FERRARI ANTONIO
|
Nato a Stazzano (Novi)
il 9 gennaio 1816
combatte a Verona
(1848) dove viene ferito e insignito dell'Argento. Quale capitano dei
Bersaglieri fece parte del corpo di Spedizione in Crimea,
37a cp del X°.
In quella memorabile campagna gli verrà
conferita la medaglia inglese di Crimea e la Legione d'Onore di Francia.
Nel 1859 a S. Martino ricevette una seconda medaglia e la seconda
menzione (bronzo odierno). Nel 1860
con i suoi bersaglieri attacca il nemico appostato sulle alture di Fano
e lo batte: lo batte pure a Senigallia ed a Castelfidardo tanto che gli
viene concessa la Croce di Ufficiale dell'Ordine Militare di Savoia.
Partecipa all'assedio di Ancona, all'attacco della fortezza di Capua ed
alla presa di Gaeta. Promosso Maggiore ebbe il comando del 12°
reggimento bersaglieri. Passato ad altro corpo la sua carriera proseguì fino al
Grado di Generale, passando come colonnello dal comando del 64° fanteria che gli
procurò l'Oro a Custoza (argento al reggimento).
Nel 1868 l'eroe di Stazzano viene promosso
Maggiore Generale e passa al comando della II Brigata di Fanteria. Il 17
settembre 1872 in seguito a sua richiesta è collocato a riposo. Il
Generale Antonio Ferrari chiuderà la sua vita terrena a Genova il 17
marzo 1886.
|
PIETRO BRUNETTA D'USSEAUX
|
I 7 fratelli Brunetta
d'Usseaux (De Brunet) (originari di Francia, nobili dal 1734 sotto Carlo Emanuele III), sono
figli del Conte Luigi e della contessa Cristina Cotti di Brusasco da
Pinerolo. Hanno tutti prestato servizio alla patria e dato onore ai
corpi di appartenenza. Pietro
(uno dei magnifici 7) nasce nel
1831. Nel 1848 da Caporale dei granatieri viene promosso sul campo (S. Lucia di
Verona) sottotenente e insignito della Menzione onorevole (bronzo). Nel
1849 è a Novara come Tenente dello stesso reggimento e in Crimea come
volontario. Il 6 febbraio 1859 promosso capitano passa
al
7° battaglione Bersaglieri. Per i
fatti di Palestro viene insignito della Croce di Cavaliere dell'OMS. Nella
campagna dell'Italia centrale, sotto Ancona, per l'audacia con cui venne
forzata una porta ebbe l'Argento. Menzione al Macerone e
Cavaliere Ufficiale dell'OMS per l'assedio di Gaeta. Comandante del
24°
bersaglieri nel 1866 fu trasferito
a Palermo nel settembre per reprimere i disordini qui insorti. Per
l'azione svolta ebbe la Medaglia d'Oro. Promosso Colonnello comandò il
7°
reggimento fino al 1880. Da
generale nella Riserva morirà a Genova nel 1904.
Alla testa del proprio
battaglione con furia irresistibile si slanciò all'attacco della
barricata maggiormente difesa, la conquistò, la sorpassò e trasportato
dal suo valore si condusse per l'interno della città ed al Palazzo Reale
seguito da pochi ufficiali e da una cinquantina di bersaglieri.
Profilo completo del personaggio e dei
fratelli
qui ....... |
CATTANEO DOMENICO
|
Nato a Fravia (To) nel 1869 ed ivi morto nel
1938, fu assegnato al 12° bersaglieri.
Incaricato in servizio (nel 1891) di guardia armata della Polveriera
di Vigna Pia a Roma, vi sventò una più terribile esplosione a scapito
della sua incolumità personale. Investito dai primi scoppi rimase
gravemente ferito e subì l'amputazione della gamba sinistra. Ebbe
l'incarico, come mutilato, di custode all'Armeria Reale di Torino, che
tenne fino al 1920. Rientrato in famiglia, (Contadino), venne sempre
chiamato "il Bravo Caporale" e pur menomato si occupò sempre
sia di casa che della cosa pubblica come consigliere
comunale. Medaglia Oro
Capoposto della guardia alla polveriera
Vigna Pia, avvertito dalla sentinella delle esplosioni nella medesima
udite, fu il primo ad accorgersi del pericolo. Cosciente della propria
responsabilità e con impareggiabile calma inviò subito parte dei suoi
dipendenti ad avvertire gli abitanti dei casolari vicini, parte ad
impedire il passaggio alla via maestra ed impartì ad altri ordini così
razionali ed opportuni quali avrebbe potuto dare un provetto ufficiale.
Seguì poi i suoi superiori ovunque era maggiore il pericolo. Ultimo a
lasciare il corpo di guardia fu investito dallo scoppio, rimanendo
travolto nelle macerie di una casa crollata riportando la frattura di
una gamba di cui sopportò l'amputazione con stoica fermezza. Roma, 23
aprile 1891.
|
ARIMONDI GIUSEPPE
|
Sottotenente
dei bersaglieri nel 1866,
partecipa alla campagna d'Africa fin dal 1887 come maggiore e poi come
Colonnello. Per i combattimenti d'Agordat viene promosso generale e
partecipa alla spedizione di Kassala. Le sue incomprensioni con
Baratieri sono alla base della sconfitta dell'Amba Alagi in cui perse la
vita il Maggiore Toselli del IV Indigeni. Combatte ad Adua (1896)in alta
uniforme, a cavallo come la maggior parte degli ufficiali e viene
ucciso. Medaglia Oro
|
BAUDOIN GIUSEPPE
|
Nato a Gilletta o Gilette di Nizza Francese il 25
febbraio 1843. All'atto della cessione alla Francia (1860) si arruola
volontario ed ottiene dopo concorso e servizio la promozione a
sottotenente nel 1866. Comanda un plotone del 65° Valtellina alla III
Guera di Indipendenza ed ottiene la medaglia di Bronzo. Durante la
campagna del 1870 in occasione di un incendio a Grotte di Castro, merita
l'Argento. Nel 1872 viene trasferito al
4°
Bersaglieri dove acquisisce le promozioni a tenente e
capitano (11°). Promosso maggiore
nel 1894 viene destinato al IX fanteria d'africa. Assegnato alla brigata
Arimondi muore sul Monte Raio (Adua) sommerso dalle orde Scioane
Adua il 1
marzo 1896. Medaglia d'Oro
“Imperterrito sulle falde del Monte Rajo
comandò il 9° Battaglione d’Africa mantenendolo saldamente al fuoco
contro forze enormemente superiori, finchè fu distrutto. Informato che
le altre truppe si ritiravano, rispose: “Non importa, noi dobbiamo star
qui!”. E vi rimase finchè una palla nemica lo uccise”.
|
Col. Bers. ROMERO GIOVANNI
|
Nato a Mortara nel 1841, si arruola
giovanissimo nella brigata Casale. Nel 1859 a S. Martino guadagna una
Medaglia d'Argento a soli 18 anni. Trasferito al 1°
Bersaglieri dei neo costituiti reggimenti
milita nel corpo fino alla promozione a capitano, che lo vede ritornare
al 51° fanteria. Assegnato alle compagnie presidiarie del neo
costituito corpo degli Alpini vi rimane per diversi anni. Con la
promozione a maggiore riprende il comando in fanteria e nel 1889 è alla
scuola sottufficiali di Caserta. Da Colonnello comanda ad Adua il
4° fanteria d'Africa e dopo accanita resistenza e numerose ferite cade
nei corpo a corpo in cui si trasforma l'intera battaglia.
Adua 1
marzo 1896 - Medaglia Oro
“Combatté da valoroso alla testa del suo
Reggimento sino all’ultimo. Ferito gravemente e circondato, si difese
strenuamente in una lotta corpo a corpo: sopraffatto, lottò ancora per
non essere tratto prigioniero finchè, nuovamente e gravemente colpito,
moriva in seguito alle riportate ferite”.
|
PAOLUCCI RAFFAELE
|
Nasce a Roma il 1° giugno
1892 da famiglia di origini abruzzesi (Orsogna: padre
Nicola e Rachele de Crecchio madre). Allo scoppio della guerra, non
ancora laureato, presta servizio in una compagnia di sanità col grado di
Sergente. Conseguita la laurea in medicina il 19 luglio 1916, a Napoli
viene promosso ufficiale (aspirante o sottotenente medico di
complemento). E in questo momento che l’aspirante Paolucci entra nel
corpo dei Bersaglieri, per la precisione l’8° in servizio nel Cadore.
Lui appassionato di mare si ritrova in tutt’altro ambiente come dirà la
figlia Ippolita in "Raffaele Paolucci: un marinaio in Dolomiti". Dopo il
breve periodo in trincea ritorna agli ospedali militari di Napoli e in
seguito di Venezia dove diventa medico di bordo sulla nave Emanuele
Filiberto (era stato promosso tenente). Sebbene la sua specialità lo
esonerasse da azioni belliche, progettò di penetrare a nuoto (lui buon
nuotatore) in porti nemici per minare corazzate austriache; per questo
iniziò un allenamento che durò diversi mesi. Mise intanto su carta le
sue idee, prevedendo un ordigno esplosivo ad orologeria munito di due
camere d'aria a poppa e a prua per consentire il galleggiamento dello
stesso. Si allenava con una botte di legno (vino) percorrendo via via
distanze sempre maggiori fino a raggiungere gli 8 km, quanti bastavano
per poter raggiungere gli ormeggi nemici e tornare indietro. Purtroppo
però essendo medico e non disponendo di materiali e risorse fu costretto
a limitarsi alla fase di progetto sotto gli occhi del suo superiore che
lo vedeva un po’ “strano”. Il colpo di fulmine come si dovrebbe chiamare
scoccò quando nel luglio 1918 gli fu presentato il 37enne genovese
capitano del Genio Navale Raffaele Rossetti, lui sì pratico di
“mignatta”, autopropulse...
continua
|
CANGIALOSI GIUSEPPE
|
Nato a Palermo nel 1895, ha vent'anni allo
scoppio del grande conflitto. Viene mobilitato al
10° Bersaglieri, come molti siciliani, e
con un corso accelerato promosso ufficiale nei reparti di
Milizia Territoriale. L'anno dopo ottiene un comando in linea alla
neocostituita Brigata di fanteria Lambro. Lo stesso anno (1916) viene assegnato ad
altro reggimento (77° fanteria) dopo la presa di Gorizia. Circondato dal nemico
sul sul Veliki
Hribac spezza il fronte avventandosi sugli austriaci con pochi
uomini a costo della propria vita. 12 ottobre 1916 Medaglia
Oro. Motivo del conferimento: Durante
due giorni di cruento combattimento in prima linea, ogni suo atto fu atto
di valore. Avendo il nemico, che stringeva il suo reparto in una morsa di
fuoco, invitato le truppe scosse alla resa, usciva dal riparo, e, agitando
una bandierina tricolore in faccia agli stessi avversari, scaricava
baldanzoso la sua rivoltella, e ad ogni nemico che cadeva sotto i suoi
colpi gridava: Così si arrendono i soldati d’Italia !. Colpito mortalmente
alla fronte, bagnava col proprio sangue il terreno conteso, infondendo nei
soldati, col sacrificio della sua vita, il vigore necessario a mantenere
definitivamente la posizione. Veliki - Hriback, 12 ottobre 1916
|
D'ANGELO EMILIO PAOLO
|
Nato a Palermo il 18 giugno 1894 frequenta i
corsi ufficiali nel 1914 ma per malattia è costretto a congedarsi. Allo
scoppio del conflitto, per il perdurare del morbo non può prendere
servizio che l'anno seguente in un Battaglione di Milizia
Territoriale
dei Bersaglieri. Destinato al servizio attivo, ma
in deposito, ottiene
di essere mandato in linea nelle fila del 232° reggimento fanteria. Il 7 agosto
1916, nonostante fosse febbricitante per il riacutizzarsi del morbo,
andava all'assalto coi suoi uomini alle porte di Gorizia. Una
granata gli troncava il braccio ed un successivo colpo mortale lo
rendeva al padre. Medaglia
oro. Motivo del conferimento: Quantunque
febbricitante, non volle essere ricoverato in un ospedale, per poter
prendere parte all’azione offensiva che doveva svolgere il suo
reggimento. Mentre con entusiastico slancio e sereno, cosciente sprezzo
del pericolo guidava il suo plotone all’assalto del ponte di Gorizia,
una granata nemica gli stroncava il braccio destro. Rifiutando ogni
cura, sorreggendo l’arto infranto con la mano sinistra, tenne ancora il
comando del reparto incitando i suoi con mirabile energia finchè,
nuovamente colpito, rimase ucciso sul campo. Gorizia, 7 agosto 1916
|
DE GASPARI ORESTE
|
Nato a Potenza nel 1864 frequenta
la Scuola Militare di Modena e svolge incarichi di prima nomina nel 53°
Fanteria. Nel 1898 viene trasferito al 2°
Bersaglieri e nel 1900 come
capitano è in Cina per la Rivolta dei Boxer (encomio). Nel 1915 è al
comando del II battaglione del 2° reggimento. Con la promozione a Colonnello passa al
138° Fanteria con il quale merita il Bronzo a Sei Busi (novembre 1915).
Ritorna a comandare il 14°
Bersaglieri l'anno dopo
sull'altopiano di Asiago. A Monte Zebio il 6 luglio viene gravemente
ferito e insignito dell'Argento. Passato a comandare una Brigata
(Como) é presente alla battaglia di
Vittorio (Veneto) al comando di due gruppi d'assalto. Per le ripetute
prove di valore gli viene assegnato l'Oro. L'anno dopo è in Libia. Promosso Generale di Brigata nel 1923, dopo la
conquista di Agedabia, viene rimpatriato e tiene per un anno il comando
della Brigata Roma. Ormai 60enne viene collocato nella Riserva e muore
nel 1933 a Genova. Motivo del
conferimento: Comandante di due gruppi d’assalto rinforzati con elementi
d’artiglieria e genio, li condusse risolutamente ai di là del Piave e
raggiunse con precisa manovra gli obiettivi assegnatigli. Durante un
grave contrattacco nemico, spiegò la più grande energia, manovrando con
la più grande opportunità le provate sue truppe. Nel momento più
critico, quando maggiormente ferveva la lotta, fu alle sue schiere
simbolo di indomito eroismo e inflessibile forza di comando. Dominate
con fermissimo imperio le sanguinose vicende del combattimento, non
appena possibile riordinò le truppe per la ripresa dell’attacco, che
condusse a completo compimento. I suoi arditi, nella gioia della
vittoria, provarono la fierezza più grande alla quale potessero
aspirare: quella di vedere impersonati nel loro comandante il valore
insigne ed i fuigori di eroismo che la battaglia aveva richiesti. Falzè
di Piave, 27 - 28 ottobre 1918.
|
|
|
|
DI MARIA NOBILE DEI BARONI
DI ALLERI CAV. EUGENIO
Comanda il 5° Bersaglieri da Tenente Colonnello a
Tolmino e S.Lucia dove viene ferito sul Vodil. Combatte poi in Trentino
fino alla promozione a Colonnello Brigadiere. Al comando della Brigata Sassari
dal 22 al 27 giugno 1916 nell'inseguimento del nemico cade fulminato alla
Casera Zebio. Medaglia d'Oro alla Memoria.
Motivo del conferimento: Primo fra i suoi soldati, incitandoli
all’assalto, col grido d’Italia sulle labbra, con la fede della vittoria
nel cuore, cadeva fulminato dal piombo nemico, mentre le sue truppe
assaltavano alla baionetta le posizioni avversarie. Casera Zebio, 27
giugno 1916.
Profilo completo del personaggio e degli eventi
qui
...........
|
|
|
|
PRESTINARI MARCELLO
"Comandante di una brigata
di M.T. in riserva sull'altopiano di Asiago, assunse con giovanile
entusiasmo, il comando di altra brigata permanente, già impegnata in
prima linea e guidandone animosamente all'attacco i reggimenti, incontrò
bella morte chiudendo con un mirabile esempio di illuminato ardimento,
una esistenza, tutta contesa di episodi di valore - Regione Pontecche
Gallio Asiago 10 giugno 1916"
Profilo completo del personaggio e degli eventi
qui
.......... |
|
|
FANTINI ODDONE |
(Ravenna) - Tenente 28° Fanteria controllare
?
Tenente di Fanteria 20° reggimento della 10a compagnia luogo di nascita:
Correggio (RE) Data del conferimento: 29- 4- 1923 R.D. Motivo del
conferimento: Funzionando da ufficiale d’amministrazione, chiese ed
ottenne nell’imminenza di un attacco di fortissima posizione, in un
momento grave, il comando di una compagnia rimasta nella notte senza
capitano, e, con slancio e coraggio ammirevoli, la guidò alla conquista
di una trincea nemica, che tenne saldamente in tre giorni di aspra
lotta, durante la quale assunse successivamente e tenne con energia e
perizia il comando di battaglione e poi di tutte le truppe; fino a che,
dopo aver riportate ben cinque ferite nelle ultime ventiquattro ore,
dovette essere allontanato dal combattimento. Infine, appena trasportato
al posto di medicazione, quasi esausto per il sangue perduto, curante
più del successo che di se stesso, si fece trasportare al comando del
reggimento, cui diede preziose informazioni. Fulgido esempio di
eccezionale valore e d’alta abnegazione. M. Sabotino, 21 - 23 ottobre
1915.
|
DE ALESSANDRI GIOVANNI
Nato a Milano o .......???? .....e chiamato alle
armi il 12 gennaio 1915, partecipa alla grande guerra con l'11°
bersaglieri come aspirante Ufficiale. Rimane ferito nel primo anno
di conflitto e alla promozione a sottotenente l'anno successivo viene
trasferito al Corpo Truppe Coloniali.
Qui prende servizio al XIII
battaglione Eritreo di stanza in Libia. Al termine del conflitto col
grado di Tenente viene posto in congedo. ..... Nel 1928, a richiesta viene richiamato ed
entra in aeronautica nei ruoli tecnici con pari grado !!!.
Non si conosce il suo incarico
(si presume osservatore -ricognizione strategica) . Nel 1931 è Capitano. In seguito
a processo disciplinare tenuto a Bologna nel 1935 (non si conosce anche
qui il
reato) viene destituito dal grado e dalle
funzioni. Chiede allora di entrare da soldato semplice nella divisione Peloritana destinata all'Etiopia. Raggiungeva a Mogadiscio il 3°
reggimento e ripercorrendo la carriera ufficiale si poneva al comando di
una centuria della banda Pellizzari alla fine del 1936. Con questa a
Chevenna il 20 gennaio 1937 perde la vita in uno scontro. Citiamo dalla motivazione al Valore alla memoria (oro). "......Non
ci sarà nessuno, domani avanti a me. Vi farò vedere come combatte
un italiano". In un furioso
attacco contro un nido di mitragliatrici, si lancia con pugnali e bombe
a mano per primo. E' ferito più volte mentre i suoi compagni cadono
intorno a lui. Col nome della figlia sulle labbra e la sua foto in mano
si abbatte sull'arma nemica. ..l'anima è in cielo, il nome è quello di
un eroe. 20 gennaio 1937 Nel
1938 con R. Decreto postumo viene riabilitato e reintegrato nel
grado di capitano.
Immagine: la foto ci è stata fornita
da Niccolò Figundio al lavoro per ricostruire la sua e altre storie di
volontari di guerra |
FARA GUSTAVO
|
Nato a Porta Novarese nel 1859
frequenta l'Accademia di Modena dalla quale esce sottotenente nel 1880.
Assegnato all'8° Bersaglieri
consegue la nomina a Tenente nel 1881. Nel 1888 promosso Capitano chiede
di partire per l'Eritrea in forza al I btg coloniale. Per il
combattimento di Agordat (27/6/1890) venne insignito della croce
dell'O.M.S. Comanda da maggiore il 34° battaglione
del 10° poi l'11° reggimento da
Colonnello col quale partecipa alla campagna di Libia. Per i fatti
d'arme che vanno da Sciara Sciat a dicembre del 1911 merita la
promozione a Generale sul campo (oro
per l1°). Al comando di una
Brigata mista condusse nel 1912 la conquista di tutte le località
costiere, per la quale venne lui stesso insignito di Medaglia d'Oro.
Allo scoppio della Grande Guerra col grado di Tenente Generale ebbe il
comando della 4a divisione rimanendo ferito sul Sabotino il 24 ottobre
1915. Ebbe altri incarichi e la Medaglia d'Argento a Monfalcone nel
1917. Passato al comando della 47a divisione composta tutta da
Bersaglieri, raggiunse l'altopiano della Bainsizza. Ancora coi suoi
bersaglieri nella divisione d'assalto il 27 ottobre 1918 nelle radiose
giornate di Vittorio Veneto. Muore a Nervi il 24 febbraio 1936.
Maggiore Generale già
comandante 11° reggimento bersaglieri Data del
conferimento: 03/1913 - motivazione: Per le eminenti qualità di soldato
ardimentoso e brillante sotto il fuoco nemico spiegate e prima dopo la
sua promozione per merito di guerra, nei numerosi combattimenti della
campagna di Libia a cui prese parte.Ain Zara, 4 dicembre 1911.
Profilo completo del personaggio e degli eventi
qui ...
|
GOTTI ENRICO
|
Nato a Torino nel 1867 è tra
i primi a sbarcare in Africa nel grado di S.Tenente coi fanti della
Cuneo. Medaglia di Bronzo per i combattimenti di Saati, viene nominato
Ufficiale d'ordiannza di Baldissera. Promosso capitano dopo i corsi di
guerra sceglie di andare al 5°
Bersaglieri coi quali rimane fino
allo scoppio del conflitto. Già Colonnello assume il comando del
4°
reggimento e guadagna il bronzo
nel '17 a Bodrez. Trasferito alle truppe d'Albania assume il comando del
72° reggimento Fanteria e nel '20 da Generale la piazza di Valona. Abbandonati a se stessi, i difensori del campo trincerato di
Valona sostennero aspri combattimenti.
Presidiavano le posizioni più avanzate piccoli reparti del 72°.
Il 6 giugno, le avanguardie italiane furono assalite da forze molto superiori.
Gotti diresse una resistenza durata ben dieci ore tale da causare perfino ai nemici perdite enormi. Alla fine, i Fanti si trovarono senza munizioni, senz'acqua, senza il concorso dei due soli pezzi d'artiglieria di cui disponevano, inutilizzati dal fuoco avversario.
GOTTI, pronto al sacrificio estremo purché i suoi avessero tempo e modo di ripiegare, si avviò a trattare con i ribelli, ma lo uccise a tradimento un capo albanese.
Alla memoria fu decretata la medaglia d'oro.
Motivazione Comandante di un
reggimento incaricato della difesa avanzata di un campo trincerato,
benché promosso generale, chiedeva di non essere trasferito finché non
si fosse chiarita e risolta una situazione che si prospettava assai
critica, causa l’insurrezione del paese. Organizzava con grande maestria
la difesa dei centri di raccolta avanzati, prodigando la sua alacre
opera in continue pericolose ispezioni dei centri stessi ed infondendo
nei più deboli presidi, travagliati dalla malaria, un potente spirito
combattivo. Attaccato repentinamente da forze quindici volte superiori,
dirigeva e manteneva per circa dieci ore con indomito coraggio ed
ammirevole fervore una resistenza ad oltranza così efficace che il
nemico ne usciva letteralmente decimato ed era costretto a ritardare di
parecchi giorni l’investimento del campo trincerato. Rimasti i valorosi
difensori senza munizioni e senza acqua, inutilizzati gli unici due
pezzi disponibili, allo scopo di evitare la completa distruzione del
presidio
dipendente che già aveva subito
gravissime perdite. dopo aver provveduto a metter in salvo la bandiera
ed i fondi del reggimento, usciva solo e disarmato per trattare cogli
insorti, deciso a sacrificare se stesso per salvare i suoi dipendenti.
In questo atto di sublime generosità, ucciso a tradimento da uno dei
capi ribelli esasperati dalla fiera resistenza dei nostri, di cui
giustamente essi rendevano responsabile l’eroismo del valorosissimo
generale, immolava la sua nobile esistenza alla Patria, alla quale aveva
dedicato tutta una vita splendente delle più belle virtù di cittadino e
di soldato - Valona (Albania) q. 115 - 6 giugno 1920 |
LEONCINI ADOLFO
|
Nato a Portoferraio nel 1867
frequenta la Scuola di Modena ed al termine viene assegnato
1°
Bersaglieri. Passa quindi al 4° fino alla promozione a Capitano
conseguita nel 1902. Dopo la Scuola di Guerra transita in Fanteria, col
grado superiore, al 57° reggimento. Nell'estate del 1912 è in Libia
dove a Zuara merita il Bronzo. Allo scoppio del conflitto comanda il VII
ciclisti per passare subito dopo, da Tenente Colonnello, al comando del
71° fanteria. Ferito ad Oslavia ed insignito di un nuovo Bronzo assume
il comando del 116° Treviso. Nel ciclo degli scontri dal 10 al 13
ottobre 1916 viene insignito dell'oro dopo aver ricevuto ferita in
combattimento. Comanda la I Brigata Bersaglieri nel 17 e in agosto sulla
Bainsizza viene nuovamente decorato da argento e promosso al grado di
Generale per meriti di guerra. Comanda la 17a divisione sull'Alto Isonzo
e termina il conflitto al Piave. Viene collocato a riposo nel
1931, dopo brevi conandi territoriali e promosso Generle di C.d.A. Muore
a Siena il 21 marzo 1957. Motivo
del conferimento: Comandante di un reggimento di fanteria, preparava con
grande perizia l‘attacco di una forte posizione nemica e lo dirigeva con
pari ardimento. Conquistatala di primo impeto, con pronta mossa,
personalmente guidata, parava alle rime minacce avversarie. Per tre
giorni, incrollabile sulla posizione di fronte ai continui contrattacchi
ed ai violenti tiri dell’artiglieria avversaria, in tutti trasponeva col
suo valoroso contegno la forza e l’energia necessarie a fronteggiare la
situazione. Ferito, non si ritraeva dalla lotta, ma, fulgida figura di
eroe, rimaneva imperterrito nelle prime trincee, esempio a tutti di
meravigliosa tenacia e di ardire. Le riserve inviategli accortamente
impiegava, finchè col potente aiuto della nostra artiglieria vide egli
stesso, il terzo giorno, coronati i suoi sforzi con la completa rotta
delle forze nemiche. Sober, 10- 13 ottobre 1916
|
SUAREZ EDOARDO |
Colonnello dei Bersaglieri in comando al 217°
reggimento della brigata "Valturno". luogo di nascita: Napoli (NA) Data
del conferimento: 9- 7- 1916 Motivo del conferimento: Sempre alla testa
del suo giovane reggimento di reclute, con slancio ammirevole, con
sacrifizi eccezionali, riconquistava una importantissima posizione, che
teneva saldamente, arrestando l’invasore proprio sull’orlo dell’ultimo
baluardo che gli chiudeva lo sbocco nella pianura. Irrompendo, poi,
vittoriosamente in Vallarsa, riusciva ad aggrapparsi ed a mantenersi coi
suoi uomini, quasi allo sbocco dell’altipiano, combattendo
ininterrottamente contro il tenace nemico ammassato tra le rocce, finchè,
proprio quando aveva assolto l’arduo e penoso compito, eroicamente cadeva,
fulminato dal piombo nemico. Vallone di Foxi, 29 giugno 1916 |
|
STASI RAFFAELE
NAPOLI
11/2/1896 MELETTE DAVANTI 22/11/1917:
TENENTE DEL 130° FANTERIA
MED. D'ORO epigrafe
PER FERVIDO AMORE DI PATRIA
VOLONTARIO DI GUERRA
DOPO INNUMERI PROVE
DI SINGOLARE ARDIMENTO
NELL'ORA DELLA RISCOSSA
SULL'ALTIPIANO CONTESO
ANDÒ DI LA DAL PRODIGIO
INCONTRO ALLA MORTE
SE NON FU DATO AGLI UMANI
RINTRACCIARE LE SUE SPOGLIE MORTALI
QUI DINNANZI ALLE VETTE
DEL SUO SANGUE VERMIGLIE
ALEGGIA IL SUO SPIRITO IMMORTALE |
GIUSEPPE VACCARI:
|
Sottotenente al
1°
in prima nomina e in servizio al 2
(capitano) e 10° bersaglieri (maggiore) ebbe vari incarichi di Stato
Maggiore e di insegnante alla Accademia Navale di Livorno. Nel
1912 parte per la Libia come capo di S.M. divisionale meritandosi per il
combattimento di Misurata l'Argento. Col grado di Colonnello di Brigata
rientra dalla Libia ed assume il comando della Brigata Barletta nel 1916. (altro
argento). Comanda poi lo
Stato Maggiore della III armata fino al ripiegamento indenne sul Piave. Ottiene
per promozione a T.Generale, il comando del XXII c.d.a. e per i combattimenti
del
giugno 1918 a Nervesa viene insignito di Medaglia d'Oro.
Sua l'epigrafe al mulino
Manente di Moriago. "Ali alle ali, le crisi non si risolvono che al
di la del Piave" è il primo a passare
il Piave e a restare isolato per una intera notte alla Sernaglia. Capo
di Stato Maggiore nel dopoguerra e senatore dal 1928 muore a Milano nel
1937.
Di fronte ad una gravissima e minacciosa
situazione verificatasi nel settore del Corpo d’Armata ai suoi ordini,
lasciato il suo posto di comando, si portava risolutamente tra le
oscillanti ondate delle fanterie ed infiammandole con la vibrata parola
ed il fulgido esempio del più sereno sprezzo del pericolo, le lanciava
ad impetuoso attacco contro il nemico, già imbaldanzito, risolvendo col
suo personale intervento ed a favore delle nostre armi le sorti
dell’aspra giornata. In una precedente circostanza, comandante di una
brigata, dopo aver condotto due volte brillantemente le proprie truppe
alla conquista dell’obiettivo assegnatogli, in un momento critico del
ripiegamento interveniva prontamente ed energicamente coi mezzi a
disposizione, fermando e riconducendo al combattimento militari dispersi
e fuggiaschi al grido: “Viva l'Iitalia! “. Montello, 19 giugno 1918 -
Castagnevizza, 23-24 maggio 1917.
|
ROBINO AURELIO
|
Nato a Genova nel 1867, frequenta la scuola
militare di Modena e ne esce sottotenente con incarico al
11° reggimento. Ebbe incarichi di Aiutante
e di stato maggiore, passando anche al 1°
Bersaglieri. Con la promozione a maggiore
nel 1913 si occupa di progettare le opere difensive sull'Altopiano di
Asiago. In forza al 4° Bersaglieri,
allo scoppio del conflitto passa al primo dei neo battaglioni Bersaglieri
costituiti in Valsugana il 37°.
Combatte poi a Tolmino e con la promozione per meriti di guerra a
Colonnello passa al 119° fanteria. Sull'altura di Grazigna il 16 maggio
lascia la vita nell'anticamera della vittoria. Medaglia Oro alla memoria.
Motivo del conferimento: Comandante di un
reggimento, con singolare perizia diresse parte delle sue truppe
all’attacco di una forte posizione nemica, riuscendo a conquistarla. Non
potendo quelle truppe procedere per l’esistenza di un reticolato intatto
sul rovescio della posizione e perchè battute da intenso fuoco di
artiglieria e contrattaccate, accorse con i rincalzi, che, animati dal
suo esempio, respingevano dopo accanita mischia l’avversario.
Rinforzatosi durante la notte sulla posizione e pronunciatosi il mattino
successivo un nuovo e più furioso contrattacco, a cui le sue truppe,
animate come sempre dalla sua presenza, resistevano tenacemente, mentre
già gli arrideva la vittoria, cadde colpito a morte. Grazigna (Gorizia),
16-17 maggio 1917
|
PIRAGINO GUIDO
|
Nato a Teramo (Nereto) nel 1880, frequenta
il collegio militare di Firenze e poi quello di Roma. Passa nel 1896
alla scuola di Modena e nel 1899 viene nominato a soli 19 anni
sottotenente al 2° Bersaglieri.
Molto sportivo ed organizzativo svolge gli incarichi di Aiutante
Maggiore di Battaglione ed è a Messina nel 1908 ai soccorsi delle
popolazioni. Promosso capitano viene trasferito in Libia (1913) col 1°.
Medaglia di Bronzo per i combattimenti dei pozzi di Zefran viene
rimpatriato per ferita e promosso al grado superiore. Assegnato a
termine congedo a una nuova brigata di Fanteria (Bari) durante i
combattimenti della 10a battaglia dell'Isonzo sul Carso viene colpito in
fronte dopo aver brillantemente disbrigato la conquista di una quota
persa e ripresa. 3/4 giugno 1917 medaglia d'oro.
Motivo del conferimento: Benché affranto da
grave malattia che ne fiaccava di giorno in giorno l’organismo, sordo
alla parola dei sanitari che lo consigliavano ad allontanarsi dal
fronte, tenne il comando del battaglione, guidandolo, nonostante
sofferenze inaudite, per ben dieci giorni di continui combattimenti con
perizia e valore mirabili, sempre primo ove maggiore era il pericolo e
infondendo nei suoi dipendenti slancio e coraggio. Venuto a conoscenza
che una nostra importante posizione era stata perduta, infiammava i
suoi, ed alla testa del battaglione si lanciava sul nemico, lo
sbaragliava e riconquistava la posizione. Cadde colpito in fronte,
lasciando quale sacro retaggio la posizione conquistata a prezzo del suo
sangue e che dai suoi fu poi validamente mantenuta. Carso, 3 - 4 giugno
1917
|
OTTOLINI GIORDANO
|
Nato
a Milano nel 1893 viene arruolato come richiamato al 5°
Bersaglieri. Frequenta un veloce corso allievi ufficiali e a novembre è
già in linea come aspirante. Viene ferito ad Oslavia e promosso
sottotenente al 71° fanteria di stanza in Albania. Rientra poi
col reggimento per essere schierato sul Pasubio dove il 10 giugno 1916
ottiene una medaglia d'Argento e numerose menomazioni che non lo
dsitolgono dalla trincea. 20 giorni dopo sullo Spil conduceva i suoi
uomini in un assalto corpo a corpo dove restava nuovamente ferito e
circondato. Liberatosi raggiungeva le linee e usciva per l'ultima fatale
spedizione. Medaglia Oro alla memoria.
Motivo del conferimento: Con pochi uomini si slanciava all’assalto di una
mitragliatrice nemica, vicina alla sua posizione. Rimasto isolato ed
accerchiato, si difendeva strenuamente, infliggendo gravi perdite
all’avversario. Avuta da un ufficiale avversario l’intimazione di
arrendersi, lo freddava con un colpo di piccone. Riaccesasi più feroce la
lotta, menando colpi di piccone a destra ed a manca, riusciva a sfuggire
agli assalitori e faceva ritorno alle nostre linee, passando attraverso
quelle nemiche. Ferito, si medicava da sè e ritornava poi a combattere,
rimanendo subito dopo nuovamente colpito a morte. Monte Spil, 30 giugno
1916. |
SCANDALIATO ANGELO:
|
Nato a Sciacca nel 1869 frequenta
la scuola militare di Caserta (sottufficiali) poi un corso ufficiali che
lo porta al 12° Bersaglieri. Parte per
l'Africa nel 1896 rimpatriando subito dopo.
Nel 1902 è in Cina come tenente fino alla fine della
missione. Nominato capitano partecipa col 4° alla guerra Turca. Qui ottiene un encomio. Distaccato per un breve periodo in
Cirenaica viene insignito di Medaglia di
Bronzo. Promosso maggiore allo scoppio della guerra è in linea col 44°
Btg Bersaglieri a Doberdò e l'anno successivo sull'Hermada da
T.
Colonnello. Ferito a Flondar viene decorato con l'ARGENTO. Da
luglio del 17 come colonnello comandante è al 248° Girgenti coi suoi
siciliani nel vallone di Chiapovano. Il mattino del 5 settembre 1917 sul
S. Gabriele, benché minacciato di accerchiamento, li conduce personalmente all'assalto, l'ultimo prima della ferita mortale alla
gola. Oro alla memoria.
Motivo del conferimento: In un contrattacco che
aveva sferrato contro rilevanti forze avversarie attaccanti di sorpresa,
accortosi che un suo battaglione, sopraffatto da violento fuoco di
mitragliatrici e d’artiglieria, stava per retrocedere, sebbene già
gravemente ferito alla mano sinistra, si slanciava con audacia e prontezza
in mezzo ai suoi soldati, e con l’esempio del suo supremo sprezzo del
pericolo e colla sua parola l’induceva a tener fermo, finchè riusciva a
volgere in fuga l’avversario. Colpito alla gola da due proiettili di
mitragliatrice, cadeva mormorando: Ragazzi, sono contento di voi!. Veliki
- Hrib - San Gabriele, 5 settembre 1917
|
SANTORO CARLO
|
Nato a Cava dei Tirreni nel
1900 viene chiamato con il primo scaglione di quell'anno e come
specialista del genio telegrafista inviato subito in linea. Viene
congedato come tutti quelli del 900 per essere richiamato un anno dopo.
Presta servizio nell'arma dei carabinieri postbellica e congedato
nuovamente nel 1922. Chiede di frequentare i corsi ufficiali e nel 1924
viene assegnato al 7° Bersaglieri. Con la promozione ottiene anche di
andare nella colonia Libica dove prende servizio al VI Btg. coloniale.
Il periodo è dei più travagliati e nell'estate del 1928 è più volte
esposto ad attacchi di arabi ribelli. Il 31 ottobre al comando di una
mezza compagnia sostiene un duro combattimento a Guerat dove viene
ripetutamente ferito e dove soccombe coi suoi uomini. Medaglia Oro alla
Memoria
In aspro e violento
combattimento, comandante di mezza compagnia del reparto che sostenne
l’urto deciso e violento delle forze nemiche, resistette all’impeto
travolgente di esse con tenacia ed energia, dando superbo esempio di
elevatissime virtù militari. Colpito dapprima alla gamba destra, sotto
al ginocchio, cadde, ma rialzatosi incitava i suoi ascari alla difesa
ricordando loro le glorie del battaglione. Colpito di nuovo alla coscia
sinistra, sollevandosi quanto più possibile da terra, ancora una volta
richiamava i suoi ascari al dovere supremo. Seguiva intorno a lui una
furiosa mischia fino a che, colpito nuovamente al petto, alla fronte,
all’addome, egli soccombeva sul campo, ed intorno a lui circa venti
ascari che ne avevano seguito lo strenuo valore. Già distintosi a Bir
Tagrift (Tripolitania, 25 febbraio 1928) ove aveva meritato il passaggio
ad effettivo per merito di guerra. Guerat el Afie (Tripolitania), 31
ottobre 1928. |
ADUA
|
Dalla collezione
Alberto Parducci caduti e protagonisti di Adua |
Dall'alto a
sinistra a in basso a destra |
|
|
Magg. Turitto
Domenico + I Btg Indigeni (Albertone)
(non risultano documenti che attestino l'appartenenza ai Bersaglieri) |
Magg.
Bersagliere Cossu
Giuseppe di Giovanni f VI Btg Indigeni (Albertone) |
Magg.
Bersagliere Valli Rodolfo + VII Btg Indigeni (Albertone) |
Magg.
Bersagliere De
Vito Lodovico + Milizia Mobile (Dabormida) |
Magg.
Bersagliere Gamerra
Giovanni fc VIII Btg Indigeni (Albertone) |
De Vito> |
|
|
Magg. Turitto Domenico
|
Domenico Turitto nasce a Cassano delle Murge (Bari) il 25 maggio 1847
secondogenito di una famiglia numerosa tra l’Avv. Sante e la N.D.
Antonia Recchia. Frequenta il Ginnasio proprio a cavallo degli
avvenimenti che porteranno all’unità d’Italia. Ha 16 anni ed è il 1863
quando termina gli studi liceali e non vedendo futuro davanti a se per
l’interruzione degli studi decide di partire volontario per l’ Accademia
militare di Modena, in tempo per partecipare alla 3a guerra
d’Indipendenza nel 1866. E’ licenziato sottotenente iusto il 17 giugno
1866 con servizio al 60° Fanteria Calabria a Napoli. Di guerrà però non
se ne parla perché il meridione è ancora in guerra col “Piemonte” e le
rivolte del ’66 resteranno memorabili. Il suo reggimento passa di stanza
a Torino dove, nel 1873, viene promosso tenente poi capitano nel 1882
passando in servizio prima alla Scuola di Guerra poi al 37° fanteria
Ravenna. Nel 1885 partecipa alla spedizione del colonnello Saletta (con
le truppe di novembre) per l’occupazione dell’”Eritrea” (Massaua) E’ del
1886 (3/3) un scaramuccia con una banda che gli frutta la Menzione
Onorevole (Bronzo al V.M.). Sempre quell’anno Turitto viene nominato
aiutante di campo del generale Carlo Genè che ha sostituito Saletta. In
Eritrea intanto si consuma il vero e proprio primo grande scontro a
Dogali (gennaio 87). Per fine ferma (africana) Turitto torna in Italia e
presta servizio nel 37° fanteria ma riparte quasi subito per l’Africa il
2 novembre 1887, con la spedizione Asinari Di San Marzano, destinato in
primis al battaglione Morandi della I brigata poi al I Reggimento
fanteria indigena su quattro battaglioni con la carica di aiutante
maggiore. Prestano servizio nel reparto anche Fara, Hidalgo, Miani … E’
presente all’Asmara in agosto (1889) quando questa città viene occupata
dal Gen. Baldissera. Nello stesso mese ha il primo comando operativo
importante: il IV battaglione indigeni. In una successiva
riorganizzazione il livello di reggimento viene soppresso e i reparti
indigeni assumono la fisionomia da noi conosciuta per le fasce colorate
in vita. Il capitano Turitto passa dal IV lasciato a Toselli al I. Il 25
dicembre 1890 Turitto torna in Italia con l’incarico di aiutante del
comando Brigata “Aosta” (5° e 6° rgt). Nel 1893 (stanco della routine
metropolitana) ritorna in Africa e viene promosso maggiore. Risale a
questo periodo la presa di Cassala insidiata dai Dervisci che gli valse
la croce di cavaliere dell’ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro con questa
motivazione: “Per l’abilità e l’energia spiegata durante il
combattimento, e per la perseveranza posta nel tentare di raggiungere il
nemico fuggente”.
Stralcio dal libro di S. Caponio. xxxxx in attesa di autorizzazione
Rimane col suo battaglione in questa città fino alla vigilia di Adua.
Posto il suo battaglione in avanguardia della Brigata Indigeni comandata
dal generale Albertone, spinto da questi ad occupare un colle verso
Adua, qui alle prime luci dell’alba viene attaccato da una colonna
dell’esercito etiopico in marcia, accendendo così la battaglia di Adua.
Anziché ripiegare sul grosso della brigata, preferì accettare il
combattimento per dare tempo al generale Albertone di posizionare la
Brigata. Morirà quel 1° marzo 1896 e
gli verrà concessa la
medaglia d’argento al valor militare alla memoria con questa
motivazione: “Comandante il battaglione d’avanguardia della brigata
indigeni sostenne da solo il primo urto delle masse nemiche, spiegando
energia e coraggio esemplari. Lasciò la vita sul campo”. |
sotto il maggiore Lodovico De Vito argento ad Adua dall'immagine soprastante a destra |
da Dizionario Biografico degli Italiani -
|
|
ELIA, Leopoldo. - Nacque ad Ancona il 29 ott. 1850, in una famiglia
popolana e marinara, da Raffaele, capitano della marina mercantile, e da
Amalia Balani. Rimasto in tenera età orfano di entrambi i genitori, a
sedici anni subito dopo aver terminato le scuole tecniche - infiammato
dalla figura di Garibaldi e seguendo l'esempio di Antonio Elia, cugino
del padre, fucilato dagli Austriaci nel 1849, e del figlio di questo,
Augusto - fuggì di casa insieme con il fratello Annibale per unirsi ai
volontari garibaldini. Aggregato alla 6ª colonna, comandata da Augusto
Elia, inquadrata nel battaglione Valzania, nel giugno 1867 combatté
valorosamente a Monterotondo e a Mentana, ove fu ferito alla gamba
sinistra da un colpo di fucile e quindi fatto prigioniero. Ricoverato a
Roma, fu graziato da Pio IX (come ex suddito pontificio, l'E. era
considerato traditore) e, una volta guarito, poté rimpatriare.
Al suo ritorno ad Ancona, l'E. si trovò in difficoltà economiche tali da
non poter continuare gli studi classici, come avrebbe desiderato, e,
ormai diciottenne, piuttosto che scegliere un impiego civile, preferì
entrare come volontario nel corpo dei bersaglieri come soldato semplice.
Ebbe così modo, nel settembre 1870, di prendere parte alle operazioni
per la conquista di Roma (otterrà due medaglie commemorative d'argento e
una di bronzo). Frequentò in seguito l'Accademia militare di Modena,
uscendone nel 1876 con il grado di sottotenente. Inviato in Sicilia per
la repressione del brigantaggio nelle Madonie, l'E. fu successivamente
trasferito a Treviso in occasione dell'inondazione che nel 1882 aveva
colpito quella provincia: si distinse nell'opera di soccorso, ricevendo
un attestato di pubblica benemerenza. Nel 1887, promosso capitano, fu
inviato in Eritrea con la spedizione San
Marzano, al comando
di una compagnia del 3º reggimento bersaglieri; in Africa contrasse una
grave malattia che lo costrinse al rientro in Italia.
Qui, costretto ad abbandonare il corpo dei bersaglieri, reagì alla
prospettiva di essere destinato ai servizi sedentari - ruolo non
compatibile con la sua indole - con atti che furono giudicati di
insubordinazione, così da procurargli gli arresti. In seguito le sue
ragioni vennero accolte e fu assegnato, in attività di servizio, alla
fanteria. Nel 1892 sposò Emilia Bufalini, dalla quale due anni dopo ebbe
un figlio, Raffaele. La sua irrequietezza lo spinse nel 1896 a
rispondere a un appello patriottico, offrendosi nuovamente come
combattente in Africa orientale. Egli si trovò così a partecipare alla
battaglia di Adua. In quelle sfortunate giornate si condusse ancora una
volta valorosamente, e proprio grazie a lui e agli uomini della sua
compagnia si dovette il parziale salvataggio della brigata del generale
G. E. Arimondi, caduto sul campo. Il battaglione a cui apparteneva l'E.
fu quasi completamente annientato ed egli stesso perse la vita il 1º
marzo 1896. Le testimonianze unanimi dei pochi scampati meritarono
all'E. una medaglia d'argento al valor militare alla memoria. Vladimiro Satta
(non abbiamo ritratti di lui - una biografia più articolata al link
in Carneade- gli Elia-del sito principale)
tutti gli Elia di Ancona
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/carneade/elia.htm
|
LEOPOLDO
ELIA
Argento ad
Adua
Fonti e Bibl. Diz. Biog.: Notizie sono state fornite dalla famiglia
e, in particolare, dal dott. Elia Piergiorgio . Necr. in Ordine,
28-29apr. 1896; articoli commemorativi in Giornale d'Italia, 28 dic.
1936; La Voce adriatica, 1º marzo 1956. Cfr. inoltre: M. Maroni, Gli
Anconetani in Africa, Ancona 1896, pp. 10-13; R. Elia, L. E., Fano 1926;
R. Battaglia, La guerra d'Africa, Torino 1958, p. 620; M. Natalucci,
Ancona attraverso i secoli, III, Dal periodo napoleonico ai giorni
nostri, Città di Castello 1960, p. 320; R. Elia, Capitano L. E. caduto
eroicamente in Adua 1/3/1896 nel 70º della morte, Ancona 1966; G.
Santini, Gente anconitana, Fano 1969, p. 170; Diz. del Risorg. naz., III,
p. 6. |
|
|
T. Col.
Bersagliere
Compiano Lorenzo II Btg. Bersaglieri (Arimondi)
Magg.
Bersagliere
Marcello Prestinari (Forte di Adigrat)
Capitano
Bersagliere
Gustavo Fara (Agordat)
Ten. Gustavo Benini c+
LEGENDA
f = ferito
+ = morto
c = catturato
T. Col. Bers. Leopoldo Prato 1845-1896 VI Btg
3° Rgt. Ft in ori
Gazzetta Ufficiale n.44 - 23
febbraio 1898
MINISTERO DELLA GUERRA
Ricompense al valor militare per il combattimento di Mai-Maret (25
feMraio 1896) - Determinazione Ministeriale approvata da S. M. in
udienza del 16 febbraio 1808.
Medaglia d'argento.
Compiano cav. Lorenzo, T. Colonnello fanteria,
Regie truppe Africa.
"Incaricato del comando di una delle due colonne, attaccò e mise in fuga
il nemico, segnalandosi per coraggio ed intelligenza".
|
|
Medaglia di bronzo.
Agliardi Luigi, capitano id. id.,
Ghinozzi Amilcare, id. id. id. e
Scalettaris Emanuele, id. id. id.
Cooperarono con le loro compagnie al buon esito del combattimento, dando
prova d'intelligenza e di coraggio esemplare.
Capitano
Amilcare Ghinozzi 1856 da Camerano (An) Mai Maret e Adua
I coniugi Ghinozzi-Mangelli si
trasferiscono nelle Marche. La diligenza che li trasporta venne fermata
ai confini dello Stato Pontificio e perquisita. Le guardie hanno
rispetto della aristocratica signora e non trovano i foglietti di
propaganda della carboneria sostenente l’Unità d’Italia che la nobil
donna Giulia tiene nascosti addosso. Il 26 gennaio del 1857 nel corso
della Seduta del Consiglio Comunale di Castelfidardo, il dott. Annibale
Ghinozzi già ufficiale sanitario del battaglione Alta Romagna dei Corpi
Franchi del 1848 viene eletto chirurgo stabile. Il dott. Annibale, per
la battaglia avvenuta nella collina di Montoro Selva il 18 settembre del
1860, consuma tutte le lenzuola del corredo della moglie per farne bende
adatte a coprire le ferite dei soldati assistiti nel locale ospedale
civile e anche ricoverati nella ampia chiesa di San Francesco. Nel
maggio del 1862, i Ghinozzi con i figli Amilcare di sei anni ed Emilia
di otto, lasciano Castelfidardo per ritornare a Camerano.
Tenente Mario Caputo 1868 da Napoli + a Passo Alequà
Tenente Giuseppe Cimino 1869 da Reggio Calabria + a Passo Alequà
Tenente Teodoro De Conciliis 1861 da Napoli + a Seetà |
|
|
Maggiore Bersagliere
Luigi De Amicis 1849 Alfedena (Aq) + IV Btg. fanteria d'africa
2° Rgt. Brusati Colonna Arimondi |
Maggiore Luigi De Amicis
Qualcuno per la
omonimia del cognome tipico dell’Abruzzo ha accostato la sua figura a
quella dello scrittore Edmondo De Amicis (lo si definisce spesso
fratello) pur non essendoci fra i due un diretto rapporto di parentela.
Edmondo De Amicis nasce a Oneglia (Liguria) il 21 ottobre 1846 da Francesco, regio
banchiere dei sali e dei tabacchi (Monopolio), e da Teresa Busseti.
Presto la famiglia si trasferisce a Cuneo, dove De Amicis inizia gli
studi che prosegue poi a Torino, presso il collegio Candellero. In
seguito alla malattia del padre (che muore nel 1863), abbandona l’idea
dell’Università per iscriversi all’Accademia militare di Modena |
Luigi de Amicis nasce ad Alfedena
(Abruzzo) nel 1849 da famiglia benestante. Frequenta dapprima il
collegio militare della Nunziatella (già sotto l’unificazione) poi di
Asti e dell'accademia militare di Torino. Percorre la sua carriera
militare sempre nell'arma dei bersaglieri. Sottotenente il 28 gennaio
1871 (22 anni) poi tenente al 3° il 26 agosto 1877. Compiuto nel '78 il
corso della scuola superiore di guerra fu ufficiale di ordinanza del
generale Cosenz e nell'82 fu promosso capitano e destinato al 9°
bersaglieri. Dal '85 all'89 aiutante di campo nella brigata Messina e
nel 1892 promosso a scelta per esame maggiore. Con questo grado nel
dicembre del 1895 parte dai ranghi del 10° reggimento per l’Africa dove
le nubi tempestose di uno scontro col Negus si fanno sempre più scure.
Stanco della vita inattiva della guarnigione a Sulmona, ottenne il
trasloco per Napoli dove sperava in un imbarco e in un incarico nei
ranghi in partenza dopo il disastro dell’Amba-Alagi (All'Amba Alagi il 7
dicembre 1895 l'intero presidio del magg. Toselli viene decimato). La
mattina del 18 dicembre 1895 a Messina una gran folla stazionava nei
pressi della Dogana dove venivano imbarcati i materiali e le bestie da
soma sul vapore Singapore della società di Navigazione G. I. Sul vapore
prendevano posto 1300 soldati di truppa, 49 ufficiali e 77 sottufficiali
facenti parte di un Battaglione di Bersaglieri formato da 4 compagnie;
del IV Battaglione di fanteria d’Africa, anch’esso composta da 4
compagnie; di una batteria di artiglieria da montagna del 22° Reggimento
Artiglieria Campale della quale facevano parte il Capitano Masotto, i
tenenti Ainis e Saya e il sottotenente Castelli e di una batteria da
montagna della quale facevano parte il capitano Bianchini, il tenente
Cordella e il sottotenente Fant. Il comando era a affidato al maggiore
De Amicis in comando al IV battaglione del 2° fanteria d’Africa del col.
Brusati (della Brigata faceva parte anche il 1° Bersaglieri d’Africa del
col. Stevani sui battaglioni Compiano, De Stefano. L’altro battaglione
del 2° era comandato da un altro bersagliere, il magg. Giuseppe Baudoin);
insieme ai militari viaggiavano sul vapore 100 bestie da soma tra
cavalli e muli, 2.400.000 cartucce, il foraggio e il vettovagliamento.
Il tenente Ciccarelli, che assistette il maggiore nei suoi ultimi
istanti ad Adua (1/3/1896), magnificandone le alte virtù militari,
l'ingegno ed il coraggio, afferma che nei momenti più difficili della
lotta il de Amicis mai non perdette la serenità dell'animo e della
mente; a tutto provvide e dispose col miglior vantaggio dei suoi
soldati. E quando il numero strabocchevole dei nemici schiacciava il suo
eroico battaglione ridotto ad un manipolo di cento uomini, egli
comandava ancora un attacco: ferito in più parti cadeva... e gli ultimi
raggi del tramonto di quel giorno nefasto, baciavano l'esanime corpo di
quell'eroe spezzato ma indomito, caduto ma non vinto. Il 21 aprile
ebbero luogo nella natia Alfedena i funerali. |
|
|
AIRAGHI, Cesare - Nacque a
Milano il 4 ott. 1840 dal pittore Giovanni Battista. Dopo aver fatta
tutta la campagna del 1859 come volontario
(università di Pavia) - nell'esercito piemontese, combatté, col grado di
tenente, nella campagna del 1866 con la divisione Medici in Val Sugana.
Frequentò poi i corsi della Scuola di guerra (vi ritornò, come
insegnante di tattica, dal 1884 al 1888) e completò gli studi
d'ingegneria. Nel 1890, col grado di colonnello, partì per l'Eritrea,
assumendo il comando del reggimento "Cacciatori d'Africa"; tornato poi
in Italia, nel 1893 fu collocato, a domanda, in posizione ausiliaria, in
seguito a divergenze con le autorità superiori in materia di disciplina
degli ufficiali. All'inizio delle ostilità italo-abissine ottenne di
ritornare in servizio ed ebbe il comando del 60°fanteria d'Africa, che
faceva parte della brigata Dabormida. Durante la battaglia di Adua (1
marzo 1896), nel vallone di Mariam Sciavitù cercò, con avveduti
cambiamenti di fronte, di venire in aiuto della brigata minacciata di
schiacciamento, guidando per sette volte all'assalto i suoi soldati.
Cadde sul campo e alla sua memoria fu concessa la medaglia d'oro.
da Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1
(1960) di Guido Gigli |
Pietro Cella
(Bardi, 9 aprile 1851 – Adua, 1º marzo)
si arruola come soldato semplice nel Regio Esercito Italiano e presta
servizio a Piacenza e Palermo. Viene ammesso a domanda alla Accademia
Militare di Modena il 30 luglio 1877 dove esce sottotenente di fanteria
con primo incarico al 37º Reggimento. Chiede di essere poi trasferito
nel corpo degli Alpini, nel 6º Reggimento, poi nel 1885 al 10º
battaglione del 4º Alpini. Promosso
capitano l'8 aprile 1888 parte ani dopo
nel 1º Battaglione Alpini d'Africa, al seguito del Corpo di Spedizione
Italiano in Eritrea. Il 1º marzo 1896 durante la battaglia di Adua è al
comando della 4ª compagnia e occupa l'Amba Rajo, dove resiste fino al
sacrificio della vita assieme ai suoi uomini, permettendo in questo modo
al generale Oreste Baratieri di ripiegare e salvare la vita. Medaglia
d'oro al v.m «Comandante
delle compagnie alpine 3a e 4a distaccate sulla sinistra
dell’occupazione di Monte Raio, le tenne salde in posizione contro
soverchianti forze avversarie finché furono pressoché distrutte, e
combattendo
valorosamente lasciò la vita sul campo prima di cedere di fronte
all’irrompente nemico» Adua (Eritrea), 1º marzo 1896
|
|
Giuseppe Albino
- Nacque a Campobasso il 23 febbraio 1866
da Gennaro e da Leontina Suriani. Entrato all’Accademia Militare di
Modena, conseguì il grado di sottotenente con assegnazione al 63°
Fanteria. Promosso tenente nello stesso reggimento, per la sua profonda
cultura umanistica, venne comandato, all’insegnamento della lingua
italiana presso l’Accademia di Modena, che lo aveva avuto tra i più
bravi allievi del suo corso. Il 14 maggio 1891, fu inviato al 12°
Fanteria dove rimase per 4 anni. Conoscitore di numerose lingue
straniere, tra le quali l'Aramaico, lingua semitica parlata dall'antico
popolo abissino, fu assegnato al Corpo di spedizione militare in Africa.
Il 18 dicembre 1895 sbarcava a Massaua e veniva assegnato al VII
Battaglione. Il 1° marzo 1896 i nostri soldati resistettero agli
attacchi nemici combattendo fino all’ultimo sangue, con le armi in mano,
dando grande prova di
eroismo. Il tenente Giuseppe Albino, così cadde e alla sua memoria fu
conferita la Medaglia d’Oro con la seguente motivazione: “
Combatté con fermezza e coraggio degni
del maggiore encomio. Deciso a morire piuttosto che ritirarsi, raccolti
intorno a sé pochi valorosi, lottò corpo a corpo col nemico irrompente,
ed esempio di nobile, indomita fierezza e di sublime abnegazione, cercò
ed ebbe gloriosa morte eccitando energicamente i colleghi ad imitarlo.
Adua (Eritrea), 1° marzo 1896. |
|
|
Francesco De Rosa
(nato a Potenza il 13 ottobre 1853),
maggiore comandante della Artiglieria Brigata Indigena da montagna:
“Comandante l’artiglieria della
Brigata Albertone (indigeni) si distinse durante tutto il combattimento
nel dirigere con intelligenza ed efficacia singolari il fuoco delle
proprie batterie. Sereno ed imperterrito sacrificò la propria vita e
quella dei suoi per rimanere con due batterie bianche a protezione delle
altre truppe”. La 1° Brigata
da Montagna era formata dalla 1° Batteria Indigeni, 4 pezzi
(Capitano Henry); 2° Sezione della 2° Batteria Indigeni , 2 pezzi
(Tenente Vibi), 3° Batteria Bianca, 4 pezzi (Capitano Bianchini); 4°
Batteria Bianca, 4 pezzi (Capitano Masotto).
Di quelle 4 Batterie morirono ben 13 ufficiali su 15 e tra quelli
lo stesso De Rosa e i quattro Comandanti. Ma tré
soltanto ebbero la Medaglia d'Oro: il magg. De Rosa, il cap. Bianchini,
il cap. Masotto. Dei 300 artiglieri delle due Batterie (la terza e la
quarta) ne sopravvissero 38. Nella sola Batteria del cap. Masotto (nella
quale caddero tutti gli ufficiali) ebbero la medaglia d'argento al
valore due sergenti, tre caporali maggiori, cinque caporali, due
artiglieri; e la medaglia di bronzo un caporale e quaranta artiglieri. |
LE BATTERIE SICILIANE
Umberto Masotto
era nato il 23 novembre 1864 a Noventa
Vicentina e, dopo essere stato allievo del Collegio Militare di Milano e
dell'Accademia Militare di Torino, nel 1884 venne nominato Sottotenente
poi promosso Tenente nel 1886 ed assegnato al 16° Artiglieria da
Campagna. Ai primi del 1887, sbarcò a Massaua con il corpo di spedizione
del Col. Saletta, composto da un Battaglione di Alpini e da due Batterie
da Montagna. Nel 1889, sempre con la sua Batteria indigena, partecipò
all'occupazione di Keren, dell'Asmara e, il 31 dicembre 1893, al
combattimento di Agordat, dove venne insignito della prima medaglia
d'argento al Valor Militare. Rimpatriato, dopo sette anni di Eritrea,
venne destinato ali'11° Artiglieria da Campagna di Messina dove si
costituivano le due Batterie da Montagna che partirono per l'Africa,
insieme con una terza batteria comandata dal Capitano Bianchini, ed una
quarta comandata dal Capitano Masotto. Le prime due Batterie da
Montagna, dette Siciliane perché formate quasi interamente da siciliani,
le Batterie indigene ed i Battaglioni eritrei formavano una colonna al
comando del Gen. Albertone (l'Artiglieria era al comando del Maggiore De
Rosa) che con una rapidissima marcia riuscì a raggiungere l'accampamento
nemico. La colonna Albertone si trovò isolata e dovette sostenere l'urto
delle orde nemiche. Ad un certo momento però il fuoco delle quattro
Batterie cominciò ad arrestare il nemico ed il gen. Albertone ebbe tempo
e modo di raggiungere il magg. De Rosa per
ringraziarlo per l'efficace azione
dell'Artiglieria. Ma la battaglia cessò per poco, ritornarono i nemici
più minacciosi ancora, e fu necessario per il gen. Albertone ordinare la
ritirata ai resti dei battaglioni eritrei. L'ordine venne dato ad
alcuni, non a tutti; infatti il gen. Albertone mandò un suo ufficiale
dal magg. De Rosa e gli disse: "Le Batterie siciliane rimangano sul
posto, sparino fino all'ultimo colpo, e si sacrifichino per coprire la
ritirata". rielaborato da
Alpini Gruppo Vicenza. |
|
|
|
|
|