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QUANDO IL CIBO DIVENTA UN INCUBO

Una lotta quotidiana con il cibo per più di due milioni di ragazze

di Simona Baldanza

Definiti da alcuni come i mali del benessere, l'anoressia mentale e la bulimia affliggono circa il 4-5% delle ragazze tra i 13 e i 35 anni dei paesi occidentali, più il Giappone. L'aumento dei casi si è verificato dopo la seconda guerra mondiale, è diventato molto intenso negli anni settanta e ottanta ed è tuttora in crescita. Colpiscono prevalentemente le donne (il rapporto uomo/donna è di 1 a 8), di solito istruite ed economicamente avvantaggiate. L'insorgenza si verifica spesso durante l'adolescenza.

Si tratta di sindromi culture bound, legate, cioè ad uno specifico substrato culturale, quello dei paesi industrializzati. Tra gli aspetti culturali legati al fenomeno dei disordini del comportamento alimentare troviamo innanzitutto un'elevata disponibilità del cibo, anche superfluo: si può "scegliere" di rimpinzarsene, come nel caso della bulimia, oppure privarsene drasticamente, come nell'anoressia. In paesi dove la disponibilità di cibo non è altrettanto ovvia, non esistono né anoressia, né tantomeno bulimia. Un'altra causa legata alla cultura è il modello di bellezza predominante nella nostra epoca e sbandierato un po' ovunque dai mass media: magro è bello e vincente! Da qui la volontà di molte adolescenti di somigliare nel corpo alla Naomi Campbell o alla Claudia Schiffer di turno, con l'ulteriore illusione di acquisirne caratteristiche oltre che fisiche anche personali, come il successo e l'apparente sicurezza.

Gli aspetti socio-culturali, però, non possono essere eletti come cause vere e proprie del disturbo. Pur rappresentando elementi indispensabili per il presentarsi di tali patologie, devono essere considerati piuttosto il terreno fertile per l'emergere di varie dinamiche che caratterizzano la psiche, la vita e la personalità del paziente anoressico/bulimico.

L'incidenza delle due patologie non è molto diversa, infatti il disturbo riscontrato più frequentemente consiste in una forma mista di anoressia e bulimia. I casi di anoressia assoluta diventano sempre più sporadici.

Il quadro dell'anoressia inizia con un'autoriduzione controllata del cibo, che spesso non è recepita da chi sta attorno alla persona anoressica. Spesso le giovani anoressiche mangiano in piedi, tagliano il cibo molto minuto, masticano a lungo. Questa prima fase è caratterizzata dalla sensazione di onnipotenza: sono persone attive, contente di riuscire a dominare la fame. Non è vero, infatti, che non hanno fame, la dominano. Questi comportamenti sono accompagnati da una ricerca fanatica della magrezza e da un'opprimente paura di ingrassare.

Nel caso della bulimia, si assiste ad un comportamento solo apparentemente opposto: grandi abbuffate, spesso in solitudine, di nascosto, seguite da vomito autoindotto allo scopo di riportare tutto alla situazione di partenza, alla normalità, all'ordine.

La vera eziologia della malattia non è nota, siamo ancora nel campo dell'osservazione e della formulazione di una serie di ipotesi.

Nei primi studi ad orientamento psicoanalitico, si rintracciava la causa dell'anoressia nella figura materna e nel rapporto tra questa e la figlia. Questa concezione appare ormai superata e si preferisce rivolgere l'attenzione a tutta la famiglia, in particolare alla relazione tra la ragazza anoressica e i genitori. Sono state così evidenziate tematiche e relazioni ricorrenti, schemi comportamentali che si ripetono. Selvini Palazzoli, una psicoterapeuta che si è occupata a lungo di questo tipo di disturbo, nel suo modello ad orientamento sistemico evidenzia un quadro familiare simile nei vari casi: una madre protettiva, invasiva e petulante, un padre che subisce il carattere della madre, un rapporto di coppia a volte disturbato nel quale viene coinvolta anche la figlia. Frequentemente in queste famiglie si riscontrano atteggiamenti di svalutazione nei confronti dei componenti della famiglia e dei problemi che rimangono nascosti anziché essere riconosciuti.

Anche nella personalità delle donne anoressiche è possibile evidenziare una struttura di base simile, con la stessa organizzazione cognitivo-comportamentale e analoghi modelli rappresentativi di sé e dell'altro. Una prima caratteristica che facilmente si nota nelle relazioni con gli altri è una tendenza a voler limitare il rapporto agli strati più superficiali della relazione, pur con un atteggiamento cordiale ed affabile. Vengono sistematicamente innalzate delle muraglie per impedire che l'altro invada il proprio spazio interiore. Quindi, un'importante caratteristica è un'estrema chiusura verso il mondo esterno. L'anoressica può apparire come una persona incapace di dare e ricevere affetto, controlla rigidamente le emozioni che prova così come raziona la quantità di cibo che mangia.

A questo si affianca una rappresentazione negativa dell'altro, improntata sulla sfiducia e su un'aspettativa di delusione derivata dalla relazione.

Da un punto di vista psicodinamico, si riconosce un disturbo fondamentale del concetto di sé. La maggior parte delle pazienti ha la ferma convinzione di essere completamente impotente ed inefficace; tratto riscontrato molto frequentemente, infatti, è un basso livello di autostima. La malattia spesso si manifesta in "brave bambine" che hanno speso tutta la loro vita cercando di compiacere i genitori e diventano improvvisamente testarde e oppositive durante l'adolescenza. Il corpo viene in moltissimi casi esperito come separato dal sé, come se appartenesse ai genitori. Queste pazienti mancano di qualunque senso di autonomia. La deprivazione di cibo diventa un tentativo di disciplina del corpo allo scopo di sviluppare un senso di individualità e di efficacia interpersonale.

Da un punto di vista cognitivo, la paziente anoressica presenta perturbazioni in due ambiti caratteristici: nell’immagine di sé, cioè nell’autopercezione corporea, che risulta distorta e tipicamente "gonfiata" (l'anoressica percepisce perennemente il proprio corpo come eccedente di peso o ingrassato); nella percezione alterata dello stimolo della fame, che assurge a rappresentante di una più vasta difficoltà nella distinzione tra stimoli interni ed esterni al sé, cioè nel corretto riconoscimento delle proprie emozioni e sensazioni.

Le pazienti bulimiche vengono generalmente distinte da quelle anoressiche sulla base di un peso relativamente normale e della presenza di abbuffate, vomito autoindotto e uso di purganti. Il comportamento della bulimica è dominato dagli impulsi, è indisciplinato ed irresponsabile, se confrontato a quello rigido e disciplinato dell'anoressica. Come è stato accennato all'inizio, però, le due forme spesso coesistono. Anche lo stesso vomito che segue il forsennato ingurgitare, non è altro che il tentativo di ripristinare il controllo di sé, impedendo così che il corpo possa ingrassare.

La terapia dei disturbi anoressico/bulimici è tutt'altro che di semplice realizzazione, a causa delle tenaci resistenze opposte dalle pazienti. Nei casi più gravi si ricorre al ricovero ospedaliero, dove il primo fine da raggiungere è un aumento del peso corporeo. La rieducazione alimentare deve essere graduale, affinché l'organismo si riadatti poco a poco. Solo successivamente a questa tappa si può pensare di intraprendere un percorso di tipo psicoterapeutico. In molti casi si richiede l'allontanamento temporaneo dalla famiglia di origine.

La "terapia" più efficace, anche se non sufficientemente attuata, è la prevenzione primaria, che consiste sia in una corretta educazione alla salute sia in una prevenzione del disagio giovanile all'interno e all'esterno delle famiglie. Fondamentale in questa ottica è considerare l'impatto della cultura e dei mass media: occorre chiedersi perché vengano proposti modelli costruiti in un certo modo e perché diventi così importante per un'adolescente emularli.

CRITERI DIAGNOSTICI PREVISTI DAL DSM IV

ANORESSIA NERVOSA

· eccessiva restrizione alimentare fino a perdere peso oltre l'85% del peso ideale (o inferiore a BMI 17,5);

· paura di ingrassare o desiderio di ulteriore calo ponderale;

· amenorrea, cioè assenza di ciclo mestruale, per almeno tre mesi consecutivi.

BULIMIA

· mangiare in un tempo circoscritto (circa 2 ore) quantità di cibo indiscutibilmente maggiori di quanto la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso arco di tempo;

· mancanza di controllo sull'atto del mangiare;

· ricorrenti comportamenti di compenso per prevenire l'aumento di peso: vomito autoindotto, abuso di lassativi e diuretici, digiuno, esercizio fisico eccessivo;

· le abbuffate e i metodi di compenso avvengono in media due volte la settimana per almeno 3 mesi;

· svalutazione di sé.

 

 

 

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