Santità di Dio


Dio è Santo

Monastero

La sua santità è la sua essenza divina, la Sua è una purezza assoluta che lo distingue da tutto il resto.

La santità di Dio incarna la perfezione divina e offre una guida morale per l’uomo. È un ideale a cui dobbiamo aspirare per ricercare una vita densa di significato e di scopo.

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La Santità di Dio

La narrazione di questi tempi è protesa a presentare l’Onnipotente con caratteristiche quasi umane, come un eroe che per amore tutto accetta e salva chiunque. Le qualità di Dio vengono in qualche modo sminuite, come fosse uno di noi con cui poter discutere di ciò che è giusto o meno. Ma è proprio così? Dio è il solo che possiede l'immortalità e abita in una luce inaccessibile: «nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo» (1 Timoteo 6,1). Ecco cosa dice il Signore a Mosè: «“Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo”. Aggiunse il Signore: “Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano, finché non sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere”». (Esodo 33, 20-23). Mosè non vide il volto di Dio, egli intravvide solamente il retro della gloria di Dio, ma quando Mosè scese dal monte Sinai non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con Lui. Aronne e tutti gli Israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui. Il volto di Mosè era illuminato da quella luce santa, dalla gloria riflessa di Dio.

Anche Isaia ebbe un’esperienza sconvolgente ed ecco ciò che raccontò quando, andando quel giorno al tempio per pregare, si scoprì non preparato a ciò che vide: «Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l'uno all'altro: “Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria”. Vibravano gli stipiti delle porte alla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: “Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti”. Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare. Egli mi toccò la bocca e mi disse: “Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato”. Poi io udii la voce del Signore che diceva: “Chi manderò e chi andrà per noi?”. E io risposi: “Eccomi, manda me!”. Egli disse: “Va' e riferisci a questo popolo […]”» (Isaia 6,1-8). Isaia ne fu scioccato perché vide sé stesso così come era, ma vide anche la gloria, l’onnipotenza e la santità di Dio.

Nessuno come Giovanni ebbe la possibilità di vedere la grandezza e l’onnipotenza di Dio. Ed ecco ciò che racconta: «Fui rapito dallo Spirito nel giorno del Signore, e udii dietro a me una voce potente come il suono di una tromba […]. Mi voltai per vedere chi mi stava parlando […], in mezzo ai candelabri, uno simile a un figlio d'uomo, vestito con una veste lunga fino ai piedi e cinto di una cintura d'oro all'altezza del petto. Il suo capo e i suoi capelli erano bianchi come lana candida, come neve; i suoi occhi erano come fiamma di fuoco; i suoi piedi erano simili a bronzo incandescente, arroventato in una fornace, e la sua voce era come il fragore di grandi acque ... dalla sua bocca usciva una spada a due tagli, affilata, e il suo volto era come il sole quando risplende in tutta la sua forza. Quando lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto»
(Ap 1,10-17).

Anche Paolo ebbe l’incontro con Dio, descritto nei dettagli da lui stesso: «Mentre ero in viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno, all'improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; caddi a terra […]. E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco […]. Un certo Anania, devoto osservante della Legge e stimato da tutti i Giudei là residenti, venne da me, mi si accostò e disse: “Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in quell’istante lo vidi. Egli soggiunse: “Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito”»
(At 22,6-15).

Paolo era diventato cieco come se i suoi occhi fossero stati abbagliati dall’infinito splendore del Salvatore. La sua vita cambio e attraverso quell’esperienza “Saulo di Tarso” divenne l’apostolo Paolo.

La Bibbia ci racconta che tutti coloro che hanno incontrato Dio, visto la sua onnipotenza e la sua santità, hanno reagito incredibilmente allo stesso modo: hanno tremato, indietreggiato, alcuni di loro sono ammutoliti, coloro che sono riusciti a parlare hanno espresso la loro disperazione perché erano convinti di stare per morire. Nell’Antico Testamento colpisce il clima di lode che fuoriesce dalla contemplazione delle perfezioni di Dio, fra le quali spicca la sua santità. Ecco perché, nel libro dell’Apocalisse, il grido dell’esercito celeste non può che essere “Santo, Santo, Santo!”. Dio, è chiamato Santo, perché non ha macchia di peccato nella sua persona e non l’avrà mai. La sua Bellezza, quello splendido fulgore, insostenibile allo sguardo, che tutti coloro che ne hanno avuto esperienza descrivono, deriva dalla sua santità, che ci incanterà quando lo vedremo come Egli è. La santità di Dio è presentata come modello: «siate santi, come il Padre vostro è Santo»
(Mt 5, 48).

Fino ad allora la via per pervenire alla santità era preclusa perché inarrivabile; Gesù, attraverso il suo amore infinito ci ha fatto un dono straordinario, è andato in croce e vi è andato come l’agnello di Dio senza macchia. Su di Lui, quel giorno, si sono raccolti tutti i peccati del mondo, ha dato la sua vita affinché la punizione del peccato di noi potesse essere finalmente pagata. Come dimenticare le parole di Cristo sulla croce “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Quando Dio Padre guardò dal cielo suo figlio appeso alla croce in quel luogo, con su di sé il peccato di tutto il mondo, non riuscì a sopportare la putredine e l’iniquità dell’intera umanità riflessa in suo figlio: l’Onnipotente è Colui che ha “gli occhi troppo puri per sopportare la vista del male” e che “non può tollerare lo spettacolo dell'iniquità” (Ab 1,13). Con il suo sacrificio Gesù ci aprì la strada della salvezza! Il sangue dell’Agnello di Dio, versato sulla croce, è l’unico mezzo che rende “santi” davanti a Dio ed è anche l’unico rimedio per tornare pentiti al Padre e non essere condannati a causa dei nostri peccati.

Pertanto i figli di Dio sono esortati, come conseguenza del loro amore per il Signore, ad assomigliare al loro Papà celeste, vivendo nella quotidianità una vita di giustizia ed una reale separazione da tutto ciò che è profano. Se non possiamo essere santi come lo è Dio e non possiamo somigliare minimamente alla sua perfezione, tuttavia non arrendiamoci all’idea di coltivare la santità nelle nostre vite: è il confronto con la perfezione assoluta che ci fa paura e ci intimidisce, ma non dobbiamo permettere a tali timori di farci desistere dal raggiungimento dell’obiettivo. La santità significa purezza fisica, morale e comportamentale nella totale e completa appartenenza a Dio e di assoluta distanza da tutto ciò che è peccato. Ed allora, cosa ci impedisce di metterci in cammino fin da ora, senza esitazioni? Il nostro Salvatore ci vuole tutti in Cielo, però il raggiungimento della meta dipende da noi: occorre che prendiamo quella decisione fondamentale di seguire i suoi insegnamenti e riconoscerlo come Dio. Egli desidera portarci con Lui: lasciamoglielo fare!.