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Amicus Plato è una rubrica di pensieri deboli e forti, buoni e cattivi, belli e brutti in libera uscita.

 RAGIONAMENTI E CONFIDENZE SU FIGLI, NIPOTI, FEDE.

GLI AFFETTI CI MUOVONO E CI APPASSIONANO, CI APRONO ALLA DIMENSIONE DELL’ ANIMA.

 

Carissima Luisella, desideravo tanto scriverti, dopo quest’estate passata insieme a Capri. Anche quest’anno le vacanze ci hanno sottratto ai ritmi cosiddetti "produttivi" dell’anno feriale, e ci hanno consentito letture, nuovi pensieri ed umana convivialità. Quest’anno sono stato felice di passare tale fecondo tempo di libertà e di riposo con te, che in famiglia sei la mia sorella preferita. Col tempo sento che la mia sintonia con te cresce sempre più, sento che le mie parole, la mia esperienza umana ed intellettuale e la mia presenza sono sempre più importanti per te. Questo mi entusiasma, e mi carica di quell’impudenza e di quell’imprudenza che sono necessarie e indispensabili nella vita per dire le cose importanti. Esento che questa è l’occasione propizia e il momento buono per ringraziarti di qualcosa che nella mia vita è fondamentale, e cioè per i tuoi figli, che sono poi i miei due nipoti. Sì, sto parlando proprio di Marcello, 7 anni, capelli sempre cortissimi, paffutello, carnagione scura, monelleria e argento vivo allo stato puro, già un po’ arrogante e straparlante come me suo zio prediletto, e di Claudia, 10 anni, piccola gigante, occhi e capelli che faranno furore nell’universo maschile che la attende nel futuro prossimo, cuore caldo, fragile, sincero e insicuro quasi come una già adolescente. Sì diletta Luisella, sorellina mia carissima, desidero proprio ringraziarti per queste due creature deliziose che corrono già con grande ardore e sete di vita nel terzo millennio. Sì, ti scrivo per ringraziarti! Forse sono cose che avrei dovuto fare a voce e da tempo, ma, come senz’altro avrai sperimentato nella tua stessa vita, il cuore tante volte ha dei limiti, quasi come se delle corde gli impedissero di battere con la violenza e il rimbombo ai quali, pure, si sente chiamato; e così accade che l’effusione non riesce, anche se senti che dovresti, che potresti, che quello è il momento…Ma ci sono i limiti, i famosi limiti: insomma, "ti si intrecciano i diti" come diceva quel delizioso impiegato di nome Giandomenico Fracchia (….guarda che citazione colta ti ho fatto!). Perché accade questo? È colpa di quello "scarto" tra desiderio e realtà che la dottrina cattolica chiama "peccato"; è uno scarto che può essere colmato (molto gradualmente e lentamente) solo da Qualcosa di Sovrumano messo nella carne, cioè dalla "Grazia". Ma torniamo alla faccenda del ringraziamento. Ti scrivo e ti dico grazie per Marcello e Claudia. Come tu sai, il meccanismo dell’amore porta ad identificarsi con l’altro; ebbene lo zio (insomma, il sottoscritto) e i nonni (insomma, i nostri genitori) sentono questi due bimbi –questi due nipoti come una continuazione- un prolungamento di sé, Li sentono "misteriosamente" intimi, Li sentono "radicati in sé". È un po’ di tempo che ci vado riflettendo intorno: è quasi come se ci fosse un’ampiezza e una consapevolezza maggiore dello "sguardo" dell’intelligenza, perché pensi: <<I miei nonni, i miei genitori, io, i miei nipoti…è già più di un secolo!>>. Se dovessi cercare un’immagine che rende l’idea, direi: è come se un albero percepisse i propri rami! Un’altra cosa bella, poi, è che non c’è un sentimento-standard dell’essere genitori, zii, nonni…ogni volta, ogni persona ne ha "uno suo", unico e irripetibile. Sarei proprio curioso, a questo proposito, di provare il sentimento della "nonnità" (o si dice "nonnesco"? Boh!?). nelle mie personalissime elaborazioni psicanalitiche sono infatti giunto alla conclusione che, nell’affetto verso i nipoti, è come se i nonni dessero o volessero dare quell’affetto che non sono stati capaci di dare ai loro figli (per tantissimi e spesso normalissimi umani motivi, non ultimo perché giovani ed inesperti pure loro a suo tempo, anche se magari non lo ammetteranno mai o ne hanno una consapevolezza molto velata) oppure se ricercassero quell’affetto che si aspettavano dai loro figli ma che questi ultimi (ahimé) non sono riusciti, non sono stati capaci di dare loro. Insomma, una continua storia di affetti che si cercano, si incontrano, non si trovano, non sono capaci, ci provano, e sperimentano quel "famoso scarto" a cui si accennava prima, ma pure "il miracolo di volersi bene", del volersi bene davvero e di "sentire che stai volendo bene". Comunque questi affetti si stimolano, si urtano e si riscaldano tra di loro e così continuamente ci sollecitano il "beneamato muscolo cardiaco". È strano come questa cosa, che magari tutti (più o meno consapevolmente) pensiamo, intorno alle quali tutti interiormente ragioniamo, siano poi invece "Off Limits" per le parole, per il dialogo! Ma no, ma no, in fondo non è poi così strano! Altrimenti i rivenditori di "busta e foglio" ,"carta e penna" e gli uomini di letteratura che farebbero mai nella vita? E poi, non è forse vero che siamo al limite dell’indicibile, al limite di quel "Silenzio" che è pieno di pensiero e di comunicazione? È il solito, eterno, misterioso, complicato e semplice mondo dell’amore. Una mia collega dell’università, alla quale raccontavo di questi miei sentimenti verso i miei due nipoti, ad un certo punto mi ha interrotto dicendomi:<<Ma tu ti identifichi in una maniera così particolare con Marcello e Claudia forse proprio perché non hai dei figli tuoi. Scusami, ma secondo me c’è qualcosa di "patologico" in questo: nel senso che hai "spiritualmente sublimato" l’esigenza naturale, il bisogno biologico, affettivo ed emozionale di "avere dei figli". Ma perché non ti sposi una buona volta, visto che l’età ce l’hai e le donne non ti mancano?>>. L’ho ascoltata, quasi subìta, con un sorriso comprensivo ed ironico nello stesso tempo. E poi le ho detto: <<Ma allora non hai proprio capito che io sono "un filosofo">>? Insomma, "io ho scelto tutto" e non posso amare singolarmente solo qualcuno o qualcosa. Tutto questo è dentro di me ed è più forte di me. Da qualche anno, da quando improvvisamente la realtà mi si è come "svelata", cioè da quando ho compreso che ci sono livelli di umanità e livelli di Grazia, che visibile e invisibile sono impastati l’uno dell’altro, da quando ho capito che per vivere la vita dell’anima dovevo fare molta attenzione al corpo, da allora non ho più fatto l’amore con una donna, come invece usavo fare prima di questa mia conversione "filosofica e religiosa" allo stesso tempo. Ora, la mia solitudine

O i miei ardori fisici li curo in un altro modo, non ho più bisogno di cercare conforto, rifugio, riparo nel corpo e nell’abbraccio di "una femmina". Sono arrivato alla consapevolezza di una cosa decisiva per me: la soluzione della mia vita non sta in me stesso, nelle mie forze, nelle mie capacità ed iniziative e neanche in un’altra persona umana, alla quale affidare (come dice il mio amico Ivano) "il carico del mio dolore, dei miei problemi, della mia esistenza" come pure tanti uomini fanno, illusoriamente e tragicamente, nei riguardi della loro moglie. Oggi so e ne sono certo che Gesù è il Signore della mia vita, il mio centro di gravità permanente, il Maestro, la Verità, l’Amore. Ora mi interessa solo il Vangelo e faccio esperienza di un modo nuovo ed insospettabile di vedere le cose e di amare gli esseri umani. Insomma, è come se vedessi le cose e la vita per la prima volta davvero! <<Ma allora, prima dov’ero?>>. Questa è stata la mia risposta in quella occasione. Di questo non ti avevo mai parlato, Luisella! Ma ora però tu non pensare che io voglia farmi monaco: lo sai, per indole sono ribelle ed anarchico, seppur molto riflessivo e rispettoso delle regole e della mentalità altrui, e poi sono un esteta ed ho un continuo e smoderato bisogno-desiderio di libertà. La vita religiosa è lontana dai miei pensieri e dalla mia concreta pratica di vita, anche se ho tanti e deliziosi amici monaci, e penso che i monaci siano tra le persone più felici e libere al mondo. Oggi voglio solo amare a 360 gradi, con saggezza ed entusiasmo: e gustarmi tutta questa nuova e sorprendente libertà interna ed emotiva, così diversa rispetto alla prigione feroce di quei sottilissimi atteggiamenti di possesso, di piacere e di potere che caratterizzano l’amore passionale, che è poi solo un’ombra della luce, solo un’ombra dell’amore vero. Oggi voglio essere un po’ come gli angeli del film "Il cielo sopra Berlino" del mio carissimo Wim Wenders; voglio stare vicino agli uomini e alle donne con leggerezza, ascoltare i loro pensieri e i loro silenzi, abbracciarli con la fantasia. E poi, sai, col tempo, con l’amore, con la preghiera, con l’esperienza ho imparato a godere, a fruire psicologicamente ed affettivamente delle donne, senza bisogno di possederle, senza bisogno di quel consumarsi reciprocamente nel sesso. È bello amare cercando di rimanere casti, coltivando la virtù della purezza, come ben ha detto Giovanni Paolo II alla Giornata Mondiale della Gioventù di Roma 2000. Ora però non voglio giocare letterariamente a fare l’angelo davanti a te, perché so bene che a volte è solo una questione di sguardi (Paola Turci docet) e basta l’incontro con un’altra mano per far tremare il cuore. Però ti dico che è consolante ed entusiasmante sapere e capire che nell’amore c’è, e ci deve sempre essere, una dimensione contemplativa, dell’anima insomma, su cui si fonda tutto. Ed è bello sapere e capire che l’amore può crescere continuamente e inarrestabilmente per tutta la vita sempre più, giorno dopo giorno, se ti cibi quotidianamente della Divina Eucarestia e della Sacra Scrittura. Insomma, mia cara Luisella! Questa nostra beneamata fede cattolica porta con sé una potenza liberatoria e una capacità di trasfigurarci nella verità e nell’amore che, ti assicuro, per me era assolutamente insospettata ed insospettabile prima di oggi. Ho capito quella frase del Vangelo nella quale il Signore Gesù dice: << Sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza!>>. Altro che cattolicesimo = repressione, alienazione, subcultura, eccetera. i cattolici, i cattolici veri godono ed amano in una maniera davvero incredibile! E in confidenza ti dico che oggi per me l’amore per una donna non è più un anestetico alla solitudine o al mal di vivere, ma è tutta un’altra cosa : è un’avventura di vita di un’anima amante. Perciò ritengo che in amore non sia giusto, come dire, accontentarsi dell’affetto e della consuetudine… perché c’è ben dell’altro da vivere e da sentire. E ti confesso proprio che se troverò una donna che mi sia compagna in questo nuovo atteggiamento complessivo verso le cose e che mi sia interlocutrice nella mia inesaurita ricerca filosofica, letteraria, artistica, religiosa, umana…allora stai pur sicura che anch’io ti darò dei nipoti. Dice il proverbio napoletano che in una sola ora Dio può compiere tutto quello per il quale ci si è impegnati magari per tutta una vita. Oggi sono un uomo lieto e pieno di entusiasmo. Con questo stato d’animo tra pochi mesi partirò per la Germania e vi resterò per studiare, pensare e scrivere per due anni. Eventualmente ti dispiacerebbe una cognata tedesca? A questo punto mi impongo di chiudere la missiva, perché noto che mi sto avviando alle dimensioni del "poema", insomma straripo. Ti saluto devotamente. Tuo fratello nel sangue e nell’anima, Apollo.

 

 

 

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