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 Lettera ad un amico pessimista dichiarato.

 Il pessimismo è spesso solo un fatto psichico. Cosa fare per combatterlo?

APOLLO EBURNEO

Carissimo Giacomo, dopo la nostra ultima chiacchierata conclusasi con una solenne presa di distanze, ho deciso di scriverti una lettera. Perché, come tu ben sai, la parola scritta a volte è più incisiva e feconda della parola detta. E infatti, su una lettera ci si può anche tornare e ritornare, leggere e meditare. E poi si prende una posizione con tranquillità, si fa una scelta nel segreto della propria coscienza. Stavolta non ti parlerò di letteratura o filosofia, come al solito. Ma, ecco, io ti scrivo oggi perché, come tuo fraterno amico, desidero che tu ti decida per l’esistenza, ti apra agli altri, impari a vivere con gli altri e a dedicarti agli altri. Per fare questo, però, devi abbandonare la tua auto-reclusione da depresso, che ti porta a stare in casa con i tuoi libri e la tua musica, e che ti fa uscire solo per il tuo lavoro di bibliotecario. L’ultima volta mi hai parlato del tuo pessimismo, cercando di dimostrarmi quanto fosse fondato, legittimo e così via. Mi hai detto che troppi lutti hanno colpito te, la tua famiglia ed alcuni tuoi carissimi amici, che non ne puoi più di mali incurabili, ospedali. Mi hai detto che non ne puoi più…..del dolore. E poi hai aggiunto che i tuoi bisogni sono così <<deprivati>> ( termine questo derivato dal linguaggio psicanalitico, s’intende, perché le persone semplici avrebbero detto <<sono insoddisfatti>>). Ed io ti ho risposto così: <<Tutto questo è vero, è reale. Tutto questo è autentica umanità dolorante. Ma allora, perché non ti rivolgi a Dio? Perché non ti unisci al Signore Gesù frequentandolo nei sacramenti, perché non lo interroghi e non ti affidi a Lui nella preghiera, tenendoti unito alla Chiesa?>>. Ricordi queste mie parole? Celando il tuo sentimento religioso, che esiste lo so, anche se è proprio come quello dei ragazzini (capricciosi ), mi hai subito risposto: <<Dio è un’illusione da bambini, da adolescenti o da psicolabili in fuga dalla realtà. Anche io un giorno ci sono cascato, ero appunto un adolescente, ma poi per fortuna la psicanalisi mi ha salvato la testa e la vita!>>. Non sapevi che cosa dicevi, credimi! E ad un certo punto hai concluso con nettezza: <<Io sono Pessimista. Ed ho ragione!>>. Ma oggi io ti voglio dire una cosa. Pensaci bene: il Pessimismo è spesso un Titanismo, cioè dietro l’atteggiamento pessimistico si maschera sovente un Io Sconfinato e Indomabile che, nello stesso tempo, è anche assai Disastrato e che –consciamente o, il più delle volte, inconsciamente- crede di aver letto e capito tutta la realtà e la condizione umana ( compresa la propria personale vicenda ). Tutto questo è accompagnato da un rifiuto-disprezzo-disgusto-presa di distanza (più o meno espliciti )da un Dio che è poi una <<propria e personalissima>> idea di Dio, non il Dio di Gesù Cristo. Insomma, si tratta della solita riduzione del cattolicesimo a spiritualismo astratto, a norme morali piovute autoritariamente dall’Alto. E l’evento di vita che è l’incontro con Gesù sarebbe tutto qui? Un fatto mentale e intellettuale solo? E Gesù stesso, chi sarebbe: una sorta di moralizzatore divino? Insomma, saremmo di fronte a una gigantesca, cosmica direi, operazione MANI PULITE in corso da duemila anni? Un uomo come te, chiuso nel suo <<io>> e delle sue incapacità, delle sue nevrosi e del suo passato, isolato dagli altri uomini e, permettimi di dirtelo, fuori dalla realtà della vita che fluisce, che corre, che ama pretenderebbe di aver capito Dio e la vicenda umana? Sinceramente, di cattolicesimo non ne capisci nulla, non ne sai nulla, anche se sei laureato in lettere. Che significa per te la frase: <<l’Amore di Dio si è rivelato per noi in Gesù Cristo?>>? Ne hai mai fatto esperienza di questo o ne hai mai domandato conto a chi da questo <<evento>> ne ha avuta cambiata la vita? Che cos’è questo Amore di Dio, questa Compagnia di Dio all’uomo, questa Provvidenza di Dio all’uomo? Cosa sarebbe, o sarebbe stata la storia dell’uomo (ma anche la storia personale di ciascun uomo, la mia, la tua!) senza l’intervento di Dio (misterioso sì, ma dai, prima o poi, riconoscibile, ammettiamolo!) ?! Che cos’è il peccato, te lo sei mai domandato? Il peccato è forse una giuridica violazione di norme morali oppure quella solitudine, quel bisogno - sogno d’amore, quell’insoddisfazione lacerante ( I CAN GET NO SATISFACTION dei ROLLING STONES!), quella ferita profonda, quell’estraneità alla propria stessa vita, quella strana sensazione di assurdità del tutto, di vuoto, di assenza, di mancanza? Questo è il peccato: ho cercato di descrivertelo in maniera semplice, psicologica ed esistenziale. Non mi dire che questi <<stati d’animo>> o <<stati dell’anima>> (diciamo così!) non li abbiamo sperimentati o non li sperimentiamo tutti, prima o poi. E come ci si cura da questo malessere (ma forse sarebbe meglio scrivere "mal-essere")? Te lo dico subito: solo ed esclusivamente con la Grazia ed i Sacramenti di Gesù Signore. Tu ami la psicanalisi perché dici che agisce sull’anima, ma sappi bene che solo i Sacramenti operano nel profondo della nostra personalità e umanità, agiscono nell’inconscio e nei bassifondi dell’anima, insomma in quelle zone oscure e sottratte alle capacità della nostra stessa volontà. Questo è un fatto reale e sperimentabile, altro che tecniche psico - terapeutiche pseudo - salvifiche! Tu sai che io non sono pregiudizialmente contro né temo le tecniche psico - terapeutiche. Alcune di esse sono utili, lo ammetto: però entro certi limiti! E inoltre bisogna fare molta attenzione alla persona e alla personalità dello psicanalista a cui ci si affida. E comunque la salvezza viene da Altro. Solo unendoci esistenzialmente - sacramentalmente a Lui potremo vivere "significativamente" il dolore cosmico che il peccato originale ci ha portato in sorte, a ciascuno di noi personalmente. Nota bene, ho detto "vivere significativamente" il dolore. Quindi, tu hai la tua porzione di dolore, come anch’io ce l’ho. Non rimane che cristianizzarla - eucaristizzarla, se così si può dire. Ma se ci fermassimo al dolore, alla morte, alla sofferenza e basta non faremmo altro che <<consolarci>> con la religione. La verità, invece, è che da questo dolore rinasce - risorge pian piano un cuore nuovo, più ampio e più in profondità e più limpido e più amante e più libero e più vivo e più contento: perché il dolore della croce ti apre e ti plasma dentro! E per quanto riguarda il tuo discorso sui tuoi bisogni emotivi – affettivi - esistenziali insoddisfatti, chi ti dice che siano proprio quelli i bisogni di cui hai o avevi bisogno? (Scusa il bisticcio di parole, ma rende bene l’idea!). non può essere che questa tua insoddisfazione possa essere l’apri-pista per desiderare qualcos’altro o qualcosa di più? Perciò, stammi a sentire: chiedi a Dio di salvarti, di dare una svolta alla tua vita, rivolgiti a Lui e non (solo) alla psicanalisi, alla tua (pseudo) consapevolezza, alla tua (pseudo) autocoscienza. Credimi: solo Dio ti può salvare e solo la Chiesa ti può confortare nel cammino e nell’avventura gioiosa-dolorosa della vita. Perciò, accompagnati alla comunità ecclesiale perché, detto francamente fra di noi nel chiuso di questa lettera, anche questa tua idea dell’incontro con una donna (che aspetti da un po’ di tempo ormai, mi sembra), con una donna che ti trasformi l’anima e la vita si potrebbe rivelare un’altra illusione. La principessa azzurra non esiste: non sei d’accordo? Perché allora, da questo punto di vista, non prevenire un altro possibile naufragio? Sì, perché ricordi come dice il poeta, cioè Ivano Fossati? "Siamo naviganti senza navigare mai!". E però, alla navicella della nostra anima dobbiamo farci attenzione! E anche l’amore, anche l’amore per una donna o di una donna non può essere un anestetico al mal di vivere, alla solitudine o allo smarrimento di identità o di senso! La soluzione della vita è Altrove! Con la A maiuscola! Già mi sembra di sentire la tua obbiezione;<<Ma Dio esiste?>>. Credimi, mi sforzo di avere comprensione per te, ma alla fine non posso che reagire con la mia consapevole e feroce ironia e risponderti così: <<Ma tu, Giacomo, esisti? Esisti come uomo, cioè? Sei un uomo che vive ed opera con gli altri uomini?>>. A te ogni considerazione in merito. Forse su una cosa hai ragione: talvolta la religione svolge la funzione di oppiaceo per certi cuori e certe menti. Ma per quanti altri, invece è una forza vitale e reale? E poi, muovendoci sul terreno delle boutades: non sai che l’ateo porta sfiga, o che comunque è portatore di energia negativa? Vorrei avviarmi verso la fine delle mie considerazioni, per cui cercherò di mettere in chiaro dei punti fermi con alcune conclusive e affettuose bordate di cannoneggiamento mentale verso di te.

La gente che crede di auto-salvarsi, di auto-liberarsi, di auto-costruirsi una personalità umana realizzata è fuori strada. Chi fa un cammino umano serio, radicale, profondo, leale non può invece che arrivare ad un’altra conclusione: <<Non ce la faccio. Non riesco ad andare oltre. Non ce la faccio. Non mi va poi mica tanto, anzi non mi va proprio di cambiare! Ho bisogno di essere aiutato. Ho bisogno di un Salvatore. Ho bisogno di essere graziato. Ho bisogno di un Buon Samaritano, di un Buon Pastore, di un Maestro, di un Dio che si prenda cura di me>>. È quello il momento in cui scopri che hai naturalmente bisogno e sei naturalmente predisposto all’unione esistenziale, attimo per attimo, con la Persona di Gesù. E capisci che non ha senso parlare di auto-realizzazione di se stessi, ma scopri con stupore, letizia, semplicità ed entusiasmo che nella tua stessa vita (che, non lo dimenticare mai, è un dono!) sei co-protagonista e co-autore con …Dio. Se questo ti sembra poco!

Ancora. Pensaci bene! Il Pessimismo, non poche volte, è disimpegno (ben camuffato, magari inconscio), è indifferenza, è ripiegamento su se stessi. Il Pessimismo, quindi, non è una posizione oggettiva né –come si dice spesso- realista. Tanto per esser chiari subito, il Pessimismo non tiene conto del Fattore Dio, della Sua Provvidenza, della Sua Misericordia, imperscrutabili e imprevedibili anche se sicure e sperimentabili. Insomma, ritengo che il Pessimismo sia spesso soltanto un fatto mentale, come un sintomo che semplicemente mette in evidenza e segna il limite, l’incapacità della nostra intelligenza individuale di comprendere ogni più piccola sfumatura dell’ordine, del senso della direzione del tutto. Pessimismo e Scetticismo sono l’altra faccia della medaglia rispetto all’Ottimismo che, non a caso, esso pure fa rima con Ebetismo. Il Pessimismo e l’Ottimismo sono spesso solo una <<civetteria da intellettuali>> come il dubbio: sovente non significano nulla e allora –mi potresti domandare- come ci si pone verso la realtà? Ti rispondo: non rinchiuderti in te stesso, ma impara a donarti agli altri. Magari imparando a poco a poco a dedicarti ai bisogni degli altri. Nella relazione con Dio e nella relazione con gli altri ritroverai sorprendentemente…te stesso, con equilibrio, saggezza ed entusiasmo. Dunque, Pessimismo NO, Ottimismo NO, Impegno e Dedizione SI: engagement, come dicono i francesi. E fede. Cattolica.

Occorre intellettualmente ed esistenzialmente fare il passaggio dal razionalistico <<penso dunque sono>> al relazionale <<amo e sono amato dunque sono>>. E non è solo una questione di accoppiarsi! Occorre migrare vitalmente dal cerebrale e psichico al relazionale, dal pensiero che va a tentoni, all’amore che cammina in mezzo agli altri portando gioia e continuamente ricaricandosi. Occorre aprire il proprio io, i propri pensieri, i propri sentimenti alla preghiera. Non è un fatto da mistici, da santi e nemmeno da psico-illusi! La preghiera è un fatto di vita, è una trama continua, è una scoperta continua, è il motore dei pensieri e degli affetti. E perciò, le invocazioni risuonino continuamente nella tua mente, nel tuo cuore, nei tuoi sentimenti, nelle tue emozioni: ti carichino di entusiasmo, di calore…e di umiltà mentre vai verso gli altri! Provaci e vedrai che non sono matto! E sappi che la gente, quella normale quella semplice quella stanca, sì insomma quella che preferisce la vita ai libri non sopporta i portatori sani di tristezza, malumore, dubbio ma ama invece i portatori sani di buon umore, semplicità, calore, libertà. E allora, sposta il tuo intimo baricentro: diventa alterocentrico, senza però annullarti. Lavora su di te, sui tuoi pensieri, sui tuoi atteggiamenti: questo è un fatto fondamentale per poter cercare di cambiare. Cerca l’autenticità, trova la tua dimensione vera e personale profonda e vitale.

Chiudo dedicandoti un verso di Manlio Sgalambro: <<Una catastrofe psico-cosmica mi sbatte contro le mura del tempo. Vigilo nel sonno, vigilo! Sentinella, cosa vedi?>>. Ti chiedo, Giacomo: cosa vedi? Io vedo che tra non molto viene Natale. Spero che quest’anno sia Natale anche per te. Con affetto filosofico, Apollo.

AMICUS PLATO

Rubrica di pensieri deboli e forti, buoni e cattivi, belli e brutti in libera uscita

a cura di Apollo Eburneo

Appunti e contrappunti sull’amore (etero)

Considerazioni a margine di un convegno

 

 

 

 

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