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All’inizio del ‘900 le famiglie erano per lo più patriarcali dove i genitori convivevano con i figli sposati oppure, alla morte del capofamiglia, il fratello maggiore diveniva il capo del gruppo famigliare.
Il capofamiglia era la persona più importante della casa, gestiva il denaro, distribuiva i lavori e controllava le mansioni di ognuno.
Le famiglie erano estremamente numerose, potevano comandare anche più di venti persone che vivevano nella stessa casa. Infatti quando un figlio si sposava portava in casa la moglie.
Il nuovo nucleo famigliare conviveva con quello di origine. Le case erano strutturate con un’unica grande cucina, il focolare, dove ci si ritrovava per i pasti principali. Di norma ogni singola coppia aveva una stanza da letto collocata al primo piano, che occupa in genere con i figli. Il terzo piano, ove esisteva, era adibito a granaio.
Al fine di mantenere la proprietà in famiglia era costume combinare matrimoni tra cugini anche di primo grado.
In presenza di figli maschi, le donne venivano escluse dall’eredità e veniva assegnata a loro una dote che si portavano appresso all’atto del matrimonio.
La convivenza entro le famiglie era difficile: talvolta qualcuno dei figli sceglieva di andarsene e vivere per conto proprio oppure scegliere di tentare fortuna emigrando all’estero. Sono molte le persone delle nostre zone che sono partite come emigranti verso l’America del sud (Brasile e Argentina), la Francia o il Belgio e la Svizzera.


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"emigranti"

 



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