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Definiti da alcuni come i mali del benessere,
l'anoressia mentale e la bulimia affliggono circa il 4-5% delle ragazze
tra i 13 e i 35 anni dei paesi occidentali, più il Giappone.
L'aumento dei casi si è verificato dopo la seconda guerra mondiale, è
diventato molto intenso negli anni settanta e ottanta ed è tuttora in
crescita. Colpiscono prevalentemente le donne (il rapporto uomo/donna è
di 1 a 8), di solito istruite ed economicamente avvantaggiate.
L'insorgenza si verifica spesso durante l'adolescenza.
Si tratta di sindromi culture bound, legate,
cioè ad uno specifico substrato culturale, quello dei paesi
industrializzati. Tra gli aspetti culturali legati al fenomeno dei
disordini del comportamento alimentare troviamo innanzitutto un'elevata
disponibilità del cibo, anche superfluo: si può "scegliere"
di rimpinzarsene, come nel caso della bulimia, oppure privarsene
drasticamente, come nell'anoressia. In paesi dove la disponibilità di
cibo non è altrettanto ovvia, non esistono né anoressia, né tantomeno
bulimia. Un'altra causa legata alla cultura è il modello di bellezza
predominante nella nostra epoca e sbandierato un po' ovunque dai mass
media: magro è bello e vincente! Da qui la volontà di molte
adolescenti di somigliare nel corpo alla Naomi Campbell o alla Claudia
Schiffer di turno, con l'ulteriore illusione di acquisirne
caratteristiche oltre che fisiche anche personali, come il successo e
l'apparente sicurezza.
Gli aspetti socio-culturali, però, non possono
essere eletti come cause vere e proprie del disturbo. Pur rappresentando
elementi indispensabili per il presentarsi di tali patologie, devono
essere considerati piuttosto il terreno fertile per l'emergere di varie
dinamiche che caratterizzano la psiche, la vita e la personalità del
paziente anoressico/bulimico.
L'incidenza delle due patologie non è molto diversa,
infatti il disturbo riscontrato più frequentemente consiste in una
forma mista di anoressia e bulimia. I casi di anoressia assoluta
diventano sempre più sporadici.
Il quadro dell'anoressia inizia con un'autoriduzione
controllata del cibo, che spesso non è recepita da chi sta attorno alla
persona anoressica. Spesso le giovani anoressiche mangiano in piedi,
tagliano il cibo molto minuto, masticano a lungo. Questa prima fase è
caratterizzata dalla sensazione di onnipotenza: sono persone attive,
contente di riuscire a dominare la fame. Non è vero, infatti, che non
hanno fame, la dominano. Questi comportamenti sono accompagnati da una
ricerca fanatica della magrezza e da un'opprimente paura di ingrassare.
Nel caso della bulimia, si assiste ad un
comportamento solo apparentemente opposto: grandi abbuffate, spesso in
solitudine, di nascosto, seguite da vomito autoindotto allo scopo di
riportare tutto alla situazione di partenza, alla normalità,
all'ordine.
La vera eziologia della malattia non è nota, siamo
ancora nel campo dell'osservazione e della formulazione di una serie di
ipotesi.
Nei primi studi ad orientamento psicoanalitico, si
rintracciava la causa dell'anoressia nella figura materna e nel rapporto
tra questa e la figlia. Questa concezione appare ormai superata e si
preferisce rivolgere l'attenzione a tutta la famiglia, in particolare
alla relazione tra la ragazza anoressica e i genitori. Sono state così
evidenziate tematiche e relazioni ricorrenti, schemi comportamentali che
si ripetono. Selvini Palazzoli, una psicoterapeuta che si è occupata a
lungo di questo tipo di disturbo, nel suo modello ad orientamento
sistemico evidenzia un quadro familiare simile nei vari casi: una madre
protettiva, invasiva e petulante, un padre che subisce il carattere
della madre, un rapporto di coppia a volte disturbato nel quale viene
coinvolta anche la figlia. Frequentemente in queste famiglie si
riscontrano atteggiamenti di svalutazione nei confronti dei componenti
della famiglia e dei problemi che rimangono nascosti anziché essere
riconosciuti.
Anche nella personalità delle donne anoressiche è
possibile evidenziare una struttura di base simile, con la stessa
organizzazione cognitivo-comportamentale e analoghi modelli
rappresentativi di sé e dell'altro. Una prima caratteristica che
facilmente si nota nelle relazioni con gli altri è una tendenza a voler
limitare il rapporto agli strati più superficiali della relazione, pur
con un atteggiamento cordiale ed affabile. Vengono sistematicamente
innalzate delle muraglie per impedire che l'altro invada il proprio
spazio interiore. Quindi, un'importante caratteristica è un'estrema
chiusura verso il mondo esterno. L'anoressica può apparire come una
persona incapace di dare e ricevere affetto, controlla rigidamente le
emozioni che prova così come raziona la quantità di cibo che mangia.
A questo si affianca una rappresentazione negativa
dell'altro, improntata sulla sfiducia e su un'aspettativa di delusione
derivata dalla relazione.
Da un punto di vista psicodinamico, si riconosce un
disturbo fondamentale del concetto di sé. La maggior parte delle
pazienti ha la ferma convinzione di essere completamente impotente ed
inefficace; tratto riscontrato molto frequentemente, infatti, è un
basso livello di autostima. La malattia spesso si manifesta in
"brave bambine" che hanno speso tutta la loro vita cercando di
compiacere i genitori e diventano improvvisamente testarde e oppositive
durante l'adolescenza. Il corpo viene in moltissimi casi esperito come
separato dal sé, come se appartenesse ai genitori. Queste pazienti
mancano di qualunque senso di autonomia. La deprivazione di cibo diventa
un tentativo di disciplina del corpo allo scopo di sviluppare un senso
di individualità e di efficacia interpersonale.
Da un punto di vista cognitivo, la paziente
anoressica presenta perturbazioni in due ambiti caratteristici: nell’immagine
di sé, cioè nell’autopercezione corporea, che risulta distorta e
tipicamente "gonfiata" (l'anoressica percepisce perennemente
il proprio corpo come eccedente di peso o ingrassato); nella percezione
alterata dello stimolo della fame, che assurge a rappresentante di una
più vasta difficoltà nella distinzione tra stimoli interni ed esterni
al sé, cioè nel corretto riconoscimento delle proprie emozioni e
sensazioni.
Le pazienti bulimiche vengono generalmente distinte
da quelle anoressiche sulla base di un peso relativamente normale e
della presenza di abbuffate, vomito autoindotto e uso di purganti. Il
comportamento della bulimica è dominato dagli impulsi, è
indisciplinato ed irresponsabile, se confrontato a quello rigido e
disciplinato dell'anoressica. Come è stato accennato all'inizio, però,
le due forme spesso coesistono. Anche lo stesso vomito che segue il
forsennato ingurgitare, non è altro che il tentativo di ripristinare il
controllo di sé, impedendo così che il corpo possa ingrassare.
La terapia dei disturbi anoressico/bulimici è
tutt'altro che di semplice realizzazione, a causa delle tenaci
resistenze opposte dalle pazienti. Nei casi più gravi si ricorre al
ricovero ospedaliero, dove il primo fine da raggiungere è un aumento
del peso corporeo. La rieducazione alimentare deve essere graduale,
affinché l'organismo si riadatti poco a poco. Solo successivamente a
questa tappa si può pensare di intraprendere un percorso di tipo
psicoterapeutico. In molti casi si richiede l'allontanamento temporaneo
dalla famiglia di origine.
La "terapia" più efficace, anche se non
sufficientemente attuata, è la prevenzione primaria, che consiste sia
in una corretta educazione alla salute sia in una prevenzione del
disagio giovanile all'interno e all'esterno delle famiglie. Fondamentale
in questa ottica è considerare l'impatto della cultura e dei mass
media: occorre chiedersi perché vengano proposti modelli costruiti in
un certo modo e perché diventi così importante per un'adolescente
emularli.
CRITERI DIAGNOSTICI PREVISTI DAL DSM IV |
ANORESSIA NERVOSA
· eccessiva restrizione alimentare fino a perdere
peso oltre l'85% del peso ideale (o inferiore a BMI 17,5);
· paura di ingrassare o desiderio di ulteriore calo
ponderale;
· amenorrea, cioè assenza di ciclo mestruale, per
almeno tre mesi consecutivi.
BULIMIA
· mangiare in un tempo circoscritto (circa 2 ore)
quantità di cibo indiscutibilmente maggiori di quanto la
maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso arco di
tempo;
· mancanza di controllo sull'atto del mangiare;
· ricorrenti comportamenti di compenso per prevenire
l'aumento di peso: vomito autoindotto, abuso di lassativi e
diuretici, digiuno, esercizio fisico eccessivo;
· le abbuffate e i metodi di compenso avvengono in
media due volte la settimana per almeno 3 mesi;
· svalutazione di sé.
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