalità.

Permettetemi di parafrasare un commento dell’ambientalista Paul hawken in un discorso inaugurale di un college del 2009.

Riconoscendo l’enormità della sfida che fronteggiamo, disse: Primo dobbiamo decidere cosa va fatto. Dopo lo facciamo. E poi ci chiederemo se è possibile.

# # #

Adattato alla prefazione di Plan B 4.0: Mobilizing to Save Civilization di Lester R. Brown (New Yorl: W.W. Norton & Company, 2009), disponibile on-line a www.earthpolicy.org/index.php?/books/pb4 

Tradotto da F. Allegri il 03/03/2010

Stabilizing Climate: Beyond International Agreements

http://www.earthpolicy.org

21/12/2009

Lester R. Brown

Note: the following was written in July 2009, before the Copenhagen climate change conference.

From my pre - Copenhagen vantage point, internationally negotiated climate agreements are fast becoming obsolete for two reasons.

First, since no government wants to concede too much compared with other governments, the negotiated goals for cutting carbon emissions will almost certainly be minimalist, not remotely approaching the bold cuts that are needed.

And second, since it takes years to negotiate and ratify these agreements, we may simply run out of time.

This is not to say that we should not participate in the negotiations and work hard to get the best possible result.

But we should not rely on these agreements to save civilization.

Some of the most impressive climate stabilization advances, such as the powerful U.S. grassroots movement that has led to a de facto moratorium on new coal-fired power plants, had little to do with international negotiations.

At no point did the leaders of this movement say that they wanted to ban new coal-fired power plants only if Europe does, if China does, or if the rest of the world does.

They moved ahead unilaterally knowing that if the United States does not quickly cut carbon emissions, the world will be in trouble. We are in a race between political tipping points and natural tipping points.

Can we cut carbon emissions fast enough to save the Greenland ice sheet and avoid the resulting rise in sea level?

Can we close coal-fired power plants fast enough to save the glaciers in the Himalayas and on the Tibetan Plateau, the ice melt of which sustains the major rivers and irrigation systems of Asia during the dry season?

Can we stabilize population by reducing fertility before nature takes over and stabilizes our numbers by raising mortality?

On the climate front, everything seems to be moving faster.

Only a few years ago summer sea ice in the Arctic Ocean was shrinking, but it was projected to last for several decades.

The most recent reports indicate that it could disappear in a matter of years.

Only a few years have passed since the most recent report by the Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), but already the rise in carbon dioxide emissions, the rise in temperature, and the rise in sea level are all moving faster than even the IPCC’s worst-case scenario.

The good news is that the shift to renewable energy is occurring at a rate and on a scale that we could not imagine even two years ago.

Consider what is happening in Texas, in the heart of oil country.

The over 8,000 megawatts of wind generating capacity in operation, the 1,000 megawatts under construction, and a huge amount in development will give it over 50,000 megawatts of wind generating capacity (think 50 coal-fired power plants). This will more than satisfy the residential needs of the state’s 24 million people.

China, with its Wind Base program, is working on seven wind farm mega-complexes with a total generating capacity of 110,000 megawatts.

And this is in addition to the many smaller wind farms already in operation and under construction.

A recent report in Science on an inventory of China’s wind resources concludes that the country can increase its current electricity generation sevenfold from wind alone.

Most recently, a consortium of European corporations and investment banks has announced a proposal to develop a massive amount of solar thermal generating capacity in North Africa, much of it for export to Europe.

In total, it could easily exceed 300,000 megawatts - roughly three times the electrical generating capacity of France.

And we could cite many more examples.

The energy transition from fossil fuels to renewable sources of energy is moving much faster than most people realize.

In the United States, for example, while coal use has dropped 11 percent over the last two years, an estimated 190 new wind farms with over 16,000 megawatts of generating capacity have come online.

The question we face is not what we need to do, because that seems rather clear to those who are analyzing the global situation.

The challenge is how to do it in the time available. Unfortunately we don’t know how much time remains.

Nature is the timekeeper but we cannot see the clock.

In my recent book, Plan B 4.0: Mobilizing to Save Civilization, I lay out a strategy to stabilize climate, curb population growth, eradicate poverty, and restore the earth’s damaged ecosystems.

The climate component of that plan calls for reducing net carbon emissions worldwide 80 percent by 2020.

The 2020 goal looks at what is needed to avert dangerous climate change, not just what is politically convenient. Plan B is ambitious simply because this is what it is going to take to turn things around.

Will it be difficult?

No question.

Are the stakes high?

No question.

The thinking that got us into this mess is not likely to get us out.

We need a new mindset.

Let me paraphrase a comment by environmentalist Paul Hawken in a 2009 college commencement address.

In recognizing the enormity of the challenge facing us, he said: First we need to decide what needs to be done. Then we do it. And then we ask if it is possible.

# # #

Adapted from the preface of Plan B 4.0: Mobilizing to Save Civilization by Lester R. Brown (New York: W.W. Norton & Company, 2009), available on-line at www.earthpolicy.org/index.php?/books/pb4

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(vedasi la pagina principale - colonna di destra).

Al 1° marzo le firme sono 94. Abbiamo avuto il sostegno dei verdi di Firenze e di un medico di Milano che sul tema tiene conferenze in tutta Italia. Alcuni volontari hanno mandato una news letter a varie associazione e blog on line che hanno risposto positivamente. Cresce l'interessamento in Sardegna. C'E' BISOGNO DI TUTTI E' ANCHE UN MODO PER RIBADIRE L'OPZIONE PACIFISTA.

PER AVERE ALTRE INFORMAZIONI CLICCA SUL NUMERO 41 e poi FIRMA LA PETIZIONE trovando l'apposito spazio nella pagina principale.

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